CAPITOLO 2

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"Ehi Sole, svegliati piccola, siamo a Santa Barbara".

La voce di papà mi sembra così lontana ma riesco ad aprire lentamente gli occhi. Mi giro verso il lato del guidatore e vedo il suo volto segnato dalla stanchezza dopo aver guidato per più di 15 ore, fortunatamente sono riuscita a convincerlo a riposare un po' durante il tragitto.

Mi stiracchio e all'improvviso sembro ritornare alla realtà: siamo a Santa Barbara, siamo di nuovo in California.

Cosa provo? Ancora nulla. Sono troppo brava a freddare le mie emozioni ancora prima che possano sorgere alla coscienza, un po' come quei contenuti inconsci di cui parla Freud che sono troppo intollerabili per l'essere umano e quindi vengono rimossi, vengono spinti nell'inconscio, ma in realtà quei contenuti sono lì e continuano a guidare la nostra vita, i nostri comportamenti, anche se non li vediamo e sembrano dimenticati.

Ed eccomi qui, come non detto, per non pensare alle emozioni ho messo in atto un mio meccanismo di difesa, una sorta di "sublimazione" come direbbe Freud. Ecco perché ho scelto di studiare psicologia, la mente umana mi affascina, mi affascinano i meccanismi che possiamo mettere in atto ma, soprattutto, perché era la facoltà scelta da mamma. La mamma e papà si sono conosciuti, infatti, al college e tra loro è subito nato l'amore, proprio come quello dei libri. Purtroppo questo amore è stato interrotto troppo presto.

Mamma aveva 36 anni quando è venuta a mancare, era molto giovane ma almeno aveva raggiunto i suoi sogni più grandi: diventare una psicologia ed essere mamma.

Come un fulmine a ciel sereno nella mia mente riesco a vedere gli occhi di mamma, verdi e grandi, troppo simili ai miei.

Così scaccio velocemente via quell'immagine e focalizzo il mio sguardo su ciò che mi circonda: da un lato della strada riesco a scorgere tutte le villette presenti in questa città, dall'altro il mare, di un blu così intenso che sembra finto.

Il mare... ecco ciò che mi è mancato di più della California.

Il mare che con le sue onde sembra potersi portar via i tuoi pensieri, il tuo dolore.

Il mare che, in realtà, è esso stesso dolore: può mostrarsi piatto e all'improvviso arrivare con un'onda che ti travolge, completamente, e tu puoi dimenarti, puoi provare a nuotare, ma capisci presto che il tuo fiato non ce la farà, che le tue gambe e le tue braccia presto cederanno a tutto quel blu che ti circonda, che la corrente è troppo forte e tu troppo debole. È così il mare ed è così il dolore.
Guardo anche il cielo: è ancora più azzurro e si scontra con il colore del mare senza mescolarsi. Sembra che qui, il sole, viva ancora in modo prepotente... magari riuscirà prepotentemente a rifarsi spazio nella mia vita.

Mi riprendo da questo mio ennesimo stato di trance. Ebbene sì, mi capita spesso perdermi nei miei pensieri.

Sento papà dire: "Piccola, siamo quasi arrivati a casa, questo è il nostro quartiere".

Mi giro e vedo dinanzi a me una strada dritta e ai suoi lati tutte ville. Beh, sicuramente papà non si è risparmiato neanche questa volta nel mostrare tutta la sua ricchezza.

Le case sembrano fatte con lo stampino: villette ad almeno due piani, un giardino immenso, i più fortunati hanno la piscina, beh, nulla di nuovo insomma.

"Soleil, non hai detto una parola, mi dispiace che siam..."

"Papà, ehi, va tutto bene... mi stavo solo riprendendo dal mio sonno" lo interrompo, cercando di tranquillizzarlo, ma papà mi conosce fin troppo bene.

"Va bene, comunque siamo arrivati. Ecco la nostra casa" lo sento dire con un tono teso ma emozionato allo stesso tempo.

Ed eccola qui la nostra casa: un giardino immenso, pieno di tulipani, i fiori preferiti della mamma; un garage dove dentro potrebbero entrarci tranquillamente una decina di macchine.

Papà fa il giro del vialetto per entrare dentro al garage e quanto mi trovo dall'altro lato della casa ecco che vedo la piscina... beh, faccio parte di quelli fortunati evidentemente.

Papà si ferma, scendiamo dalla macchina e ritorniamo dinanzi alla casa: è immensa, molto più grande della casa che avevamo a Sacramento o quella a Portland, ha due piani ed è completamente bianca.

"Lo so, è un po' grande per noi due ma quando l'ho vista non potevo farmela scappare" afferma papà un po' imbarazzo.

"Non ho mai avuto nessun dubbio sulla tua scelta papà" dico ironica e ridiamo insieme.

"Dai avanti Sole, entriamo".

Varchiamo la porta e mi trovo davanti ad un salone immenso, pieno di luce, i mobili sono esclusivamente bianchi, panna, beige chiaro e qualche tocco di oro. È veramente bellissima ma anche grande, forse troppo per me e lui.
Mentre fisso ammirata tutto questo penso che a mamma sarebbe piaciuta.

"Già, sarebbe stata la casa dei suoi sogni" ed eccolo qui, papà, ancora una volta capace di leggermi nel pensiero.

Per stemperare il tutto dedico di sfoggiare un po' del mio umorismo "Allora signor Moore, mi dica, quale stanza potrebbe accogliere questa giovane donzella?", papà sorride ed io sono sollevata dall'esser riuscita ad estraniarlo per un po' da quei pensieri. Capisco che è stato proprio quello il motivo che ha spinto papà a comprarla: il fatto che rappresentasse la casa dei sogni della mamma. Nonostante lei non ci sia più, lui continua a vivere per lei e di lei. L'amore che papà prova per la mamma è veramente un amore incondizionato, un amore che supera le distanze tra il terreno ed il celestiale, che riesce ancora a fargli battere il cuore. Credo che sia proprio l'amore che provi per lei a tenerlo ancora in forze, quel suo desiderio di continuare a realizzare i sogni della mamma.

"Allora Sole, essendo che noi ci siamo fermati durante il viaggio mentre il camion con tutta la roba per il trasloco no, è già arrivato e questa mattina presto ho chiamato alcune persone che hanno sistemato la maggior parte delle cose. Solo i tuoi scatoloni sono ancora qui, puoi scegliere la camera che vuoi. Qui al primo piano abbiamo il salone, la cucina, due bagni, la libreria per i tuoi amati libri ed il mio studio, lí giu ci sono due porte: una va diretta verso il garage, mentre un'altra porta a quella che è la mia sorpresa per te."

"Una sorpresa papà? Ma come? Quale?" dico emozionata.

"Beh, seguimi" dice incamminandosi e lo seguo. All'improvviso apre quella porta e mi trovo in una stanza con una piscina interna, delle sdraio ed uno schermo da cinema, resto stupita e guardo papà che afferma "so che a volte senti il desiderio di scappare da questa realtà, ho cercato di creare uno spazio tutto tuo, puoi venire quando vuoi".

Sento gli occhi pizzicarmi e abbraccio papà, perché ancora una volta è stato capace di capirmi.

Ritorniamo in salone e continua con il suo tour orale della casa: "sopra, invece, ci sono tre camere. Sono tre camere da letto con un bagno privato, puoi scegliere quella che più ti piace".

Mi dirigo su per le scale, mi trovo un corridoio immenso e noto tre porte, proprio come aveva detto papà. Apro la prima porta a sinistra e resto incantata dalla vista: una camera immensa, un letto matrimoniale al centro già pieno dei miei peluche, questo la dice lunga sulla mia libera scelta della camera ahhahaha, al lato destro del letto vi è un armadio bianco di marmo enorme, poi una scrivania con una poltrona, e vedo una porta, dovrà sicuramente essere il bagno. Entro e ricordate quando ho detto che papà si era superato nella scelta della casa? Beh, lo ribadisco. Il bagno ha una postazione trucco bellissima, una doccia ma anche una vasca idromassaggio. Esco dal bagno e mi soffermo sulla parte più bella di quella stanza: la parete al lato sinistro del letto completamente di vetro che porta ad una mini terrazza che sfocia sull'oceano. È spettacolare.

Sento un colpo di tosse, mi giro e vedo papà emozionato "Appena ho visto la vista di questa stanza ho subito saputo che sarebbe stata la tua scelta, quindi mi sono preso la libertà di metterci i tuoi peluche" afferma grattandosi il mento. Gli sorrido, uno dei miei sorrisi più veri e corro in un suo abbraccio.

"Grazie papà, grazie per tutto".

Sun & Dark. Il sole oltre l'oscurità.Where stories live. Discover now