4. Il Demone

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L'assassina provava un sinistro piacere nel vedere le cose bruciare.

Con il tempo, aveva imparato ad apprezzare i minuscoli frammenti di cenere che il vento trasportava con sé, leggeri nell'aria, come ultimo ricordo di ciò che le fiamme avevano divorato. L'erba fuori dalla Taverna del Vecchio Ghaal ne era ricoperta da uno strato sottile, mentre l'odore intenso di brace faceva storcere il naso agli ignari viaggiatori, diretti verso una città in ginocchio.

Kira se ne stava appollaiata sui rami di un'alta e vecchia quercia, più antica di Heraven stessa, con la gamba destra a penzoloni e un pugnale tra le mani.

Dall'alto della sua posizione poteva scorgere fino in fondo alla valle, dove il fuoco azzurro dei draghi bruciava sull'oceano e una nube di fumo veniva illuminata da Deai, la più grande delle due Lune sorelle.

Un piacevole risvolto della sua tediosa giornata.

Aveva appena fatto ritorno dai villaggi delle Grandi Pianure. Un proprietario terriero fedele alla corona, privo di una mano e anche di qualche rotella nella testa, l'aveva convocata nella sua tenuta di caccia per un lavoro. Le aveva commissionato un assassinio.

Il vecchio voleva vedere la testa del suo rivale in affari rotolare sulla sua scrivania, e Kira l'aveva accontentato. Un lavoretto semplice, utile per riempirsi le tasche, ma non per scacciare la noia.

Le richieste per i suoi servizi non erano poche, e proprio mentre aveva iniziato la ricerca di un nuovo cliente, sinistre notizie dai bassifondi della capitale l'avevano raggiunta. Era tornata ad Haraven per raccogliere informazioni a riguardo, quando le voci dell'attacco erano giunte alla Taverna, più veloci dei venti del Sud.

Una vera disgrazia, pensò l'assassina con un sorrisetto, continuando ad ammirare la grande roccaforte di pietra bruciare tra le fiamme azzurre del possente Arhel.

Molti dei malevoli avventori della locanda erano scappati, altri avevano deciso di restarsene in attesa, come avvoltoi pronti ad abbattersi sulla preda morente. Kira era tra quelli.

Avrebbe atteso il placarsi delle acque, e con la strada spianata, avrebbe fatto ritorno a casa. Eppure, tutta quella buona sorte improvvisa le faceva venire voglia di storcere il naso, fastidiosa come il pulviscolo che riempiva l'aria. Non era da lei avere buone stelle a suo favore, non senza riceve prima qualche tiro sinistro a bilanciare il tutto.

E proprio mentre pensava che, una come lei, avrebbe dovuto stare il più lontano possibile dai colpi di fortuna, percepì la presenza di qualcuno intento ad osservarla.

L'assassina ci mise un istante ad accucciarsi contro la ruvida corteccia, restando in bilico sul tronco con il pugnale ancora stretto nel palmo della mano. Tese l'orecchio, fino a quando non sentì la presenza che aveva avvertito muoversi veloce, facendo frusciare le foglie dei rovi che circondavano il confine con il bosco.

«Qualcuno qui mi sta porgendo un invito» mormorò Kira, riconoscendo un lieve profumo di erbe mediche nell'aria, qualcosa a cui un semplice umano non avrebbe mai potuto fare caso. «Una vera seccatura.»

Kira ghignò, rinfoderando il suo pugnale. Si lasciò cadere nel vuoto sottostante, atterrando pochi secondi dopo sul morbido terreno con la stessa agilità di un gatto. Una leggera nube di pulviscolo le si sollevò tutt'attorno.

Le bastò seguire quell'odore, addentrandosi in profondità in quella foresta che conosceva come le sue lame, per poi sbucare ai piedi di una serie di massi accostati l'uno all'altro. Sopra di essi, una figura incappucciata l'attendeva con una civetta appollaiata sopra una spalla.

Brillanti occhi dorati che risplendevano alla luce delle Lune Sorelle si fissarono nei suoi.

«Buonasera, Kira.»

The Crown's FireWhere stories live. Discover now