Ricordi di vite passate

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Tokyo

Fu una notte triste e calma, quella che ci accingevamo a passare, ci ritrovammo tutti nella casa di Zeshin per stare vicino ad Aiko e per commemorare l'anziano signore.

Con noi erano presenti anche alcuni monaci sopravvissuti all'attentato al tempio. L'attentato fantasma, lo ribattezzammo così, visto che ne i notiziari, ne la stampa, riportarono la notizia di quello che accadde. Nella sala, venne posto un altare celebrativo con sopra raffigurata una foto del saggio, tutto intorno, erano sparse candele ed essenze profumate che illuminavano con una luce opaca la stanza, si creò un atmosfera tranquilla e rilassante, noi tutti potemmo riassaporare una tranquillità direi familiare, ormai persa da un pò. "Il nostro sarà anche un destino spezzato, ma che non ha perso la sua crudeltà," esclamò Adrian, un ragazzo che ha vissuto il vero dolore della solitudine, baracche, riformatori, prigioni, nessun maestro, nessuno spirito guida ad insegnargli cosa fosse giusto e cosa non lo fosse. Niente affetto di una madre o di un padre, forse la cosa più importante di tutte. Se si potesse osservare la sua anima, potremmo notare come essa sia caratterizzata da moltissime sfumature di nero, macchiata da un infausto destino. Caratterialmente diverso da tutti noi ma non per questo cattivo, anzi, questi eventi, disse, lo stavano profondamente cambiando. La veglia di preghiera ebbe inizio, ero molto amareggiato, stavamo commemorando l'unica persona che fosse riuscita a formulare una mezza verità sul nostro conto, forse le parole hanno un prezzo... Forse nel nostro caso la verità non doveva essere svelata... Giusto per farci soffrire più di quanto non soffrissimo già, per questo è probabile che l'unica persona che abbia voluto aiutarci, ci abbia rimesso la vita.

Quest'occasione però, seppur triste, divenne un momento per conoscerci meglio, gli scampoli linguistici si stavano sempre più assottigliando, stavo imparando molto bene la lingua inglese e ripassavo lo spagnolo parlando con Adrian, ci mettemmo seduti in cerchio e iniziammo a raccontarci le nostre vecchie vite. Aiden come già sapevamo, sognava di diventare un medico, amava fare del bene agli altri, svolgeva tutto sommato una vita semplice, amava fare qualsiasi tipo di attività insieme a suo padre e ci raccontò, di quando rimasero bloccati in mezzo al deserto australiano per una notte, avevano bucato tutte e quattro le ruote motrici della jeep, ed in più suo padre si prese una brutta storta alla caviglia, fortunatamente, in attesa dei soccorsi, Aiden seppe medicare suo padre. Non appena iniziò a raccontarci di questa sua storia, quel ragazzo grande e forte si tramutò in un bambino dalla lacrima facile, per lui il dolore più grande era il non essere più ricordato da suo padre, poteva accettare qualsiasi effetto collaterale ma non l'essere dimenticato dalla persona a cui più teneva, oltre che sua madre certo, però il legame che aveva stretto con suo padre, era la manifestazione d'amore tra figlio e genitore più forte che io personalmente abbia mai visto. Anche Alexandra ci raccontò un ricordo della sua vita passata a New York, ci disse che pur essendo una ragazza indipendente, intraprendente e con un carattere forte e deciso, sognava un matrimonio tradizionale, abito bianco, chiesa e tanti amici con cui coronare finalmente l'unione con la sua amata metà, Jake. Ogni mattina mentre andava a lavoro, passava davanti ad un negozio di abiti da sposa, proprio il giorno prima di quella terribile scossa, decise che era arrivato il momento di entrare in quel negozio e misurarsi l'abito dei suoi sogni. "Fu il mio ultimo ricordo felice... prima del caos" aggiunse, sospirando con ancora i suoi bellissimi occhi azzurri sognanti.

Continuammo a raccontarci moltissimi eventi e aneddoti della nostra vita, ogni racconto, ogni confessione ed ogni riflessione su quello che ci era capitato intensificava sempre di più il nostro legame. Attorno a noi, una strana energia iniziava a crearsi, avvertimmo subito questa presenza ma non riuscimmo a decifrarne la natura, quindi se fosse un energia benevola o malevola, anche se in quel momento non ci importava molto di ciò che avveniva intorno a noi, ci sentivamo al sicuro e questo era l'importante ma sottovalutarla non si rivelò una giusta mossa...

I nostri racconti ci accompagnarono per gran parte della notte, senza dimenticare però il senso della serata ma soprattutto lo stare vicini ad Aiko, non avevamo ancora avuto modo di conoscerla bene, si chiuse molto in se stessa ed era più che comprensibile, non si spostò per tutta la notte da quell'altare, la osservammo impassibile a pregare in ginocchio su un particolare cuscino che si utilizza in queste occasioni, indossava un kimono nero, cucito perfettamente sul suo corpo snello e longilineo, i suoi lunghi capelli biondi naturali, probabilmente la prova visiva che la leggenda fosse vera, erano raccolti in un'acconciatura, dai suoi atipici occhi azzurri continuavano a scendere lacrime di dolore.

A volte, dal troppo dolore, la nostra parte sensibile per un attimo si disconnette e lascia che sia quella cinica e razionale a prendere il sopravvento, Aiko, avendo perso il suo spirito guida, il suo maestro, colui che le insegnava a controllare le sue emozioni, si sentiva travolta dalle macerie delle sue certezze, ormai crollate. Era praticamente impossibile reagire, soprattutto in vista di un altro lungo ed estenuante viaggio, ma doveva farlo, almeno per onorare le ultime volontà di suo nonno, liberandosi anche lei di questo flagello opprimente per poter iniziare poi da capo una nuova vita, mettendo in atto gli insegnamenti che suo nonno le ha insegnato, ricostruendo da nuove fondamenta, le certezze andate perdute.

Quella notte passò molto in fretta, furono i monaci ad avvertirci che il sole stava sorgendo e di conseguenza un nuovo giorno stava per cominciare, un giorno triste ma importante, dovevamo concludere la cerimonia funebre di Zeshin ed andare subito in aeroporto alla volta di Parigi. In Giappone è molto diffusa la cremazione, ma in questo caso, non avendo fisicamente ritrovato il corpo di Zeshin che chiaramente insieme all'individuo vestito di nero sono misteriosamente scomparsi nel nulla, Aiko fece cremare e rinchiudere in un urna, la cenere di un haori. Era una giacca in seta molto preziosa, forse l'oggetto a cui suo nonno teneva di più, infatti quell'indumento veniva tramandato di generazione in generazione dalla sua famiglia. Arrivammo al luogo della sepoltura, Aiko insieme al gruppo di monaci andarono a ritirare l'urna di Zeshin, ma qualcosa andò storto. Iniziai ad udire delle urla non molto lontano da dove ci avevano lasciato, era proprio Aiko che inveiva contro il custode del posto, a quel punto ci avvicinammo per calmarla, i monaci erano sotto shock, avevano delle facce completamente bianche, come se avessero ricevuto una brutta notizia... di nuovo.

"Cosa sta succedendo Aiko?!" Gli domandai, in lacrime mi indicò un qualcosa che era presente all'interno della cabina del custode, si trattava di un banalissimo calendario, che però segnalava una notizia sconcertante, infatti sul calendario era segnato il giorno 7 luglio... 2016.

"Non è possibile," esclamai allibito. Alexandra, Aiden ed Adrian immobili come statue, mi fissavano in silenzio senza chiedermi niente, non fecero domande, come se la paura di ricevere un ulteriore brutta notizia, reprimesse la curiosità di sapere cosa avevamo visto io, Aiko e i monaci, inermi e increduli anche loro questa volta vittime di uno dei più potenti effetti collaterali che questo blocco temporale aveva provocato. Iniziai a correre, non potevo limitarmi alla sola visione di un calendario, la mia parte cinica e razionale, quella parte di noi tanto odiata da Zeshin perché responsabile della nostra cecità mentale verso gli eventi che ci stavano capitando, era riemersa e cercava risposte. Non potevo arrendermi alla semplice evidenza, non sapevo nemmeno io dove stavo andando, ero come fuori controllo, entravo nei locali per cercare delle date, prendevo i polsi delle persone cercando di capire che ore e giorno fossero, era crisi totale. Mi imbattei in un vicolo cieco, il mio corpo, stremato dal non aver dormito e dopo questa corsa, cedette e mi inginocchiai a terra, respiravo affannosamente, stavo malissimo, chiusi gli occhi, rivedevo immagini del mio passato, della mia infanzia, dei miei genitori e dei miei amici, ricordi di una vita passata felicemente, poi però, mi risvegliai da questo stato quasi catatonico e iniziai ad urlare e a strappare tutti i manifesti attaccati lungo il muro del vicolo, ero totalmente fuori controllo, le mie mani, le mie braccia non rispondevano più ai comandi del mio cervello, mi ricordo le mie dita sanguinanti che sbattevano contro il muro, ed una data, che si ripeteva in continuazione, '2016... 2016...2016', ebbi la conferma definitiva di essere stato catapultato nel giro di una notte, un anno avanti, quando strappai l'ultimo cartellone rimasto sul muro, era scritto in due lingue, quella giapponese e quella inglese e riportava la seguente scritta "Welcome, 2016!". Caddi di nuovo a terra privo di sensi.


I Senza TempoWhere stories live. Discover now