Ultimi giorni 11

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Mi svegliai. Avevo dormito troppo, aprii gli occhi a fatica. Qualcuno mi stava assestando calci, non per farmi male ma per capire se fossi vivo o morto. Grosso errore dormire così tanto, con i sensi che faticavano a risvegliarsi, circondato da persone. Almeno sei o sette uomini, tutti vestiti di scuro, con armi in mano, chi pugnali, chi bastoni, con bocche e teste coperti. Vedevo solo gli occhi. Mi rialzai con difficoltà, facendo un cenno per rendere palese che fossi vivo e sano.

«Tranquilli, non ha gli occhi gialli. Chi sei, che ci fai qui?» mi chiese uno di loro, non si riuscivano a distinguere.

Provai a parlare ma ero troppo stanco, mi sentivo la bocca impastata. Il coltello, ripulito dal sangue, era sempre nella mia tasca, ma stavolta non mi sarebbe servito: erano troppi.

«Sto viaggiando verso ovest», riuscii a dire dopo troppo tempo, mentre raggiungevano il limite del nervosismo.

«Cosa c'è a ovest?».

«Un posto come un altro per muovermi, nessun luogo è sicuro».

«Noi stiamo andando a sud. Abbiamo saputo che a qualche giorno da qui esiste una zona con casette di recente costruzione, tutte provviste di un bunker sotterraneo. Se non sono occupate, il nostro piano è sistemarci lì finché le scorte ce lo permetteranno. Una volta che non rimarrà più nulla, usciremo a scoprire cosa ne è stato del mondo. Abbiamo perso uno dei nostri, si è messo a delirare, pronunciando nomi strani, cose incomprensibili. Lo abbiamo dovuto abbandonare, altrimenti ci avrebbe contagiati tutti o peggio uccisi nel sonno. Più siamo, più probabilità abbiamo di sopravvivere. Sei bene attrezzato a viaggiare nel bosco, se vuoi unirti a noi sei il benvenuto».

Mi fermai a riflettere mentre li osservavo. Pensai a quale reazione avrebbe provocato un rifiuto. Mi avrebbero derubato? Ucciso? Anche in quella situazione di caos silente, pronto a deflagrare da un momento all'altro, sentivano il bisogno del branco. Solo in gruppo avvertivano la sicurezza di sopravvivere, di dominare. Certo, l'idea del bunker non era affatto male, però anche lì i sogni li avrebbero raggiunti e tormentati. Qualcuno, tutti forse, non sarebbero mai usciti a rivedere il sole. Avrei dovuto dirglielo? Certo, vivere comodi per quel poco tempo rimasto a disposizione, sarebbe stato un bel modo di finirla. Anche se la solitudine li avrebbe colpiti a uno a uno. Quelle parole incomprensibili pronunciate dal loro compagno abbandonato mi fecero pensare subito alle parole pronunciate da quella che un tempo era una donna e ora si era trasformata in un mostro. L'aria iniziava a essere più piacevole. Un leggero raggio di sole, che si posava lieve, bastava ad allietare per un istante un'esistenza ormai dannata per tutti.

«Preferisco proseguire senza meta da solo, vi ringrazio per l'offerta. Con altre persone non riesco a pensare».

Mi osservarono a lungo, armati e di sicuro senza scrupoli. Avrebbero potuto uccidermi facilmente, invece senza una parola continuarono il loro viaggio a sud. Mi sembrò di notare tristezza nei loro sguardi, ma probabilmente mi ero sbagliato, non penso mi considerassero così importante. Seguii le loro sagome che sparivano lente tra gli alberi. Aspettai a ripartire per evitare di essere colto di sorpresa. Raccolsi le mie cose con calma mentre mangiavo una barretta, poi mi preparai un caffè e spensi il fuoco. Coprii bene le ceneri e mi caricai lo zaino in spalla.

Esitai a ripartire verso ovest. Dicevano di aver abbandonato il loro compagno più indietro, un uomo consumato dalle visioni. Lo avevano ucciso? Decisi di provare a cercarlo, senza un motivo preciso, seguendo il mio istinto. Iniziai a procedere a zigzag, abbandonando la bussola che mi sarebbe stata utile per ritrovare la strada. Nella mia mente cercavo un corpo esanime, adagiato nell'erba, con ferite e sangue, ma ero pronto a qualsiasi evenienza. Infilai la mano in tasca ed estrassi il coltello, tenendolo pronto. Poteva essere impazzito e pericoloso. Forse stavo correndo un rischio troppo grande, anche inutile, ma qualcosa mi spingeva a proseguire, un'idea fissa che quello fosse un compito molto più importante del vagare senza meta verso ovest.

D'improvviso, mi trovai davanti un grande cervo. Maestoso, mi fermai ad ammirarlo. Capii perché fosse sempre stato un simbolo anche mistico. Elegante, imponente, sprigionava la sua regalità, il suo essere saggio e benevolo. Privo della ferocia apparente di altri animali, lo consideravo il dio dei boschi. Mi inchinai, cercando di chiedergli la sua forza, la sua calma, la sua benedizione per provare a vivere quanto più a lungo possibile, senza sprofondare in un delirio senza fine. Ci fissammo a lungo, scambiandoci informazioni. Mi sembrò comprendere la mia sofferenza, l'angoscia in cui viveva il genere umano, ma non aveva soluzioni. Ci salutammo con un cenno e ognuno proseguì con la sua vita, con i suoi obiettivi. Quell'incontro mi aveva rincuorato e dato la forza per continuare, almeno per la giornata. In qualche modo, ero sicuro di riuscire a portare a termine il mio compito.

Camminando molto, con la stagione che lentamente volgeva al caldo, iniziava a diventare difficile e stancante. Mi chiedevo come avrei fatto in estate a portare tutto quel carico. Sempre se fossi stato ancora vivo. Il caldo non era certo una priorità, ma prima o poi ci avrei dovuto pensare, sarebbe stato un problema di sopravvivenza come un altro. Ripensai ai bunker, forse la soluzione perfetta. No. Dovevo continuare a muovermi, a spostarmi. Nei bunker avrei dormito tante ore, troppe, e pochi pensieri. I sogni, le immagini, avrebbero trovato facilmente la strada fino all'interno del mio cervello. Si sarebbero piazzati, costruito casa, occupato tutto. Sarei arrivato ben presto alla follia totale e, in quanto unico probabile occupante, mi sarei ucciso nei modi più violenti possibile. Al caldo avrei pensato in un altro momento. Il panorama sempre uguale, senza la minima traccia di una presenza cominciò a stancarmi. Poi mi sembrò di udire un flebile lamento, sulla mia destra. Rallentai il passo e serrai la presa sul coltello. Mi abbassai leggermente e seguii quel rumore soffocato che mi appariva abbastanza vicino. Dopo pochi minuti fui in grado di identificarlo, appoggiato a un albero.

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