30. She my cold blooded bitch

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Ripresi a respirare.
Era un dannatissimo atto vandalico. Mio fratello non era in quell'auto.
Vaffanculo, mi era quasi scoppiata una coronaria.

«Portami da loro. Subito!»

Lo seguii, quasi correndo, mentre continuava a spiegarmi nervosamente senza farmi comprendere a pieno la situazione.
«Dicono che non sia in grado di gestire la notte dell'Inquisizione come facevi tu. Forse lo odiano per quello che ti ha fatto. Ma lui è sotto shock, non riesce a reagire..»

«Santo cielo, Prince, non essere ingenuo. È solo una scusa per prendere il potere.»

Al piano terra, da quello che riuscivo ad afferrare tutto sembrava procedere senza intoppi. La musica creava un muro contro qualsiasi altro suono, Prince mi spiegò che Ryder era intento a farsi di qualunque cosa.
«Ti ho visto arrivare dalla finestra. Solo tu puoi fermarli, Drave.»
Scendemmo le scale, l'umidità fendeva l'aria e le mie labbra divennero gelide.
Non era la prima volta che mettevamo a tacere una rivolta. Solo, non l'avevo mai fatto da solo. Eravamo sempre stati in due.

«Adesso bisogna capire chi sono questi traditori del cazzo.»

Gettai il mozzicone della sigaretta che stavo fumando, dove mi ricordavo che avrei trovato un posacenere in marmo.
Ragionai, rimuginando su quello che era appena accaduto senza che io potessi fermarlo o intercettarlo in alcun modo.
Da quando avevo preso le redini della situazione, avevo sempre fatto di testa mia e me ne ero fregato di quello che mi aveva insegnato mio padre.

«Stai attento, Drave. Ti sei fatto moltissimi nemici.»
E non ero più forte e quasi intoccabile, come prima dell'incidente. Quella tragedia mi aveva indebolito, quantomeno ai loro occhi.

Riuscii a seguire il migliore amico di Gremory, perché solo a Wysteria Wood e tra le gambe di una donna riuscivo a orientarmi meglio che nella mia cripta.
Pensai ad Avalon che sarebbe partita per Londra, ai tafferugli che dovevo risolvere, alla lunga notte che ancora mi attendeva, al processo contro Arden Dweller, e all'omicidio ancora irrisolto.
Al nemico che era sempre in agguato.

«Lasciatelo stare. Lascialo, ho detto!»
Prince gridò avanzando, gettandosi su un uomo, e io compresi che eravamo giunti a destinazione.

Mi precipitai seguendolo nella vecchia sala delle riunioni, quella con le foto degli affiliati alle pareti, con i teschi di animali nelle bacheche, con antichi drappeggi e scene di caccia che inneggiavano alla violenza dappertutto.

«Fermatevi, cazzo!»
Lo stavano aggredendo fisicamente, quegli stronzi vigliacchi. Sentivo i loro schiamazzi, gli insulti sibilati, l'odio represso che sfociava in un lago di escandescenze furiose.
Udii la voce di mio fratello, in quella mischia selvaggia, gridai dietro a Prince di fermarsi immediatamente.

Avanzai in quello scontro pavido e vigliacco e quando fui certo di avere qualcuno davanti da afferrare, lo presi per il busto e lo scaraventai contro il primo muro che trovai a disposizione.

Col cazzo, che mi ero indebolito.
Cercò di raggiungermi il volto con quelle mani insudiciate, ma una ginocchiata nelle palle gli fece passare la voglia di continuare a lottare.
Speravo di averlo appena trasformato in eunuco.

L'odore alcolico del ragazzo che stritolavo tra le mani mi fece venire voglia di gonfiarlo a prescindere, di buttargli giù i denti e di farglieli sputare, mentre cercavo di capire chi fosse.
Dieci membri.
In quella stanza percepivo quattro voci distinte, o forse cinque: tutti contro mio fratello.

Ma lo stronzo che tenevo tra le mani reggendolo per la collottola, lo riconobbi dalla sua stretta da pitone attorno ai miei polsi.
Lui era il leader del gruppo radicale.
«Bear Butler.»

𝑾𝒀𝑺𝑻𝑬𝑹𝑰𝑨Where stories live. Discover now