Why are not you here with me?

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Non è possibile come il mondo giri intorno a me, come le persone sembrino felici e perfetti, ed io un disastro in confronto a loro.

Non so cosa fare e cosa farò, sono in un punto fermo che sembra durare secoli.

Non so nemmeno se riuscirò a scavalcare questo muro che mi divide dal mondo e soprattutto non so se voglio scavalcarlo.

Sono rinchiusa in una camera grigia, come la mia mente, l'unica cosa che riesce a portare più luce è la parete bianca.

Il bianco, un colore tanto puro, impossibile da trovare nelle persone. Le persone sono sfumature di grigio.

Era sera a Bradford, ed era notte nella mia mente.

Sentii una voce dal piano di sotto richiamarmi -Diana è ora di cena! - ovviamente questa è la cameriera che sembra più mia mamma.

Mia mamma è una classica donna d'affari, io e lei non abbiamo un rapporto simile alla serie TV "Una Mamma Per Amica", non riuscirei nemmeno ad immaginarmelo, lei, per me, è semplicemente quella donna che mi ha fatto, ma che non mi ha cresciuta con l'affetto di cui avevo bisogno. La stessa cosa è per mio papà.

Mia mamma lavora in un ufficio di vendite on-line mentre mio papà gestisce una editoria di un giornale famoso.

Come avrete capito i miei genitori sono dei ricconi e dio solo sa quanto odio i ricchi con i loro punti di vista, le scuole private, l'educazione, il portamento, cose senza senso.

Decisi finalmente di scendere le scale a sguardo basso, senza vedere nessuno negli occhi, per evitare ogni tipo di discussione, anche se mi scappava qualche occhiata.

Mi sedetti in tavola, c'ero io, la cameriera e sua figlia Avril, i miei genitori erano ad una cena di lavoro con i colleghi.

Avril mi guardava con quella compassione negli occhi che vedevo in tutti coloro che mi osservavano e sapevano la mia storia. Forse per le occhiaie o forse per il mio passato, ma io non avevo bisogno di compassione, avevo bisogno di spazio, di superare questo ostacolo e dovevo farlo da sola, dovevo alzarmi da sola dalla caduta e curarmi le ferite profonde lasciate dal passato, quindi decisi di ignorarla.

Come suo solito la cameriera decise di aprire una conversazione con me chiedendomi:

-Allora cara, com'è il cibo? -

Io risposi con la mia voce atona - Buono. -

Improvvisamente sentimmo qualcuno entrare dalla porta del retro. Tutti si girarono, ma non io.

Ero sicura che fosse Connors, il maggiordomo, la persona che odio del personale.

Quando fu difronte a me iniziò - Diana dovresti uscire, è tutta l'estate che sei in camera, esci con gli amici! - avrei voluto dirgli che se per amici intendeva le persone false che mi circondavano preferivo restare chiusa in camera mia, almeno lei non ti può né dire né fare niente, ma ero stanca, stanca di combattere, le mie forze erano esaurite quindi decisi di rispondere -ehm.- con quel che di monotono che mi caratterizza.

Il maggiordomo decise di continuare a parlare -Lo so che dopo quello che ti è successo non vuoi uscire con le persone, ma non tutti sono come lui. -

A quella frase collassai, sentii pian piano gli occhi pizzicarmi e la rabbia salirmi, il mio cuore batteva sempre più forte e il mio respiro si faceva sempre più irregolare.

Quel l'argomento era fragile e mi distruggeva.

Decisi di alzarmi e scappare nel mio mondo parallelo creato da me come scappatoia, così buttai la sedia e percorsi le scale con una velocità che nemmeno pensavo di avere. Chiusi la porta alle mie spalle e iniziai a piangere e piangere.

Games And False PromisesWhere stories live. Discover now