La maschera

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Qualcosa era cambiato. Avevamo sempre pensato di essere i più forti. L'uomo era la razza dominante. Avevamo sempre vissuto nella sicurezza di questa convinzione.

Battaglie, guerre, massacri... per tutto il corso della storia, il sangue era stato sparso per la supremazia umana, per la paura di scomparire.

Fu a causa di questo istinto che tutto cominciò. Non so di preciso quando, fu molto prima che io nascessi.

Avremmo dovuto immaginare di non essere davvero i più forti. C'erano storie, leggende, voci. Eppure non credevamo che fossero niente di più.

Le creature della notte, invece, erano reali. Erano sempre state in mezzo a noi, nascoste.

Nessuno sa il motivo per cui scoppiò la guerra. Quello che dissero, quello che verrà ricordato e ciò che rimarrà scritto sui libri di storia, è che la colpa fu dei "mostri".

Per bloccare le carneficine, fu stabilito un accordo di pace, firmato dagli umani e da alcuni rappresentanti delle creature della notte.

Tuttavia non tutti accettarono quella novità. Molti uomini ricordavano troppo bene le storie che venivano raccontate, di come quegli esseri popolassero i loro incubi. Ne erano spaventati... e la paura spesso tira fuori il peggio dalle persone.

Fissai lo specchio, incrociando gli occhi spenti del mio riflesso, mentre qualcuno bussava per l'ennesima volta alla porta. Strinsi i denti per trattenere la rabbia e respirai a fondo prima di rispondere.

- Signora Juliet, il padrone è tornato e ha domandato di voi - mi informò di nuovo una voce femminile, anziana, fuori dalla mia stanza.

- Per favore, digli che scendo tra poco -. Era davvero difficile per me mantenere un comportamento educato, quando era già la terza volta che la domestica mi ripeteva l'ennesima frase. Ma dovevo mantenere la calma, e come sempre nascondere l'astio dietro al mio sorriso di circostanza, dietro alla solita maschera da ragazza obbediente e felice per il ritorno del padrone di casa.

Tornai a fissare lo specchio e feci del mio meglio per tenere la maschera al suo posto, anche se una parte di me lottava per strapparsi di dosso quell'abito color porpora elegante, per poi ignorare tutto e tutti.

Conoscevo il motivo per cui voleva vedermi e non riguardava il fatto di essere rimasto fuori quasi una settimana. C'entrava con il rumore di passi e voci eccitate che mi avevano annunciato il suo ritorno, ancora prima della sua domestica.

Uscii dalla mia camera, congedando la donna che se ne andò dopo avermi rivolto un mezzo inchino, e mi diressi verso le scale che portavano al piano inferiore per raggiungere il "padrone", come veniva chiamato da tutta la servitù. Il suo nome in realtà, era Bram. Era uno degli uomini più ricchi della città... ed era mio marito.

Non c'erano stati anni di uscite romantiche, nessuna proposta di matrimonio. Non lo avevo sposato perché lo amavo e nemmeno per qualche altro motivo meno nobile. Dei suoi soldi non m'importava nulla. Ad essere sincera, di lui non m'importava nulla. La nostra unione era stata un accordo di affari tra i nostri genitori, niente di più. E io non ero stata in grado di oppormi in nessun modo. Troppo giovane e stupida per farlo. Ero sempre stata educata per essere una bambina e poi una ragazza per bene, che non avrebbe mai dovuto disobbedire. Ma dopo la decisione del mio matrimonio, quell'idea si era trasformata nella maschera dietro alla quale nascondevo il mio disgusto.

Lentamente scesi le scale, percependo il rumore delle voci farsi sempre più forte. Un gruppo di domestici era radunato sull'ultima rampa, con gli sguardi puntati sul salone d'ingresso dal pavimento ricoperto in marmo candido, dove si era fermato il capannello di uomini guidati da Bram. Tutti cacciatori.

- Ah, ecco la mia sfuggente moglie!-.

Trattenendo una smorfia, fissai l'uomo alto e massiccio che aveva parlato. Aveva i lineamenti squadrati, il viso sbarbato dalla pelle liscia. I capelli erano biondi, mossi e tirati indietro. Era un uomo come tanti, non aveva nulla di particolare. Gli unici a cui appariva forte e temerario erano quelli che lo seguivano fedeli. Ma non c'era niente di coraggioso, o nobile, in quello che faceva.

- Bentornato-. Quella frase uscì più freddamente del dovuto dalle mie labbra, ma ormai da anni avevo smesso di fingere di interessarmi alle sue attività.

- È stata una caccia fruttuosa- disse lui, ignorando il tono della mia voce.

Fece un cenno a qualcuno e poco dopo, alcuni dei servitori trascinarono un'enorme cassa di legno al centro del pavimento. Era alta quanto me e dal suo interno provenivano colpi e suoni di feroci ruggiti. Molti si fecero indietro, intimoriti dal contenuto. Io invece, mio malgrado, mi avvicinai, con il cuore che accelerò la sua corsa.

Ad un altro gesto, un paio di cacciatori, fecero scattare le serrature che bloccavano la parte anteriore della cassa, mentre un terzo uomo preparava un lungo bastone che terminava con un cappio in ferro.

In un attimo, l'animale che albergava all'interno, balzò tra i presenti, in una confusa macchia nera. Attorno a me si scatenò il panico. Ogni persona che era rimasta con il fiato sospeso, cercò di scappare ai piani superiori, spintonando gli altri. Le voci eccitate si erano trasformate in grida di paura che sovrastavano i ruggiti.

Prima che potessero rendersene conto, i due che avevano tolto il coperchio, caddero a terra, con la gola squarciata dalle zanne affilate della bestia, soffocando in una pozza del loro stesso sangue.

Mio marito impartiva ordini, cercando di riprendere il controllo della situazione, ma con un leggero sorriso stampato sulle labbra. Con un misto di rabbia e orrore, mi resi conto che aveva previsto tutto, che il caos che regnava in quel momento faceva parte del suo spettacolino.

Altri due uomini tentarono di bloccare l'animale, inutilmente. Lui si fece strada tra la carne dei loro corpi, strappandola dalle ossa con gli artigli, fino ad arrivare di fronte a me.

Avrei dovuto urlare e fuggire, invece restai immobile. Quello che avevo davanti era una pantera nera, molto più grande di qualsiasi altra, dal manto lucido, nero come la notte e il corpo longilineo. I suoi occhi erano due luminose pozze gialle e profonde, intensi, come se potessero scavarmi dentro più delle sue unghie.

Notai un fremito attraversare i suoi muscoli e un rumore sordo contrastò gli altri, come se le sue ossa si stessero frantumando in più punti. Rimasi a fissarlo, senza nemmeno riuscire a sbattere le palpebre, incantata come un topo che fissa l'incedere sinuoso di un serpente.

Bastò quel secondo di distrazione. Bram recuperò il bastone a cappio e veloce lo avvolse attorno al collo dell'animale. Lui riprese ad agitarsi violentemente, ottenendo il solo effetto di stringere di più il filo metallico.

I ruggiti divennero più violenti e una delle sue zampe scattò verso di me. Percepii i suoi artigli lacerare la carne del mio fianco e in attimo il sangue prese a scorrermi lungo la pelle, scivolando lungo la gamba e impregnando l'abito.

Il rumore di uno sparo fu l'ultima cosa che sentii poco prima di svenire.

Juliet's Demon [ IN REVISIONE]Where stories live. Discover now