2. La scelta

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La sera a casa evitai di parlare con i miei genitori, Tori mi aveva avvertita di non dire niente a nessuno se volevo rimanere in vita

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La sera a casa evitai di parlare con i miei genitori, Tori mi aveva avvertita di non dire niente a nessuno se volevo rimanere in vita. Se lo avessero saputo loro mi avrebbero ucciso? La mia famiglia l'avrebbe fatto?
Nella casa c'era odore di Lavanda, mia madre amava cospargere qualsiasi cosa con i suoi infusi, non mi dispiacevano, ed ero sicura mi sarebbero mancati se me ne fossi andata, ma anche che ne sarei divenuta allergica se fossi rimasta.

Sentii bussare alla mia camera, era Caleb, riconoscevo i tre rintocchi che facevamo sin da bambini.
<<Entra>> io ero distesa nel letto, con la testa sotto al cuscino, per cercare di alleggerire il peso che sentivo con la morbidezza delle lenzuola.

<<Beatrice, devo parlarti>> il materasso si accasciò alla mia destra, sentivo quasi il suo cuore battere da quanto era agitato.
Mi tirai fuori dalla mia posizione, che già mi mancava. <<Tutto bene?>> lui annuì poco convinto.
<<Che risultato ti ha dato il test? Non ti ho trovata dopo aver finito>> io mi appoggiai al muro alle mie spalle, guardandolo negli occhi <<Stavo male e mi hanno mandato a casa>> lui si scompose <<Ma l'hai finito il test?>> quando io confermai si rilassò subito.

<<Che fazione sei Beatrice?>> non risposi.
Secondi di interminabile silenzio si susseguirono tra noi <<E tu Caleb?>> lui mi guardò e sorrise.

Parlottammo un altro po', del più e del meno, dell'orrendo sapore del siero blu del test, e di quanto eravamo agitati per domani. Dopo poco se ne andò nella sua stanza.

Qualcosa nei suoi occhi mi diceva che quelli erano gli ultimi momenti che passavamo nella stessa casa.

Ficcai nuovamente la testa sotto al cuscino, chiudendo gli occhi con nella mente impressi quelli scuri dello sconosciuto di oggi.
A ripensarci probabilmente si trattava di un intrepido, aveva i vestiti scuri, e delle cuciture rosse sulle spalle.
Ripensai alle sue labbra, non avevo mai osservato così a lungo un ragazzo, non mi era permesso.

Eppure i suoi di occhi me li ricordavo bene.

...

Nell'edificio comune si sentiva un gran fracasso, nell'entrare avevo perso i miei genitori, ma avevo comunque delle figure di riferimento.
La giacca di Marcus ad esempio mi era ben visibile.
Su di lui giravano delle strane voci, e non sapevo se volevo credergli o no. Si diceva che avesse un figlio, che al giorno della scelta della fazione se ne andò dal momento che il padre era violento.
Non ricordo questo ragazzo, da bambina, dal
momento che mio padre e Marcus governavano insieme eravamo spesso a casa sua, ma non ricordo un bambino come me, di qualche anno più grande.

Poco dopo i miei genitori entrarono nella struttura con dei sorrisi forzati; potevo leggere nei loro occhi la paura di perdere sia me che mio fratello. Quella paura nella mia mente invece era una certezza.

Quando fummo tutti seduti iniziarono a chiamare i vari nomi.

<<Caleb Prior>> mi girai verso mio fratello, bianco in volto. Si alzò meccanicamente, senza guardare ne me ne i miei genitori.
Le sue spalle erano tesissime, e non riuscivo a staccare gli occhi da lui.
Nel vedere la sua goccia di sangue cadere, potei sentire il cuore dei miei genitori spezzarsi, mentre il mio aumentava il battito.
<<ERUDITI>> uno scrosciare di applausi si liberò nella sala comune, seguito dalle urla e grida di gioia degli Eruditi, entusiasti di accogliere qualcun altro nella loro fazione.

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