VII CAPITOLO

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Finito il pranzo, i ragazzi si riversarono alcuni a giocare a ping-pong nel cortile dietro la torre, e altri tornarono nelle loro stanze per sistemarsi o chiacchierare.

Sam e Jessie non fecero nulla di tutto ciò, o almeno fecero un mix. I due ragazzi si trovarono un posticino confortevole a fianco del ristorante, dove potettero parlare del più e del meno.

Sam era seduto a gambe incrociate per terra, mentre Jessie faceva avanti e indietro davanti al ragazzo, che scherzò:

-Ehi Jess, se continui così farai un buco nel terreno. Calmati, che succede?-

Finalmente la ragazza cessò la sua camminata e fissò lo sguardo in quello verde di lui.

-Sam, siamo qui da poche ore e questa sensazione mi sta uccidendo...è come... come...-

-...un pugnale nell'anima? È come se tanti aghetti ti si ficcassero nel petto facendoti soffrire in una lenta agonia?-

-Mi hai tolto le parole di bocca!- affermò la ragazza sedendosi di fronte al ragazzo, che le rivolse un sorriso infelice.

-Lo sento pure io, ma non capisco da dove venga, ma forse ho un'idea di quello che sia.-

-Che intendi?- domandò Jessie, e Sam si maledisse per aver rivelato tutte quelle informazioni.

-Ehm... intendo che... che intendo, Jess?-

-Dovresti dirmelo tu. Oggi non ti capisco.- Jessie allungò un braccio poggiando la mano sulla spalla di lui.

-Mi stai nascondendo qualcosa, e così non va bene, Sam.- lo sguardo di lei si fece d'un tratto serio. Odiava quando le persone a cui voleva bene le mentivano o omettevano cose sul loro conto. Per tutta risposta, il ragazzo si alzò annunciando:

-Ho bisogno di pensare.- e così si allontanò dalla ragazza, che non ci stava capendo più nulla.

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"Oh, per Samaniel, chissà cosa starà pensando Jessie..." le parole risuonarono nella mente di Sam, che stava camminando a passo spedito, forse per fuggire dal suo presente, davanti alle abitazioni. Amava come il vento gli accarezzava il ciuffo corvino, e soprattutto come gli pungeva la pelle al contatto con brezza pomeridiana.
Odiava mentire a Jessie, la sua migliore amica.

Aveva paura per lei, ma non poteva, non poteva assolutamente rivelarle la sua natura da Angelo Custode, né tantomeno dirle che lui era un Arcangelo.

Almeno, non per ora. Non era ancora pronta, e neanche lui lo era a dirglielo. Non voleva spaventarla dicendole che doveva proteggere un'umana. Appena compirà la sua missione diventerà un meraviglioso Arcangelo e probabilmente non si rivedranno più.

Sam aveva paura di perderla, e non avrebbe mai potuto lasciare che le succedesse qualcosa. Forse... forse il suo cuore centenario era stato rubato da quella ragazza...

-Aaaahh!!- la voce del ragazzo uscì dalle sue labbra senza neanche accorgersene.

-Per l'Angelo, Gaia!- imprecò Sam: la ragazza aveva fatto finta di inciampare e si era buttata addosso al ragazzo, che l'aveva presa agilmente stringendola nelle sue braccia, trattenendola per non farla finire per terra.

-Oh, Sammy, scusa, sono inciampata.- -Sì, certo, sulla navicella spaziale in miniatura situata ai nostri piedi.- l'apostrofò scettico il ragazzo.

-Esatto!- Gaia si mise davanti a lui e cominciò a carezzargli piano il petto, seguendo con lo sguardo le dita che affondavano delicatamente nella maglietta. Sam le afferrò il polso e lo spinse via bruscamente.

-Cosa vuoi da me?- domandò quindi, stizzito.
-Mhmh... suscettibile il ragazzo, oggi, eh? Io voglio solo passare un po' di tempo con il mio Sammy...-

Salvami, mio AngeloWhere stories live. Discover now