Capitolo 26

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Nano Denunciato?


Quando rientrai a casa sentivo la rabbia ribollire nelle vene, feci piano per non svegliare nessuno, e dopo essermi infilato il pigiama, andai in punta di piedi in bagno per lavarmi i denti, mi addormentai quasi subito. La testa era appoggiata sul mio cuscino morbido, mi accarezzai le nocche violacee e le misi sotto le coperte.

La mattina dopo ricevetti dei messaggi da Samuel: la macchina di Nano era stata ammaccata da alcuni sbirri, e quest'ultimo aveva litigato con i genitori e il fratello perché presto se ne sarebbe andato dal paese. Ora tutti sapevano quello che era successo. Samuel si rifiutava di parlare al fratello per via della sua disobbedienza, e nemmeno io gli avevo rivolto la parola.

Nessuno di noi tre aveva detto ai genitori della rissa la sera di Halloween, gli unici che sapevano della rissa erano Chiara, Carla e Guzmán. E forse Rebe ma non ero sicuro.


Così, quando quella mattina andai a scuola con una benda sulla mano, mentre ascoltavo musica con le mie freepik col filo (mio solito), mi beccai le risatine dei compagni e degli studenti, poco mi importava, non volevo pensarci, me ne andai dritto al mio armadietto per prendere i libri per la lezione che avrei avuto: lo avevo decorato lo sportello interno con delle fotografie, in queste c'ero io insieme a mia sorella, ai miei amici e alla mia famiglia. Le persone più importanti per me.

Ero così sovrappensiero che ero concentrato solo alla musica, quando improvvisamente qualcuno mi tolse le cuffie collegate al telefono


«Matt che buon profumo, possiamo parlare?» chiese una voce a me familiare, era Lucrecia, si trovava dietro di me, che diamine voleva? Mmmh, mi sembrava un sospetto «Senti, quello che hai visto l'altra sera alla festa è stato un errore e non voglio che tu abbia un'impressione sbagliata» spiegò, ahhhh, ecco perché era venuta, di solito io e lei non ci eravamo parlati quasi mai, questo spiegava tante cose.

Così mi voltai verso di lei interrompendo la musica e togliendomi le cuffie

«Hai infilato in bocca a tuo fratello la lingua fino alla gola» dissi cercando di stare calmo «Correzione, fratellastro, ma che strano perché non me lo ricordo, mi sa che ero troppo ubriaca» disse con un quel sorriso da santarellina, questa cosa non mi faceva ridere, così rimasi serio guardandola negli occhi

«Che devo fare per fartelo scordare a te?» chiese accarezzandomi la spalla, era Harry Potter con l'incantesimo dell'oblivion? Voleva farmi un trucco di magia per farmi dimenticare quello che avevo visto «Chiedimi quello che vuoi» «Stai cercando di comprarmi?» chiesi voltandomi verso l'armadietto «Non dirmi che non hai bisogno di niente o che non ti serve niente, si vede che hai bisogno di tutto» disse Lucrecia, beh, avevo già tutto quello che mi serviva, e se ne avessi avuto bisogno avrei aspettato del tempo per averlo.

Per quei ricchi era facile avere tutto

«Infilati i tuoi soldi dove sai» dissi tornando verso l'armadietto e lo richiusi girando la chiave, tornai alla sua conversazione aspettando una risposta «Si, senti, l'orgoglio è un lusso che solo noi persone di classe possiamo avere» disse guardandomi dritto negli occhi «Si, ma la superiorità è qualcosa che non puoi avere» dissi «E allora dimmi che cazzo vuoi» disse lei seria, feci un respiro profondo

«Voglio che ogni sera, prima di andare a dormire tu ti possa immaginare se il giorno dopo sarai l'appestata della scuola, se quando passerai per il corridoio ti guarderanno dall'alto verso il basso, se sparleranno di te, o se ti faranno sentire un animale strano» risposi senza battere ciglio.

Lucrecia sorrise «Mio re» disse mettendomi la mano sulla guancia, poi si avvicinò al mio orecchio «Se io cado ti trascino insieme a me hai sentito?» disse come se mi stesse minacciando «Io non posso cadere più in basso» dissi guardando il pavimento «Si hai ragione» disse lei.

Mi rifiutavo di farmi comprare da una santarellina come lei, era fuori discussione, almeno avevo qualcosa con cui ricattarla, certo, non sarei mai andato in giro a dirlo a tutti, Lucrecia sapeva che era una bomba che potevo lanciare da un momento all'altro, quindi era meglio fare attenzione


«Dimmi, quante ossa hai rotto al tuo amico?» disse una voce che mi terrorizzava, io e Lu ci voltammo, la domanda me l'aveva fatta Guzmán, era appoggiato alla parete con le braccia incrociate, Lu se ne andò, io non risposi e me ne andai prendendo lo zaino e le mie cose

«Mi fa piacere che tu abbia visto la luce Matt» aggiunse mentre gli passavo accanto.

Rimasi un po' da solo con i miei pensieri. Poi, dopo un lungo avanti e indietro andai a cercarmi un posto a sedere in classe e mi sedetti per stare per conto mio, tanto a breve sarebbe iniziata la lezione, poi improvvisamente sentii una conversazione tra Guzmán e Carla in cui parlavano di Nano, insieme a loro c'era anche Polo


«Come mai non lo denunci?» chiese lui «Mi ha appena toccata» rispose lei «E che fai, aspetti che ti uccida?» chiese «Benvenuto nella realtà di merda: quando una donna denuncia è la sua parola contro quella dell'uomo, la cosa più probabile è che non le credano, e poi l'ultima cosa che voglio è che torni in carcere ancora più arrabbiato con me di prima» rispose e il suo sguardo si incrociò col mio

«E perché mai dovrebbe essere arrabbiato con te?» chiese Guzmán «Cosa?» chiese Carla, Guzmán ripeté la domanda come se fosse sospettoso «Beh, ci odia tutti, forse ero la ragazza che tornava a casa da sola» disse lei.


La conversazione fu interrotta dall'arrivò del professore di letteratura, Thomas «Buongiorno ragazzi, ho i risultati dell'esame» disse, indistinguibile per la sua giacca grigia, gli occhiali e i capelli neri (alla mo' di Lucifer), ci distribuì i risultati.Ero andato molto bene, ero molto bravo in queste materie, Chiara, che era seduta davanti a me, la vidi che sorrideva «Andata bene?» chiesi sottovoce, lei annuì.


All'uscita, al posto di andare al veicolo della scuola e tornare a casa con mia sorella seguii Carla «Carla» dissi rincorrendola nel corridoio

«Che vuoi?» chiese come se non volesse vedermi «Volevo ringraziarti per non aver denunciato Nano» risposi «Senza prove non mi avrebbero creduta» disse lei, beh, non aveva tutti i torti «Non avrebbero creduto alle altre ragazze, la tua parola non vale come quella degli altri, tu sei ricca e figlia di una marchesa, questa è la realtà» dissi, mentre parlavo Carla non mi ascoltava, allora si voltò e mi portò dentro, più precisamente negli spogliatoi

«Se lo avessi denunciato sarebbe di nuovo dietro le sbarre, ma non lo hai fatto per me» aggiunsi «E tu hai quasi ucciso il tuo amico per me, dovremmo smetterla di fare cose l'uno per l'altra, smettiamola okay?» disse lei «Ma non è stata colpa tua» ricordai «Quando qualcosa va male sono sempre nel mezzo» disse con un velo di malinconia «Non lo è» dissi «E se lo fosse...» provò a dire ma la interruppi «No. Punto» dissi serio, Carla distolse lo sguardo da me «E come lo sai?» chiese

«Perché quando ti guardo, vedo che non faresti del male a nessuno» dissi con tutto il cuore che batteva a mille, lei appoggiò la testa al muro

«Si, hai ragione, devo essermi presa una cotta, mi succede spesso» disse Carla

«A me no» dissi. Ero sincero, prima di arrivare a Madrid non mi ero mai innamorato di nessuno «E se ci lasciammo andare?» aggiunsi. Carla si avvicinò a me e ci baciammo con passione mentre ero appoggiato al muro, lentamente le sbottonai la camicia «Non dovevamo farla finita?» chiesi «C'è ancora tempo, ma poco alla volta » disse lei togliendomi la cravatta «Per farla finita sei un po' troppo eccitata» notai

«Sono cose da ricchi» disse accarezzandomi i capelli e fummo travolti da una passione infuocata e bruciante.


Elité |❝La Vita Cambia❞|Where stories live. Discover now