XIII CAPITOLO

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-Professore?- la voce di Sam risuonò incerta davanti alla porta chiusa della stanza di Moroni. Jessie gli scoccò un'occhiata di scherno, scansandolo con un braccio.

-Secondo te può sentirti se sussurri il suo nome? Prima bussa, o almeno alza la voce!- detto ciò, alzò il braccio con l'intento di bussare, ma Sam la fermò, un bagliore incomprensibile negli occhi.

-Ferma.- le intimò, mettendosi al suo fianco. Con una spinta delicata, aprì la porta, che lasciò intravedere parte della stanza con un lieve scricchiolio sinistro.

-Non sento l'aura negativa.- affermò Sam, la voce ridotta in un tremolante sussurro. -Entriamo?-

Jessie annuì, facendosi strada nella stanza. A Sam non era piaciuto il fatto che la ragazza fosse entrata per prima, ma si trattenne dal fermarla o dal dirlo, d'altronde negli horror la prima vittima era sempre la persona alla fine della fila, e avrebbe di gran lunga preferito che facessero del male a lui, che alla sua amata.

-Non ci sono segni di combattimento.- la voce della ragazza lo risvegliò dai suoi cupi pensieri, facendogli guardare per bene la stanza in cui si erano cacciati. La valigia era poggiata ai piedi del letto, non del tutto disfatta. Le tende erano tirate e filtravano una luce fioca, tanto che dovettero aprirle. Il letto era totalmente rifatto, sembrava che nessuno ci avesse dormito sopra. Tutto era al suo posto, era tutto troppo perfetto, ma Moroni non era lì.

-Oh, Sammy...- Jessie impregnò la voce di dolcezza e compassione. -Chissà come reagirà la Fray a questa notizia... le avevamo dato una speranza...-

Il ragazzo si avvicinò a lei, prendendole il viso tra le mani e baciandole la fronte le sussurrò:-Tranquilla, noi staremo con lei. La conforteremo, le staremo vicino, e troveremo risposte nel libro che hai nella valigia.- l'avvolse in un dolce abbraccio, come ad infonderle sicurezza. Sam amava come il profumo di lei gli accarezzava le narici, e come i suoi capelli fossero così morbidi, soffici, tanto che rimarrebbe per ore a giocherellarci con le punte delle dita. Amava tutto di lei, come Moroni amava tutto della Fray.

-Vogliamo andare a vedere se ho quel libro veramente?- Jessie strofinò con affetto la testa al petto possente di lui, che sussurrò una risposta affermativa.

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La Fray doveva capire che, sfortunatamente per lei, in quel camposcuola non c'erano solo lei e Moroni, ma anche un'altra quarantina di ragazzi che avevano bisogno, nonostante la matura età, di tutela.

Valerie l'aveva reclamata perché erano arrivati i tre ragazzi del laboratori mattutini, e con il fatto che Moroni non si vedeva da nessuna parte (sparizione che aveva fatto preoccupare buona parte dei ragazzi), avevano chiamato la professoressa per formare i gruppi: i ragazzi non riuscivano a mettersi d'accordo, ognuno voleva una persona che stava in un altro gruppo, ma quest'ultimo non voleva lasciarla e così via, quindi, la Fray si affiancò alla Marianne mentre questa urlava di stare in silenzio.

Ogni volta formare i gruppi era come un parto per le professoresse: nessun ragazzo era mai d'accordo con le loro decisioni, quindi alzavano la voce obiettando, ma questa volta decidevano le professoresse, non avevano voglia di discutere o urlare, quindi la Marianne affermò che i gruppi che decidevano rimanevano quelli. Punto, e basta.

La Fray tentò di mettere insieme i ragazzi che secondo lei sarebbero andati d'accordo insieme, sia in conto di amicizia che di inclusione. Per una volta tentò di fare il poliziotto buono, che spesso era Moroni. Sicuramente preferiva quel ruolo, ma considerando il carattere dolce e simpatico di lui, glielo lasciava sempre.

Salvami, mio AngeloWhere stories live. Discover now