XII - Isaiah

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Columbia - otto anni fa

L'immagine si focalizzò su una casetta di modeste dimensioni, con un piccolo giardino tagliato a metà da un vialetto di ghiaia. Proprio in quel vialetto stava camminando un bambino paffutello, dalla spessa montatura nera e l'apparecchio ai denti. Il bambino non doveva avere più di dieci anni e, con le manine salde sulle spalline dello zaino, stava andando a scuola. Quando allungò una mano per ripararsi dal sole mattutino, gli inconfondibili occhi azzurri come pietre preziose scintillarono dietro gli occhiali. 

- Isaiah! - il bambinò si girò di scatto verso la finestra più alta della casa dei vicini. Un ragazzino più o meno della sua età si stava sbracciando per attirare la sua attenzione. Occhi verdi quasi trasparenti, capelli di un biondo quasi consumato e un sorriso smagliante: Simon non era cambiato di una virgola in tutto quel tempo.

Isaiah rispose con un cenno della mano e un sorriso caldo, come se la presenza dell'amico l'avesse rassicurato. Ma non fu per molto: dalla strada arrivarono due ragazzini palesemente più grandi, con l'atteggiamento tipico dei bulletti di quartiere. Il loro obiettivo era più che evidente.

Si fiondarono sul piccolo Isaiah che aveva appena varcato il cancello e lo atterrarono in un secondo. Pugni, calci, gomiti e ginocchia si fusero alle grida disperate del piccolo, sopraffatto dalla forza dei due. Pregò che qualcuno arrivasse. Pregò che qualcuno chiedesse aiuto. Pregò che qualcuno ascoltasse le sue urla. 

Nessuno accorse. 

Nemmeno il ragazzino biondo che gli dette le spalle e chiuse la tenda.

***

Columbia - sette anni fa

Nei ricordi successivi era passato un anno, ma niente era cambiato. In quel frangente Isaiah se ne stava seduto sul prato con la faccia gonfia di lividi e le braccia fasciate. Una palla rotolava ai suoi piedi, ma il suo sguardo era assente. Ogni mattina veniva puntualmente pestato prima e dopo scuola, ormai li aspettava come fosse routine. 

- Isaiah! - Simon lo chiamò come al solito. Isaiah girò appena la testa ma il dolore lo bloccò.

- Scendo! - lo avvertì capendo il suo stato.

In meno di due minuti Simon scavalcò il cancello e si sedette davanti a lui prendendo la palla in mano e facendola rimbalzare sui polsi.

- Anche oggi? - chiese con rammarico - Mi dispiace - 

- Ormai non ci faccio più caso - sbuffò in risposta facendo una smorfia di dolore.

- Sei coraggioso, amico mio - 

- Farsi picchiare ogni giorno non è coraggio, è mancanza di personalità - 

- Non quando reagisci. Tu ti difendi - il volto di Simon si addolcì.

- Non serve a niente difendersi se sono il doppio di me in tutti i sensi! Non ce la farò mai da solo! - scattò Isaiah incurante del dolore - Vorrei avere la forza per farli provare tutto quello che fanno provare a me, vorrei restituirli tutte i pugni e i calci di questi anni, vorrei avere la giustizia che merito! - disse col respiro accelerato e il volto rosso di rabbia.

Simon tentò di reprimere ogni emozione, ma le nocche diventarono bianche a furia di stringere i pugni. Lui quella forza gliela poteva dare. Poteva migliorare la sua vita, porre fine alle sue sofferenze.

Ma non lo fece.

***

Columbia - quattro anni fa

Isaiah era cresciuto, aveva quattordici anni. Il suo fisico stava cominciando a cambiare, l'apparecchio era sparito, ma l'alone di tristezza che lo circondava era addirittura aumentato. Camminava per il corridoio della scuola diretto verso l'aula di musica. Il passo era scandito da una rabbia interna travolgente che lo spingeva a rompere qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano. Spalancò la porta con un calcio quasi scardinandola e la richiuse dietro di sé. Simon alzò gli occhi dal pianoforte con aria allarmata, ma non fece in tempo a fiatare che due mani gli presero il collo.

- Sei un maledetto bastardo, Simon! Se potessi, giuro che ti ucciderei in questo preciso momento! - 

Simon boccheggiò perché preso di sorpresa, poi tentò di allargare la presa.

- Cosa vuoi, Isaiah?! - 

- Cosa voglio? Cosa voglio?! Te lo dissi anni fa cosa volevo: forza e giustizia. Tu lo sapevi, tu eri mio amico e tu stesso potevi darmi ciò che volevo! Sono stato pestato per anni, umiliato davanti al mondo, quando il mio migliore amico poteva risolvere i miei problemi! - 

Simon capì subito di cosa stava parlano. Aveva visto quella bionda, Angel, parlare con lui giorni prima, ma non aveva dato il giusto peso alla cosa. Doveva ricordarsela, la ragazza del branco di Kaji, della città vicina. 

- C'è un motivo per cui non l'ho fatto, credimi! - cercò di liberarsi, ma la furia ceca di Isaiah lo tenne bloccato.

- Tu sei un licantropo! Sei un essere dotato di forza sovrannaturale! Quando me l'avresti detto? Magari quando sarei finito in ospedale per un trauma cranico? Perché non mi hai morso, perché hai lasciato che vivessi una vita di sofferenze! - 

Simon sapeva che non avrebbe capito. Magari in futuro, ma non in quel momento.

La determinazione di Isaiah svanì nel momento in cui capì che non avrebbe ottenuto le risposte che cercava.

Ma, fortunatamente, Angel gli aveva detto dove avrebbe potuto cercarle.

***

Columbia - quattro anni prima

- Isaiah giusto? - il ragazzo annuì - bene, hai finalmente deciso? -

- Sì, lo voglio - 

- Benvenuto nel branco allora. Tu sarai il mio piccolo diamante - 

Il ricordo terminò con l'immagine di una bocca spalancata con canini affilatissimi sporchi di sangue.

Il morso.


CECILY

Non feci in tempo a riprendere contatto con la realtà che mi ritrovai contro la parete con gli artigli di Isaiah piantati nel collo e i suoi occhi rossi a pochi centimetri dai miei. Ruggì talmente forte che la casa tremò, prima di scaraventarmi contro una parete.

Avevo visto troppo.


Angolo dell'autrice

Capitolo breve ma intenso! Spero di essermi fatta perdonare per l'enorme ritardo del capitolo precedente :D Fatemi sapere cosa ne pensate!

In più, il prossimo aggiornamento non sarà un capitolo, ma risponderò alle vostre domande! (sempre se ne avete ahahah). Fatele pure nei commenti e cercherò di rispondere! 

Kiss, shadows_and_darkness

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