🍃Quarto capitolo 𒀭

7 1 0
                                    

Trascorsero alcuni giorni, tempo che Erdie utilizzò per scoprire quel nuovo mondo.
Aveva scoperto il nome di quella città: Eshunna.

Non era un popolo unito come il suo, anzi: era diviso e spesso in guerra tra loro. Aveva avuto modo di trovare cibo facilmente, a causa dei tanti cadaveri che gli scontri si lasciavano alle spalle.
Eppure avevano un nome che accumunava tutti loro, nonostante le città in conflitto.

Gli "ùĝ saĝ gíg ga", la gente dalla testa nera, questo era il loro nome. Erdie ripeteva spesso quel nome, cercando di memorizzarne la pronuncia e, soprattutto, impaziente di poter conoscere bene la loro lingua.

La città di Kish era un reticolo di case, dall'alto sembrava quasi un formicaio circondato da un ampio canale. La migliore fra le città che avesse visto sorvolando i cieli in quelle notti.

Spesso l'immortale si soffermava ad osservare le montagne all'orizzonte

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

Spesso l'immortale si soffermava ad osservare le montagne all'orizzonte. Da qualche parte, oltre quell'immenso muro troppo distante e alto perché lei potesse valicarlo, si apriva la sua terra e il suo deserto.
Un mondo a cui aveva dovuto dire addio.

La solitudine, per la prima volta, le fece sentire la sua morsa. Suo padre era sempre impegnato con il Sommo Sacerdote, lo vedeva di rado, sentendo talvolta solo un delicato e tenero bacio sulla fronte prima di addormentarsi.

Per farsi perdonare le donò una piccola puledra dal manto di un delicato avorio, lucido come l'oro. Aveva fatto la stessa cosa in Egitto, donandole le tre tigri bianche che erano state per anni a guardia della sua piramide.
E che Cheope aveva fatto uccidere.

Erdie non ne aveva mai visto uno* e pertanto ne rimase affascinata. A colpirla furono gli occhi, grandi e incredibilmente umani, incorniciati da ciglia lunghe e scure.
L'aveva toccata da prima con diffidenza, per poi distendere la mano sul suo muso con più sicurezza. E ne sentì presto un forte legame.
Non sapeva bene che nome farle finché non la vide impennarsi e scuotere la criniera sotto i raggi della Luna. Era così simile ad una tempesta di sabbia che la chiamó Dashret: Deserto**.

Il Lord era convinto che sua figlia fosse completamente sola, ignorando il patto che lei invece aveva stretto con uno dei sacerdoti minori del tempio: Urnamthe.
Erdie ne ignorava le ragioni, ma sembrava che il padre malvedesse qualsiasi suo rapporto con gli abitanti di quella città.
Eppure era stato lui stesso a volerla portare in quel luogo, fra umani di cui lei non poteva cibarsi.

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
Fiore di sabbia, miasma Where stories live. Discover now