Ultimi giorni 12

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L'uomo giaceva immobile, la schiena contro un tronco, gli occhi semichiusi. Si teneva un fianco, da cui usciva sangue. In tutta quella zona i vestiti erano macchiati. Sembrava sul punto di svenire o forse morire. Avevo visto i suoi piedi come prima cosa.

«Sei venuto a prendermi? Sono già morto?» mi chiese con un filo di voce, iniziando a tossire pesantemente.

«Sono un uomo, sono vivo, non un fantasma. Sei ancora tra di noi. Chi ti ha ferito, i tuoi compagni?».

«Mi hanno pugnalato, poi mi hanno abbandonato qui. Avevano paura. Come vedi, non ho ancora gli occhi gialli, forse è questione di poco ma credo di morire prima».

«Vuoi mostrarmi la ferita? Magari posso provare ad aiutarti».

«Lascia stare, sono già morto. E la cosa non mi dispiace, per fortuna perderò tutto ciò che succederà da ora in poi. Ascoltami, aiutami a sollevarmi un poco, ho bisogno di dirti alcune cose prima di andarmene. Devo dirle a qualcuno, i miei compagni non mi hanno voluto ascoltare, ma tu mi hai cercato, è come se ti avessi chiamato e in effetti ho chiamato qualcuno, una presenza, un essere umano a cui affidare ciò che so, ciò che ho scoperto. Ti ho chiamato con le mie ultime forze, il tempo è agli sgoccioli».

Mi avvicinai a lui, tirandolo su dalle ascelle. Urlò dal dolore e la ferita aumentò il sanguinamento. Poggiò entrambe le mani, come a tamponare, illudendosi che sarebbe servito a qualcosa.

«Nei miei sogni ho visto molto, ho capito tanto, ma ora difficilmente riesco a mettere insieme i pezzi, a creare qualcosa di coerente. Ifid è la Spada».

«Ifid?» chiesi.

«L'ho quasi visto nella sua interezza, esso è quello che è più simile a noi, anche se solo lontanamente. Nei miei sogni ero nello spazio e li vedevo dall'alto intorno alla Terra. Sono sempre più definiti, mi capisci? Non so perché sono qui, non so nulla, so solo ciò che ho potuto vedere. Loro vivono da qualche altre parte, non ci sono stato. Un altro pianeta, un'altra dimensione, non posso dirti di più. Devi trovare il prete, lui era con me nel sogno. Ma mentre io svanivo lui rimaneva. Mentre io venivo risucchiato qui, lui indagava ancora. Forse sa tutto, forse è impazzito. Devi scoprirlo. Il prete sta nella grande chiesa, sai già qual è, è vicina. Ifid è la Spada, ricordatelo. Stai attento, ti annienta senza ucciderti, Dio aiutaci. È capace di infliggerti le peggiori torture fisiche lasciandoti sempre in vita. Ti riempie il cervello di immagini atroci senza farti impazzire. È un mostro, come gli altri, ma lo è solo per noi. Cosa vorranno, mi chiedo ogni giorno, ma non lo saprò mai, sono condannato. Non puoi sconfiggerlo o forse puoi fermarli tutti. Il libro esiste, non so dove, ma esiste. Il Libro dei Mondi. Trovalo. Leggilo. Comprendilo. Io spero solo di morire e basta, di non cadere in un abisso senza fine. Ti prego, dimmi che hai capito e che pregherai per me», concluse guardandomi con gli occhi socchiusi, con l'anima che stava per iniziare a lasciare il corpo.

«Non ho capito nulla», eppure mi sembrava tutto abbastanza coerente. «Mi pare tutto un delirio con nomi senza senso», eppure quel nome mi suonava, forse quello o qualcosa di simile e altrettanto strano, lo avevo già sentito.

Mi ricordai che in un piccolo paese poco lontano, forse a uno-due giorni, esisteva un'enorme chiesa, famosissima, proprio per la sua grandezza. Di certo, provavo una notevole paura a raggiungere quel luogo, anche se minuscolo, ma quella pista mi appariva percorribile. Avrei potuto cercare spiegazioni dal prete e decidere se abbandonare quella traccia e tornare al mio vagabondare, oppure lanciarmi in questa ricerca. Gli uccelli sopra di noi cominciarono a essere troppo rumorosi e mi scossero dai miei pensieri. Dovevo ancora una risposta chiara all'uomo, ma, appena cominciai a parlare, mi resi conto che era morto: aveva gli occhi aperti e iniziava a scivolare su un fianco. Gli chiusi gli occhi e lo coricai disteso sulla schiena. Lo lasciai lì e mi allontanai in fretta, come se dovessi farlo, come se corressi un grande pericolo a rimanere in quel posto. Si sarebbe risvegliato? Non avevo neanche pregato per lui. Lo feci tra me e me, qualche parola veloce per una persona sconosciuta, consumata dalla follia e abbandonata da tutti. Mi fermai solo dopo un'ora circa. Mi poggiai per terra e presi mappa e bussola, per orientarmi e studiare il percorso verso il paese. Dopo un po' mi parve di trovare la strada e la imboccai, bussola e mappa sempre in mano. Mi guardavo continuamente intorno, non sapevo perché ma all'improvviso mi sentivo così inquieto, così spaventato. Era tutto troppo per me. Fino a pochi giorni prima vivevo nella ripetizione di gesti normali, le mie domande erano elementari. La mia unica preoccupazione era controllare i rifornimenti. Non mi mancava nulla e la follia mi appariva così distante dal rifugio in cui mi ero nascosto. Un'ipotesi lontanissima. Ora, ogni passo iniziava ad essere pesante e azzardato, non avevo abbastanza coraggio e spregiudicatezza. In più ero solo per scelta e senza alcuna possibilità di successo. Camminavo a testa bassa, cappello sempre presente, pensando esclusivamente alla terra che calpestavo. Il lento fruscio delle foglie mi faceva compagnia, mi teneva ancorato alla realtà, una realtà quasi impossibile.

Quando si fece troppo buio mi fermai. Accesi la torcia e proseguii un'altra ora, ma ogni rumore mi causava angoscia. Perché? Qualcuno mi seguiva? Mi stavo agitando in maniera eccessiva, il bosco era mio compagno e amico. Mi stringeva in un abbraccio, donava forza e gioia. Il mondo stava finendo e io avevo la possibilità di comprendere qualcosa in più prima degli ultimi giorni. Avrei seguito la strada su cui mi aveva messo quell'uomo, non avevo nulla da perdere. Preparai il campo per la notte, poi mi riscaldai dei fagioli. Rimasi seduto a guardarmi intorno, a osservare il fuoco. Mi addormentai mentre ancora ascoltavo il dolce rumore delle fiamme che consumavano la legna.

Ultimi giorniWhere stories live. Discover now