«Andrà tutto bene, te lo prometto» Luke mi strinse a sé e mi diede dei piccoli baci sulla testa, fra i bruni capelli, ma io ero in panico. Ancora immobile, come se avessi visto un fantasma.

Mi lasciai trascinare nella sua stanza, abbracciare, coccolare, accudire. Mi portò una cioccolata calda - che non bevvi - mi coprì con una coperta, mi accarezzò i capelli con le mani, continuando a dirmi che sarebbe andato tutto bene, che mia madre ce l'avrebbe fatta, che lei era forte.

Nessuno è abbastanza forte quando si tratta del cancro. Di un tremendo cancro alle ovaie. Sei in un limbo, assolutamente fottuto, in bilico tra la vita e la morte. E non c'è via di scampo.

Non avevo mai ricevuto tante premure da lui, eppure riuscii a calmarmi, anche solo un pochino. «Ti prego, Eloise, di' qualcosa» ero completamente sotto shock.

«Non è vero» singhiozzai «Non può essere vero» le lacrime scesero inevitabilmente, per quanto tentassi di bloccarle. Non ebbi più scampo.

Cominciai a piangere come non avevo mai fatto prima d'allora e quella era l'unica volta in cui valesse davvero la pena di farlo. Rimasi accucciata fra le braccia di Luke, per un tempo che mi parve infinito e ricevere il suo calore era piacevole, mi sentivo tranquilla, ma allo stesso tempo portatrice di un peso.

Cosa sarebbe successo a mia madre? Gli stadi della malattia erano alti e, probabilmente, anche Christina Carlsberg non avrebbe resistito.

Non potevo perderla. Non potevo perdere anche lei.








Mamma, Agatha e anche Philip, tornarono a casa per ora di pranzo e non appena seppi di loro mi catapultai alla porta, aprendola e mettendomi ad urlare contro mia madre.

«Come hai potuto, come hai potuto farlo? Perché non mi hai detto niente eh? Perché non mi hai detto niente, mamma?» la presi a pugni, piansi, non ero più in me, ma colpita da una terribile crisi emotiva. Non sopportavo tutto ciò, non sopportavo di essere stata tenuta all'oscuro di una cosa così importante. Che riguardava mia mamma, non una persona a caso.

Mi guardò tristemente, carezzandomi una guancia e sorrise appena. «Come lo hai saputo?» domandò. Ma era davvero questo ciò che le importava, adesso? Come ero venuta a scoprirlo o come stessi io, davvero?

«Ho trovato i fogli e li ho letti, dovendo metterli a posto» risposi con tono accusatorio. Ero colma di rabbia e glielo stavo dimostrando, con pianti e urla isteriche.

«Calmati» disse Philip in tono pacato e incredibilmente serio, mentre Agatha era già sgattaiolata via, totalmente disinteressata alla vicenda. «Calmati, Eloise» ripetè, vedendo che io non mi calmavo e continuavo ad urlare offese contro la donna che mi aveva messa al mondo, insulti che ovviamente non pensavo davvero.

Mi calmai solo quando sentii due mani prendermi per le spalle e trascinarmi via, erano le stesse mani di poche ore prima. Le stesse mani capaci di accarezzarmi e picchiarmi al tempo stesso, di farmi stare bene o di farmi cadere nel baratro della disperazione.

«Lasciatemi» protestai, ma la mia voce era solo un filo leggero, difficile da udire. «Vi prego» ero arrivata ad implorarlo, ancora.

A quel punto, Luke mi alzò da terra caricandomi sulle spalle ed io cominciai a battere i pugni sulla sua schiena. «Smettila, Eloise, o la pagherai cara» mi avvisò, ma in quel momento non mi importava. Ero troppo nervosa, arrabbiata, delusa, per pensare alle conseguenze del mio comportamento.

Eppure, essere sorretta dalle sue braccia non era poi così male.

Perché facevo questo tipo di pensieri su di lui? Non mi era mai capitato. Forse perché, tra di noi, c'erano stati due baci passionali da consumarti le labbra?

Eloise - Figlia di una schiavaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora