Capitolo 2 LA GUARDIA DEL CORPO.

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Il militare mi sorrise ma io avevo un cattivo presentimento... <<Bene.>> Cominciò lui avvicinandosi alla penisola e terminando la bibita. <<Sono qui fuori, se hai bisogno di me.>> Annunciò porgendomi il bicchiere da dietro il bancone.  Lo guardai allontanarsi e dirigersi verso la porta.
<<Qua fuori?>> Chiesi. Lui, mano alla maniglia si voltò, ed io continuai a precisare: <<Una pattuglia della polizia viene qui ogni mezz'ora, fa il giro dell'isolato, controlla anche la spiaggia, ed il sistema di allarme è collegato con quello dell'accademia. Non so come si dice una specie di...>>
<<Sala controllo.>> Fece lui.
<<Sì, una cosa del genere.>> Feci non del tutto convinta.
Lui abbassò il capo, sorrise, mettendo in mostra le fossette ai lati delle labbra e fece un passo avanti: <<Signorina Crowfield, suo padre è stato molto chiaro, su questo punto. Dovrò... Come dire... Tenervi d'occhio, ecco.>>
<<Tenermi... D'occhio?>> Feci accigliandomi.
<<Beh... Sì. Per il fatto di quel ragazzo e della sua banda.>>
<<Accidenti, non posso crederci.>> Feci, guardando verso destra, appiccicando gli occhi sul frigo. <<L'ha fatto sul serio, allora.>> Dissi pensierosa. Nessuna risposta dal militare.
Lo guardai: <<E tu? Non dici niente?>> Chiesi in tono scortese.
Lui corrugò le sopracciglia scure e scosse un poco la testa: <<Cosa vuole che le dica, signorina?>>
<<Ma certo,>> feci, strizzando gli occhi, insinuando: <<tu ubbidisci solo agli ordini.>>
<<Esatto...>> Rispose guardandomi in maniera... strana?
No, interdetta.
<<Quindi adesso che si fa?>> Gli chiesi.
<<Con il vostro permesso, signorina Crowfield>> rispose dopo un attimo, <<vorrei dare un'occhiata alla casa.>>
<<Ancora!?>> Feci rasentando l'orrore.
<<Beh, la prudenza non è mi troppa, non credete?>> Commentò.
Sospirai pesantemente, feci il giro del bancone della cucina e lo scortai di sopra: <<Per di qua.>>
Salii le scale sulla destra, a sinistra rispetto alla porta finestra che dava sulla spiaggia e salimmo su. Alla nostra sinistra c'erano il bagno, a sinistra, la mia camera sulla destra e quella di mio padre subito vicino. Lo dissi al sergente.
<<Posso?>> Fece.
<<Veramente sono piuttosto schizzinosa.>> Feci io di rimando, indicando i suoi stivali con un cenno del capo. Lui piegò la testa verso sinistra, si chinò, se li slacciò e se li tolse; senza scarpe entrò in camera mia, dirigendosi verso la finestra. Dava sulla casa del vicino. La aprì, mise la testa fuori, controllò gli infissi interni e poi rientrò; la richiuse e poi lo pizzicai: <<Credi che possa entrare qualcuno, in volo, magari, da quella finestrella?>> Chiesi. Me ne stavo appoggiata con la spalla sinistra sulla porta, e lo guardavo divertita.
Lui si voltò, assunse una posa distaccata, mettendo le mani davanti a sé, una sopra all'altra e cominciò a dire: <<No, ovvio. Davo solo un'occhiata.>>
<<Bene.>> Feci in tono distaccato dirigendomi verso il centro della stanza e sedendomi su una delle poltroncine. <<Vi piace la mia libreria, sergente?>> Chiesi facendo ruotare la poltrona verso sinistra. Un'allegra e del tutto ordinata libreria, ornata da soprammobili e lucine faceva bella mostra sulla parete che confinava con la camera di mio padre.
Lui slacciò le mani e sì voltò verso la parete: <<Direi che vi si addice, signorina Crowfield.>>
<<Cioè?>> Feci strozzando una risata.
Lui si voltò verso di me: <<Molto semplice. Ma anche molto carina.>> Dischiusi le labbra e lui fece per allontanarsi verso la porta, superando la scrivania: <<Avete dei domestici?>> Aggiunse.
<<Certo. Con referenze. Di lei ci si può fidare. Viene quando sono a scuola. Dire volte la settimana, il mercoledì ed il venerdì. Stira i panni e fa le pulizie. Mangia qui e ci lascia spesso teglie di lasagne o altro. È italiana, una donna a modo e riservata, di cui ci fidiamo ciecamente. Laura.>>
<<Bene. Di sicuro in Accademia ne sapranno di più.>>
<<Immagino di sì.>> Dissi lentamente mangiandolo con gli occhi. Era davvero giovane. <<Quanti anni avete, sergente?>> Chiesi vinta dalla curiosità.
Lui sembrò stupito dalla domanda. Si girò lentamente, sulla porta, mi guardò intrigato e poi rispose: <<Ventuno, signorina Crowfield.>>
<<Davvero giovane.>> Feci squadrandolo interessata .
<<Sì. Dopo il liceo sono subito entrato nel corpo dei marines.>>
<<E... cosa vi ha spinto a farlo?>> Chiesi.
Lui sembrava addolorato, nel dire: <<Mio padre.>>
<<Oh.>> Feci senza indagare oltre. <<Bene!>> Feci scattando in piedi e cambiando tono. Mi infilai le ciabatte che avevo lasciato sotto la scrivania il giorno prima e lo raggiunsi alla porta. <<Buon lavoro, allora.>> Lo salutai.
<<Grazie, signorina Crowfield, sarò...>>
<<Lara.>> Feci. <<Basta con queste... Formalità, sì?>> Feci intrigata appoggiandomi come prima alla porta. Lui mi stava davanti proprio sotto di essa e cominciò a piacermi, quella vicinanza.
Lui scosse la testa, corrugando le sopracciglia e rispose in un sorriso teso: <<Lara, d'accordo, come volete. Sono qui davanti, qualora avrete bisogno di me.>>
<<Qui... Davanti?>> Chiesi.
Lui si stava infilando gli stivali da militare e rispose, mentre faceva scorrere il piede destro nello stivale: <<Sì, come mi ha ordinato vostro padre.>> Dischiusi le labbra e lo guardai senza capire del tutto. Lui intanto si infilò l'altro stivale e si avviò per le scale. <<Oh! Dimenticavo! Il vostro telefono?>> fece.
<<Il mio... telefono?>> Ripetei.
<<Sì.>> Fece lui bonario.
<<È... in salotto. Nella mia borsa. Perché?>>
<<Prego, allora.>> Mi fece cenno di precederlo di sotto. Mi accigliai, slegai la caviglia sinistra dalla mia posa e superandolo tornammo giù, nel piccolo e rettangolare salotto. Avevo abbandonato la borsa sul lungo divano a penisola e tirai fuori il telefono.
<<Volete controllare messaggi e foto? Ho più che altro roba per il mio Fantasy che sto scrivendo.>> Feci tenendolo ben stretto in mano. D'accordo, non era uno sconosciuto ma nemmeno un mio amico, perche consegnargli il mio telefono?
<<Oh, vi piace..- ti piace scrivere?>>
<<Sì, sono... indecisa sulla facoltà a cui iscrivermi, ma... Credo...>>
<<Giornalismo, magari. Harvard.>>
<<Sto ancora valutando le brochure dell'università in realtà.>> Feci ammiccando, stupita per il fatto che si fosse interessato alle mie doti da scrittrice in erba.
<<Fantasy, eh?>> Fece lui.
<<E romance.>> Aggiunsi.
<<Interessante.>> Aggiunse in un mezzo sorriso. Non era così male, del resto. Aveva mostrato interesse e tutto, era gentile e sembrava un tipo a posto, professionale e tutto il resto, finché non allungò la mano. <<Posso?>> Fece. <<Puoi sbloccarlo, gentilmente?>>
<<Cosa volete... fare, sergente? Davvero avete intenzione di...>>
<<Voglio solo assicurarmi che nessuno la stia spiando. Che nessuno ti stia spiando, Lara. Non leggerò i tuoi messaggi.>>
<<Beh, vorrei ben vedere.>> Feci secca sbloccando il telefono schiaffandoglielo in mano. Lui sorrise divertito.
Ancora quelle benedette fossette.
Si passò una mano sul viso, sotto il naso, per la precisione, come volendosi lisciare i baffi che non aveva. Aprì il menù e fece scorrere la pagina con le app: Wattpad, Goodreads, Amazon... I social...
<<Sui social hai mai ricevuto commenti strani o... minacce?>> Mi chiese intento a spiare nella mia vita privata.
<<No.>> Feci interdetta.
<<Ottimo. Una cosa in meno a cui pensare.>>
<<Chi sei, il figlio del tenente Colombo?>> Gli chiesi con difficoltà a nascondere un sorriso.
<<Una sorta, sì.>> Rispose. <<E comunque, vista l'età, tecnicamente dovrei essere suo nipote, e non figlio.>>
<<Ooh, quindi io e voi, sergente, abbiamo un interesse in comune.>> Feci.
<<A quanto pare.>> Disse lui in un cenno del capo.
Abbassai lo sguardo e così vidi che aveva aperto la schermata delle chiamate e stava come componendo un numero.
<<Avete bisogno di chiamare qualcuno?>> Feci.
Lui alzò lo sguardo: <<Oh, no, niente affatto. Ti sto lasciando il mio numero.>> Disse come se quella fosse una cosa del tutto naturale.
<<Il tuo... numero?>> Chiesi inebetita.
<<Sì, beh, nel caso... Avessi bisogno... Di qualcosa.>> Fece lui con tutta semplicità.
Rimasi.letteralmente.senza parole.
<<Ecco fatto.>> Fece. <<L'ho salvato come Max. Sai... Nel caso in cui te lo rubassero... Vorrei restare anonimo.>>
<<Anonimo?>> Feci scoppiando a ridere.
<<Fammi uno squillo, per sicurezza.>> Ordinò in tono calmo. Mi riappropriai del mio telefono e guardai il numero. C'erano tanti "8", lo stesso giorno in cui ero nata. L'otto dicembre. Schiacciai il tasto per chiamare ed il suo telefono squillò vibrando. Lui se lo sfilò da una tasca interna della giacca. <<Perfetto.>> Fece. Misi giù la chiamata e lui si salvò il numero.
<<Come lo salverai, il numero? "Figlia del mio capo"?>> Lo punzecchiai.
Lui sorrise, attese prima di rispondere e poi disse: <<Penso che "Lara" andrà benissimo.>> Ammicco'.

La ragazza e l'ufficiale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora