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Il suono insistente di un clacson era stato la nostra sveglia

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Il suono insistente di un clacson era stato la nostra sveglia. Dopo avere fumato tutta la notte, io e Stefano eravamo svenuti a letto, devastati, e avevamo dimenticato l'anta del balcone aperta; dato che vivevamo al primo piano di una strada stretta del centro storico, al di sopra di alcuni negozi, il nostro risveglio si rivelò umido e impietoso, coi rumori del traffico e l'odore dello smog.

Avevo le palpebre pesanti, e per alcuni minuti non riuscii ad aprirle. Intravedevo la luce del sole attraverso la cartilagine sottile, e sentivo già gli occhi bruciare.

"Porca puttana..." Si lamentò Stefano, da qualche parte in mezzo alle coperte, accanto a me. Lo sentivo muoversi confusamente, cercando forse di togliersele di dosso. "Che cazzo di ore sono... Le undici?? Nadia, ma non avevi puntato la sveglia alle nove?"

Gli diedi le spalle, nascosi la testa sotto al cuscino e risposi:

"L'avrò dimenticato... Peggio per te che non ci pensi mai! Chiudi il balcone, prima che entrano i piccioni..."

Stefano continuò a imprecare; lo sentii alzarsi e strisciare le ciabatte sul pavimento sporco col suo passo pesante.

"Dovevo essere a lezione alle dieci e mezza, che cazzo!"

Batté le ante così forte che i vetri tremarono; era una vecchia casa, con vecchie mura e vecchie finestre che sembravano doversi rompere facilmente. Ma stavolta resistettero, e l'insopportabile rumore dei clacson e gli insulti tra gli automobilisti si attutirono.

Stefano andò poi in bagno e iniziò a pisciare senza prima chiudere la porta. Cazzo, lo odiavo quando lo faceva! Lo avevo rimproverato mille volte, e lui se ne fregava!

Al momento, però, non avevo abbastanza energie per litigare; mi coprivo ancora la testa col cuscino, e allungai soltanto la mano per cercare il cellulare sul comodino.

Volevo controllare i messaggi, soprattutto quelli di mia madre, che era già partita da un giorno. Lo afferrai e lo trascinai con me sotto al piumone, dove provai finalmente ad aprire gli occhi. Erano secchi, facevano male, e fui costretta ad abbassare anche la luminosità del telefono.

Capitava spesso; era una delle conseguenze di quella nuova erba insieme alla perdita di memoria. Imprecai e mi diedi della stupida, perché sapevo che niente mi avrebbe impedito di continuare a fumare.

Controllando il cellulare, scoprii che avevo già ricevuto un sacco di messaggi, sia da mia madre che dai miei amici. La notifica di due chiamate senza risposta mi sorprese, perché non avevo sentito il telefono vibrare. Aprii la notifica e lessi:

Due chiamate perse da: Quasimodo

Rimasi a bocca aperta. Davvero Quasimodo aveva provato a chiamarmi?! Non l'autore, naturalmente, e nemmeno il personaggio di Notre Dame de Paris. Dall'opera di Victor Hugo avevo soltanto preso spunto per il soprannome, vista la somiglianza tra il gobbo e il marito di mia madre.

StepfatherWhere stories live. Discover now