little damn angel

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ship: changlix

genere: leggermente angst

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changbin aveva percorso quel vecchio corridoio dall'odore stantio, a passo lento, quasi volesse impiegare più tempo possibile ad arrivare davanti alla porta. i suoi occhi erano velati leggermente, e vedeva davanti a sé i muri color grigio topo offuscati, come se una patina insulsa li stesse rivestendo. capiva di non essere lucido neanche un briciolo, il whiskey era il suo punto debole dopo il ragazzo che lo aveva ridotto così, e anche se ne era a conoscenza, trangugiava i piccoli bicchieri intagliati di cristallo, pieni fino all'orlo di quel liquido ambrato e luccicante, come se fossero sorsate di acqua rinfrescante e leggera.

dopo aver provato a mettere a fuoco quel poco che riusciva, aveva distinto sulla porta di legno in quercia il numero intagliato, e ridipinto di un oro oramai sbiadito, la stanza 309. aveva portato la sua mano nelle tasche dei pantaloni, dove sapeva, o sperava di ricordare, si trovassero le chiavi che aprivano quella porta da lui considerata infernale.

successivamente, e per sua fortuna, aveva stretto tra le dita il metallo spigoloso delle chiavi. provando quasi senza successo ad infilarle nella serratura, che sembrava stesse facendo apposta a scomparire davanti ai suoi occhi, mentre erano solo sue illusioni, la porta era immobile davanti a lui. la chiave finalmente si era imbucata in quella fessura fastidiosa, e changbin, girandola, aveva fatto scattare la sicura che aveva emesso un rumore secco e sordo. il pomello era rovinato a contatto con la sua mano, pieno di graffi e qualche ammaccatura. di certo, quel vecchio motel non era nuovo di zecca.

la luce era spenta e il buio ingoiava velocemente quel poco di luce che si infiltrava dalla porta semiaperta. a changbin piaceva il buio, forse perché pensava che senza luce ad illuminare la stanza fosse come ad occhi chiusi, magari non doveva aprirli per forza, e tutto quanto era solamente un gran, brutto sogno. ciò nonostante, si era avvicinato al comodino di fianco al letto, tastando piano la superficie e pigiando con l'indice un piccolo interruttore. subito un abatjour aveva rischiarato l'aria, rendendo così i mobili con una forma definita e le pareti piene di ombre. il ragazzo si era girato, dirigendosi verso la porta alle sue spalle e chiudendola quasi affranto, rilasciando un sospiro pesante, colmo di stanchezza.

un'altra serata era volata via, nella stessa maniera delle precedenti. odiava la monotonia, eppure finiva sempre così, le tre di notte, un letto scarso e il solito motel di una qualità scadente, ma che non cambiava mai per colpa di quelle sensazioni così famigliari da fargli vibrare le ginocchia ogni volta. 

il letto era scomodo, le coperte e il lenzuolo avevano la stessa consistenza leggera e usata, forse anche troppo, l'odore di quell'ammorbidente scadente che si infilava nel suo naso. le gambe si erano appoggiate da sole, oramai già abituate. una mano era risalita al suo viso, toccandolo e quasi schiacciando la sua pelle contro la mano. era stanco, di tutto. solamente quella stanza però, riusciva a fargli ricordare perfettamente ogni momento che aveva passato con felix. soprattutto perché, sul quel vecchio materasso, si erano consumati chissà quante volte, quasi da non ricordarne il numero.

si era lasciato cadere sul letto, proprio come faceva felix quando scherzava con lui, quando poi lo baciava e finivano entrambi in un limbo di erotismo e dolcezza. mancava il corpo del minore come l'aria per changbin, ma non solo il suo essere, anche la sua delicata ma forte personalità. lo sapeva bene lui, quella faccia da angelo nascondeva un piccolo demone al suo interno, incurante dei suoi comportamenti peccaminosi. 

ben presto i ricordi avevano cominciato a riaffiorare velocemente, quasi prendendo a pugni la sua coscienza. era inevitabile che felix se ne andasse, sapeva di non appartenergli, eppure, sperava sempre che dopo che si erano donati i loro corpi a vicenda, restasse con lui. in quel letto sporco d'amore, probabilmente non ricambiato. quasi sicuramente per l'altro ragazzo, changbin era solo qualcuno con cui lasciarsi andare, poter essere se stesso senza nascondersi. e forse, non doveva lasciare che i suoi sorrisi dolci baciassero il viso del maggiore, forse non doveva dirgli quelle parole sussurrate all'orecchio, forse non doveva guardarlo in quel modo, come se avesse veramente bisogno di lui e non gli servisse solamente per sfogo fisico.

e la mente di changbin era piena di quei forse, magari lui non doveva farsi abbindolare così facilmente da quell'angelo maledetto. sarebbe stato molto meglio, e in quel momento, non si sarebbe trovato in quella vecchia stanza mal ridotta. 

la figura del corpo dell'altro, spoglia, la sua pelle lattea e serafica era una delle torture più pesanti per lui. costantemente, appariva davanti ai suoi occhi come un fantasma dannato per il resto dell'eternità. una figura innocentemente erotica, come la chiamava lui. eppure non c'era niente di casto nei movimenti che compieva sopra il suo bacino, degli ansiti o dei forti gemiti che lasciavano le sue labbra, neanche l'amore che provava il maggiore verso di lui poteva ritenersi adatto a quella parola.

perciò non si era stupito per niente, quando calde e pesanti gocce di rimpianto avevano lasciato le sue iridi. rimpianto per non averlo tenuto stretto a se quando poteva, ed ora non era con lui. felix si era stancato, per lui non era stato difficile lasciarlo andare, d'altronde non provava niente verso changbin, sì, era stato bello finché era durato, ma niente di più. probabilmente non era nemmeno a conoscenza di ciò che avrebbe potuto provocare il suo fuggire, bicchieri di whiskey e lunghe notti insonni, non si era minimamente preoccupato.

faceva male, come qualsiasi cosa glielo ricordasse, un pugnale all'altezza del cuore. si chiedeva perché era stato così semplice farsi dimenticare da lui. sapeva bene di non essere memorabile, anche di non essere stato il miglior partner con cui passare una notte di desiderio. si augurava lo stesso, che una piccola parte, un frammento microscopico, nel cuore di quell'angelo portatore delle sue disgrazie pensasse a lui. magari, desiderava semplicemente che entrasse da quella porta scassata, gli asciugasse gli occhi con quelle sue dita fatate e che gli dicesse ti amo. 

ti amo.

sapeva sarebbe stato improbabile, i sentimenti erano incontrollabili, pure i suoi lo erano, e si odiava per provare questi ultimi con tanto vigore e trasporto. eppure quelle due parole, ne era certo, lo avrebbero reso felice come non mai. poteva sognarlo, quanto voleva, ma in cuor suo era a conoscenza della grande bugia che si stava infliggendo da solo. non sarebbe mai tornato.

in quel momento avrebbe quasi riso di se stesso, provava imbarazzo della sua persona per essere tanto impotente davanti al ricordo di loro due. perciò, cercando di scappare da tutto ciò che pensava, in realtà provava una paura immensa, si era lasciato andare, provando a staccare i suoi pensieri da qualsiasi cosa gli stesse passando di mente. non sperava per niente in una delle sue millesime notti insonni, non lo desiderava per nulla. ma comunque, immaginava lo stesso quel corpo tanto amato, quanto odiato, vicino al suo prima di abbandonarsi al richiamo delle stelle, che provavano invano a fargli dimenticare quel diabolico cherubino che infestava il suo senno.

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↪ midnight stories [ skz collection ]Where stories live. Discover now