2. Criminologie et yeux.

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Non era la prima volta che lo facevamo: sgattaiolare in quella che una volta era camera di mio fratello e metterci sul suo balcone a fumare un paio di sigarette o una canna era diventato il nostro piccolo segreto preferito.

Segreto. Perché nessuno sapeva che lo facevamo, ed era meglio che rimanesse tale.

Potevo già immaginare la faccia dei miei genitori se ci avessero scoperte, mi avrebbero riportato in terapia ed era l'ultima cosa che volevo.

Guardai il viso rilassato di Cora e sorrisi.
Quanta contraddizione in una sola persona.
Il suo aspetto leggermente dark cozzava con la sua personalità e il suo carattere. Dietro quei chili di ombretto scuro e vestiti neri, si celava una persona con un cuore enorme, una di quelle che ti rimaneva accanto anche quando tutto intorno a te si frantumava in mille pezzi di vetro taglienti, a cui potevi confidare tutto perché non aveva pregiudizi e nemmeno un briciolo di cattiveria, era quella persona a cui potevi mandare un messaggio alle due di notte dopo un incubo, e lei rispondeva subito dopo dicendo che arrivava in soccorso, era una di quelle che se avevi bisogno di distrazioni, te ne trovava mille.

Ed era quella del mio gruppo di amici che consideravo più stretta.
Eravamo io, Aiden, Selena, Fleur e Cora.
Gli unici che mi rimasti accanto quando ho attraversato il mio periodo buio, quando il dolore aveva iniziato a lacerarmi ogni parte del corpo con le sue lame appuntite pronte a dissezionarmi viva.

Nacque così il mio disturbo, troppo complesso da spiegare, troppo confusionario da capire, un intreccio di disregolazioni che comportavano delle conseguenze non indifferenti. Che avevano condizionato il mio modo di relazionarmi con le persone, che mi portavano a farmi del male, che mi portavano a risposte dissociative quando ero sotto stress, ad essere paranoica, ad avere la paura di essere abbandonata di nuovo da qualcuno, ad essere impulsiva e poco razionale, che mi portavano ad avere dei sentimenti confusionari, a volte di completo vuoto.

Era quello l'effetto collaterale del disturbo di personalità che avevo, di cui a volte dimenticavo anche il nome. Bordeline, lo chiamavano gli studiosi, io lo chiamavo semplicemente pezzo di merda.

Mi sentivo un completo disastro e l'unico modo di riscattarmi era quello di mettere in gioco me stessa attraverso l'università, andando contro la volontà dei miei genitori, troppo preoccupati per la mia salute mentale. All'inizio mi ripetevano che non fosse necessario che continuassi gli studi, che potevo anche entrare nell'azienda senza difficoltà, che non dovevo mettere il mio cervello sotto lo stress universitario. Ma io non volevo apparire come una persona fragile, da avere sotto controllo, quella con cui dovevano dosare le parole per non ferirmi. Non volevo essere vista come uno dei vasi preziosi che mia madre teneva con molta cura e che le cameriere spolveravano con riguardo perché avevano paura che si rompessero.

Volevo essere come una delle mie coetanee.
E mi sarei battuta per diventarlo.

E pochi istanti prima di vedere Cora, per assurdo, avevo un colpo di scintilla nel petto, che avrei dovuto afferrare per darmi coraggio e mettermi di nuovo sui libri in uno studio forsennato, ma avevo deciso di spegnerlo, proprio come la canna che giaceva nella ceneriera che avevo rubato in uno degli armadietti del salone.

«Credi che siamo pronte per iniziare un nuovo capitolo della nostra vita?»
Sapevo a cosa si riferisse.

«Sì, Cora, lo siamo.» mi portai le dita sottili tra i capelli mossi, «dobbiamo esserlo.»




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𝑹𝑬𝑪𝑲𝑳𝑬𝑺𝑺.Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ