Alexandra

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25 giugno 2015

Mi ritrovavo su un aereo, destinazione New York, mi sedetti vicino ad uno oblò dove ammirai il paesaggio mozzafiato, da lì scaturì un momento di riflessione personale.

Fino ad un mese fa conducevo una vita abbastanza comune, tra alti e bassi, era normale e stavo bene così, pensavo alla mia famiglia, ai miei affetti e a quando il processo di "isolamento temporale" così lo soprannominai, mi avrebbe fatto scomparire per sempre da questa terra. Invece eccomi qui, su questo volo, alla ricerca di una perfetta sconosciuta, che non parla nemmeno la mia lingua, ma che ha i miei stessi sintomi, o perlomeno provo ad autoconvincermi che quel video non sia un terribile fake. Forse c'è speranza? Magari incontrandola, abitando nel paese di più avanzato del mondo, potremmo trovare una soluzione insieme? Questo non potevo saperlo... Come già detto, ero perso nell'autoconvinzione, prima di quel momento, la mia unica certezza era la ricerca di quella ragazza, di nome Alexandra.

New York, 26 giugno 2015

Una città immensa. Una metropoli super colorata, viva. La gente lì aveva frenesia di correre, il tempo scorreva molto velocemente mi diceva mio padre, avevo buone sensazioni, anche se la ricerca non era facile, era come trovare un ago in un pagliaio.

Da dove partire? Era questa la domanda che ci ponevamo io e la mia famiglia, cercammo di chiedere in giro mostrando quel video tanto discusso sul web, alcune persone erano molto diffidenti, nemmeno ci risposero, altre più gentilmente ci dissero che non avevano la più pallida idea di dove potesse essere stato girato quel video. Nella mia testa continuavano a balenare sempre le solite due domande che mi tormentavano già sull'aereo... E se fosse un falso? Un riuscitissimo fake? Questo era uno dei miei più grandi dubbi e anche se deleterio, non potevo più ignorare questa ipotesi, anzi era in forte ascesa. Perché avevo terribilmente paura che si trattasse di una gran fregatura? Perché sapevo che rimanendo l'unica persona su questa terra a soffrire di questi strani disturbi, la mia vita sarebbe presto terminata.

Tra i miei "sintomi" non avevo mai riscontrato dolore fisico, ma erano ormai un pò di giorni che avvertivo un forte mal di testa, mi resi subito conto che quelle emicranie ogni volta che mi colpivano, facevano scomparire un ricordo. Dovevo fare in fretta. Non potevo permettere alla paranoia di prendere il comando del mio corpo.

Poi d'improvviso mentre le speranze di trovare la ragazza, stavano sempre più svanendo, iniziai ad avvisare di nuovo delle forti fitte che mi attraversavano la testa, il dolore era così acuto che dovetti accasciarmi al suolo, davanti agli occhi terrorizzati di mia madre e di mio padre.

La mia vista era offuscata, riuscivo solamente la tanta confusione che mi circondava, le urla di mia madre e poi... il silenzio più totale.

Il dolore iniziò a diminuire, mi alzai e tutto di fronte a me era statico, immobile, il tempo si era bloccato di nuovo. Fu molto suggestivo, avevo molto probabilmente un'intera metropoli ai miei piedi, inerme, sotto chissà quale effetto. Iniziai però a sentire uno strano rumore rimbombare nelle mie orecchie, precisamente un battito cardiaco, che, a seconda dei miei movimenti, aumentava di intensità, di conseguenza sentivo i battiti accelerare, come se mi volessero indicare una direzione.

Con un po' di coraggio, mi incamminai dove il battito era più intenso, la mia famiglia come tutte le altre persone presenti a Manhattan in quel momento erano immobili, dovevo proseguire da solo, si rivelò una giusta mossa, perché in questo caso i miei "sintomi" ormai sempre più fenomeni inspiegabili mi condussero davanti ad un palazzo e più mi avvicinavo a questa abitazione più sentivo i battiti accelerare sempre di più, questo cuore sembrava che dovesse esplodere da un momento all'altro. Distante pochi isolati da dove mi trovavo con la mia famiglia, davanti all'entrata di quello che sembrava apparentemente un grande edificio abbandonato, seduta a guardare la grande città immobile, c'era una ragazza, anzi la ragazza, Alexandra.

Appena mi vide, la curiosità fu tanta, gli chiesi come si chiamava, mi rispose correttamente, mi presentai... appena ci stringemmo la mano tutto tornò alla normalità, il tempo ricominciò a scorrere normalmente e i battiti cardiaci cessarono. Inutile dire che in quella semplice stretta di mano, la connessione con lei fu evidente, avevamo qualcosa in comune che ci distingueva da tutto e da tutti, io avevo ascoltato il suo cuore, il suo cuore mi condusse da lei, non eravamo più soli, molto cordialmente mi fece salire nel suo appartamento e potetti avvisare i miei che mi raggiunsero poco dopo.

Una tipica ragazza americana, capelli biondissimi, occhi azzurri e carnagione chiara, a primo impatto si notava subito che era dotata di un carattere deciso, aveva tanta voglia di raccontare la sua storia e di essere ascoltata, ma soprattutto capita. Purtroppo la comunicazione tra me e lei era molto rudimentale, per via dei problemi linguistici, ma riuscii comunque a capire perfettamente la sua storia. Alexandra Cussler era di origine italiana da parte di madre, che però perse quando era piccola, suo padre fu totalmente assente e aveva una forte dipendenza dall'alcool, per questo dopo aver raggiunto la maggiore età ed essersi diplomata, Alexandra iniziò subito a lavorare in vari locali della città per guadagnarsi da vivere. La sua unica consolazione era l'aver incontrato il ragazzo perfetto, Jake, con cui conviveva, avevano in progetto di sposarsi e di mettere su famiglia.

Ma anche lei come me il 21 maggio 2015 avvertì quella terribile scossa, era quasi ora di cena qui a New York, si trovava da sola, nessun altro se ne accorse; da quel giorno l'oblio. Orologi che non funzionavano, specchi che non raffiguravano più il suo riflesso, emicranie e perdita della memoria.

Alexandra venne a contatto anche con un altro sintomo, che fortunatamente io ancora non avevo riscontrato, forse il peggiore di tutti, ne suo padre, ne il suo ragazzo si ricordavano più di lei, cancellata improvvisamente dai ricordi di tutti, come se non fosse mai esistita.

Questo "nuovo sintomo" causò molto dolore in lei, mentre lo raccontava scoppiò a piangere, ci disse che tutte le persone a lei più care, o meglio quelle poche che ancora si ricordavano, non le credettero assolutamente, da qui la decisione di rinchiudersi in questo rifugio diroccato e di fortuna, lontana purtroppo dal suo vero appartamento e dal suo amore. Ci mostrò la stanza dove aveva girato il video nella speranza che qualcuno, come ho fatto io le rispondesse, si mostrò di nuovo davanti allo specchio per dimostraci che stava raccontando la verità, ovviamente non apparve nessun riflesso, gli dimostrai anche io di avere il suo stesso problema.

In quel momento avevo dei sentimenti contrastanti. Da un lato mi sentivo sollevato di non essere l'unica persona ad avere questi strani effetti, ma dall'altro, sentendo il racconto di Alexandra il mio animo era dolorante, perché sapevo che ormai era questione di giorni se non di ore, al momento in cui, la mia famiglia si sarebbe completamente dimenticata della mia esistenza.


I Senza TempoWhere stories live. Discover now