Gelato

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Tutti alla centrale si stanno chiedendo che fine abbia fatto Evan Royden. Tutti, tranne me.
Doveva essere di turno questa mattina, ma solo io so dove si trova realmente. Ad una riunione urgente in cui si parlerà di me. Del piano C.

Ieri sera mi ha ordinato di non rispondere a Matthew e poi ha iniziato a fare chiamate su chiamate per organizzare un incontro con gli esperti.
Mi ha anche espressamente chiesto di non parlarne con nessuno, motivo per cui ho deciso di rintanarmi nell'archivio per sfuggire ai discorsi dei colleghi. A quanto pare, Evan Royden non si assenta mai: per questo la sua mancanza sta suscitando tutto questo scalpore. Per non parlare degli agenti impazziti che sembrano incapaci di svolgere qualsiasi compito senza la supervisione del capo dipartimento.

Trascorro la mattinata tra i dossier, come sempre. La pausa pranzo è piuttosto solitaria e mi ritrovo a mangiare un panino tra gli scaffali. Il tempo passa ed Evan non torna. Controllo le lancette dell'orologio e scaccio via i pensieri cupi che minacciano di assediarmi la mente.
Quanto tempo ci vuole per prendere una decisione?
M'impongo di non pensare e continuo il mio lavoro per il resto del pomeriggio. Quando riemergo dall'archivio il sole è quasi tramontato e mi muovo circospetta verso lo studio di Evan per vedere che... No. Non c'è. Non è ancora tornato.

Che fine ha fatto?
Una riunione non può prolungarsi così a lungo.
O forse sì?
Percorro il tragitto fino a casa con la testa altrove. A Evan. Matthew. Il piano. Il comandante Barrett.
Mi sento il cervello incasinato e le mie tempie iniziano a pulsare. Una volta a casa, faccio una doccia calda che non mi aiuta a rilassarmi. Anzi, il getto dell'acqua sembra aumentare il flusso dei pensieri. Mi avvolgo in un morbido accappatoio e mi dirigo verso la cucina. Scelgo di coccolarmi un po' e mi preparo una zuppa di verdure calda e confortante. Taglio le verdure con lentezza ed il movimento regolare del coltello diventa quasi meditativo mentre un buon profumo inizia a diffondersi per l'appartamento. Sono triste.

Vorrei tornare a New York e accoccolarmi tra le braccia di mia sorella e le risate delle mie nipotine. Una lacrima sfugge al mio controllo e l'asciugo in fretta. Mentre la zuppa bolle sul fuoco accendo delle candele e mi godo la sensazione di calma che emanano. Mi accomodo sul divano e chiudo gli occhi, concedendomi una serie di respiri profondi.

Poi il mio cellulare squilla e il mio cuore trema nel vedere un numero che non conosco. È Matthew? No. Ho salvato il suo numero.
E se mi stesse chiamando con un altro numero?
Non rispondo.
Provo a concentrarmi sulla cena, ma chi mi sta contattando sembra piuttosto insistente.
Che ansia. Mi fa male la pancia quando rispondo.

«Pronto?»
«Althea», la voce profonda di Evan mi fa tremare le gambe.
«Signor Royden?»
«Sono sotto casa tua», annuncia. Ho bisogno di sedermi. «Devo parlarti. Posso salire?»
«Certo», e proprio mentre rispondo mi passo la mano tra i capelli bagnati. Oddio. In che condizioni sono?
Lui riattacca senza dire niente ed io corro in giro per la casa senza realmente sapere cosa fare. Devo vestirmi.
Sono ancora in accappatoio, dannazione!
Ma che mi metto?

Una tuta. Apro l'armadio in cerca della tuta più elegante che riesco a trovare, ma Evan ha già suonato il campanello.
«Arrivo!», urlo, in preda al panico.
Mi batte il cuore. Forte. Fortissimo.
Ma che mi prende?
Premo una mano sul petto e mi muovo piano verso l'ingresso. Non c'è tempo per cambiarsi.
Di certo non sono la prima donna che vede in accappatoio e in preda a una crisi isterica. Apro la porta e mi sciolgo sotto i suoi occhi brillanti e confusi.

«Mi scuso per il mio aspetto», dico prima che lui possa dire qualsiasi cosa. «Vado subito a cambiarmi. Ho appena fatto una doccia», e mentre sparo una parola dietro l'altra finalmente lo guardo nella sua interezza.
È elegante.
Cavolo, se è elegante.
Ma è anche... selvaggio? Feroce? Aggressivo? Mozzafiato?
Non trovo le parole.

NON SONO UNA SPIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora