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ANNE's POV

Aveva troppa paura per ragionare. Lontano da mamma e papà per troppo tempo, non riusciva a smettere di piangere. Chi poteva biasimarlo?

Serviva molta pazienza con Tommy per fargli capire che quella era tutta finzione e non doveva far altro che immaginare che fosse libero.

"Tommy, Tommy ascoltami ti prego" esclamò mio padre mentre picchiettava su quella specie di vetro invisibile e indistruttibile. Mio fratello ci guardava con gli occhi terrorizzati, non voleva ascoltare nessuno. Aveva i vestiti malridotti e le mani sporche.

"Tommy ascoltami per una buona volta" mio padre diede un pugno al vetro, stizzito e troppo arrabbiato per essere lucido. Io cercai di mantenere i nervi saldi, altrimenti non ne saremmo usciti da quella situazione.

"Papà aspetta, in questo modo non risolviamo nulla. Forse c'è una soluzione al problema: la bambola. La bambola, in questo ambiente, si trova nel suo raggio di combattimento ed ha la forza di assorbire qualsiasi potere da essa creato. Questo vetro invisibile non è altro che un potere costituito nella bambola, per cui se provassimo a lanciare questa contro il vetro questo scomparirà e Tommy sarà finalmente libero."

Stavo lavorando da troppo tempo a quella storia per non sapere queste teorie, alcune scritte nel famoso diario. Se utilizzassi questo impegno con i libri di matematica sarei un genio assoluto.

"E dove si trova questa bambola?" domandò mio padre, disperato.

"Mi è caduta dalle mani mentre scappavamo dal fantasma. Credo sia ancora in quella stanza."

"Va bene, adesso ascoltami attentamente. Io devo proteggere Tommy a tutti i costi, non posso abbandonarlo perché c'è il rischio che le anime presenti nel mondo parallelo possano trovarlo. Devi essere tu a trovare la bambola, corri velocemente e usciamo da questo posto."

Un istante di silenzio mi fece rabbrividire. Avevo appena ritrovato mio fratello e mio padre, avrei dovuto di nuovo distaccarmi da loro, per l'ennesima volta. Purtroppo era l'unica soluzione.

"Sappi che ti voglio bene, piccola mia" un abbraccio mi fece scendere qualche lacrima.

Mio padre mi asciugò le lacrime con delicatezza. "Ora corri, vai. Sii forte."

Lo guardai per l'ultima volta e corsi per i corridoi alla ricerca di quella maledetta bambola.

Provai ad immaginare di avere la bambola tra le mie mani, ma questa era un centro di poteri troppo forte per essere presa con la sola immaginazione. 

Impiegai circa dieci minuti per trovare la precedente stanza dove Jade mi aveva rinchiuso, ma quando entrai quel posto sembrava molto diverso da quello visto da me, eppure ero sicura di non aver sbagliato stanza. Molto strano.

Più che una stanza sembrava un corridoio (vedevo corridoi dappertutto), abbastanza stretto, altissimo, e c'erano dei quadri appesi a tutte e quattro le pareti. Erano maggiormente foto di persone in bianco e nero. Ciò che accomunava tutte quelle foto era il viso cupo delle persone, era un caso? Oppure mai una gioia peggio di me?

In ogni caso, al centro della stanza c'era un cerchio con una persona fotografata, e quella persona era proprio Jade. 

Qualcosa non tornava. Cosa c'entrava Jade con tutta quella gente?

C'era però un dettaglio che non notai subito. Tutte quelle foto avevano un nesso tra di loro, un percorso segnato con una linea sottilissima, come un albero genealogico. Cercai di seguire quella sorta di percorso. Tutto iniziava da un certo Julian O'Cool, presupponendo sia stato il promotore, per poi proseguire verso le altre foto (tutti cognomi diversi) per arrivare a quella di Jade.

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