Capitolo 11: L'infanzia di Robert (prima parte)

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Si addentrò nella desolazione, girando il volto ogni volta che riconosceva una casa, un terreno, un attrezzo, appartenuti ai vecchi concittadini e tramandati ai loro figli come cimeli di famiglia.

La casa a cui era diretto era una delle più antiche e dubitava che fosse ancora in piedi, privata delle cure dell'uomo. Superato il folto bosco vide la casa, era crollata su sé stessa, ne rimaneva solo il muretto in pietra che delimitava la proprietà, separandola dalla strada. Macerie erose dal tempo, ciò resisteva. I ricordi, quella leggenda di cui solo lui rammentava dopo la scomparsa dell'anziana, abbatterono le restrizioni che egli stesso si era imposto e fluirono come un'alluvione...

***

Secoli addietro, un millennio prima, con la cacciata delle popolazioni barbare e l'insediamento di nuove colonie, in quella foresta rigogliosa si stanziarono le prime famiglie migranti, alla ricerca di una nuova vita. Si trattava soprattutto di taglialegna e cacciatori, che vendevano i loro prodotti ai Paesi vicini. Tra quei migranti, c'era anche la sua famiglia.

Lui non ebbe modo di godere dell'ampia parentesi di benessere che aveva abbracciato la cittadina.

Ben presto, l'aumento delle guerre richiese un maggior utilizzo di legna, e i boschi rigogliosi scomparvero poco a poco lasciando gli abitanti privi di risorse economiche, cibo e protezione contro gli inverni gelidi.

Gli animali migrarono altrove, così come la maggior parte della popolazione di cacciatori, che lì non avrebbe avuto futuro. La famiglia di Robert non rientrava tra questi. I suoi genitori erano piccoli proprietari terrieri e continuavano, per volere di suo nonno, a coltivare la terra, affrontando inverni sempre più impervi. I suoi genitori si erano sposati nella chiesa cittadina e avevano messo al mondo due figli, Robert e Joseph.

Gli stenti che avevano costretto gran parte della popolazione ad abbandonare Staliska, colpirono anche la sua famiglia con l'arrivo del terzo figlio, una bambina di cui Robert non ricordava assolutamente nulla. Fu venduta, due mesi dopo la nascita, ad una famiglia nobile che aveva bisogno di servitù. Così accadde al quarto e al quinto fratello. Bambini che Robert aveva cercato a lungo, ma che non era riuscito a rintracciare.

Si diceva spesso che se avessero venduto anche lui, il suo destino sarebbe stato migliore poiché l'esistenza a cui si era condannato non era altro che schiavitù. Ma non avrebbe mai rinnegato quella notte, la promessa che ancora manteneva.

I genitori non avevano venduto lui e Joseph non per affetto, ma perché necessitavano di braccianti. Con i beni di cui disponevano avrebbero potuto mantenere tutti i loro figli, se non avessero avuto l'abitudine di sperperare il denaro nelle locande o con il gioco d'azzardo.

Robert aveva dodici anni quando partì il conto alla rovescia che lo avrebbe condotto alla sua attuale esistenza.

La primavera era alle porte, l'alba era appena spuntata e i primi raggi del sole filtravano attraverso le tavole di legno marcio, riscaldandogli la pelle come una carezza gentile di una madre. Al suo fianco c'era Joseph, di appena otto anni, rannicchiato contro di lui. I genitori li costringevano a dormire nel fienile per rammentare ai figli di quanto potere disponessero su entrambi.

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