Chapter 11

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Volevo affrontare con fermezza l'argomento ma ero consapevole che la paura di essere giudicata e di essere incompresa, cosa che con mia madre succedeva spesso, potesse frenarmi da dire la verità. Axel stava guidando verso casa mia e sinceramente ero tentata di dirgli di cambiare strada e andare da qualsiasi altra parte. Non ero più molto sicura di parlare a mia madre Elsa, anche chiamata regina dal cuore di ghiaccio. Lo guardai di tanto in tanto intenta a parlare ma alla fine non lo feci mai. Ero consapevole che sarei risultata scorbutica con lui che non se lo meritava. "Siamo quasi arrivati" mi disse. Picchiettai il mio indice sulla mia coscia e poi lo ringraziai continuando a fissare la mia mano. Lui ridacchiò e poi "grazie per?" Disse. Dopo quella affermazione alzai lo sguardo verso di lui "grazie per tutto. È da questa mattina che mi stai aiutando"
Risposi accennando lievemente a una risata. Lui ricambiò e poi spense la macchina. Scendemmo e appena arrivammo davanti la porta di casa Axel mi prese la mano e mi sentii più sicura di affrontare mia madre anche se sapevo che mi avrebbe sgridata e non mi avrebbe fatto uscire per settimane. "prima di entrare" iniziai girandomi verso Axel "Quel Grazie non basta a esprimere tutto quello che tu hai fatto per me in questi giorni. Tu mi hai soccorso sul pullman e mi hai salvato da una macchina che stava per investirmi, mi hai fatto compagnia al pronto soccorso. E si sei stato uno stronzo" dissi prendendo un respiro profondo "sei sparito". Lui mi guardò provando vergogna ma io scossi la testa "non sentirti in colpa...sei tornato e hai saltato la scuola per venirmi a cercare, mi hai ascoltato, ti sei scusato e mi hai tenuto compagnia e ora sei ancora qui a sostenermi. Chi mai avrebbe fatto tutto questo per un' estranea?".
Lui mi sorrise e si avvicinò a me: ora eravamo fronte a fronte a pochissimi centimetri di distanza. "Lo sai che per me non sei mai stata veramente un' estranea" mi disse a un soffio dalle mie labbra " ti avevo notato da molto prima, sai non passi per niente inosservata con le tue cuffie bianche e un libro spesso poggiato sulle gambe. Mi hai colpito fin da subito perché ho visto che eri diversa dalle altre, e sinceramente spero di averlo notato solo io". Che significava tutto quello? Dove voleva arrivare? Non ero pronta a sentire altre parole simili uscire dalla sua bocca nonostante mi facesse piacere sentirle. Inoltre l'estrema vicinanza con Axel stava iniziando a farmi desiderare qualcosa che in quel momento non potevo.
Le sue labbra.
Per fortuna mia madre aprì la porta e la distanza tra noi si annullò subito. Non ci salutò o parlò. Stava lì come un soldato mentre pensava a tutte le cose brutte che voleva dirmi. La vedevo già pronta a puntare il suo mitra al mio cuore per spezzarmi il cuore e farmi cadere in un mare di lacrime. Dopo minuti eterni fece un passo indietro e noi la seguimmo. Iniziò a parlare con Axel facendolo accomodare al grande tavolo posto nel centro del salotto. Era una stanza ampia ma vuota, priva di vita. Decisi di mettermi il più lontano possibile e proprio mentre mi accomodavo mi chiese con tono pieno di giudizio: "Perché ti sei comportata così questa mattina? Eh Ariadna? Sempre se hai una motivazione a tutto questo. Ti sembra normale, scappare così facendomi preoccupare?" Ecco, ora volevo scappare un'altra volta ma nella mia cameretta. Era sempre stato il mio posto sicuro. Guardai Axel, l'unica mia sicurezza in quel momento, e mi alzai in piedi. Non sarei scappata quella volta. "Questa mattina ero convinta di salire sull'autobus e ero certa che non mi sarei spaventata ad ogni curva e a ogni incrocio. La paura, però, mi ha travolta e quando ho visto che il pullman si stava fermando sono corsa via. Per un attimo ero decisa a tornare indietro poiché mi dispiaceva non essere riuscita a vivere positivamente quell' attimo ma mi sentivo impotente e così ho deciso di andare nel mio posto preferito..." e continuai raccontando tutta la vicenda a mia madre. Cercai di farle capire cosa percepivo dentro, come il mio corpo e la mia mente mi dicevano di andare a scuola ma il mio cuore mi diceva di andare a rifugiarmi nel parco così da liberarmi di tutti i miei problemi. Ovviamente questo non bastò a placare l'ira di mia madre.
"Posso anche capire le tue preoccupazioni tesoro,
ma non sono una giustificazione.
Sono sicura delle tue paranoie ma sono anche convinta che tu abbia voluto saltare la scuola e che questo tuo comportamento da ribelle sia prevalso. Per questo per una settimana, dopo che sarai tornata da scuola con il bus, resterai a casa e non potrai uscire". Non ci vidi più dalla rabbia e scaraventai la sedia più vicina a me a terra.
Sentivo le lacrime arrivare, intente a uscire ma decisi di ricacciarle dentro. Non dovevo piangere adesso. Ero intenta a tornare in camera ma Axel mi tenne ferma per un braccio e mi prese in disparte. Si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò "sei consapevole di quello che ti ha appena detto? Non pensavo ti arrendessi così facilmente". Non gli risposi, semplicemente alzai lo sguardo per fargli capire che se avessi aperto bocca sarei scoppiata a piangere e così lui tornò in salotto e iniziò a parlare con mia madre:  "Mi scusi Elsa ma non credo sia opportuno punire sua figlia e soprattutto non mi sembra il caso di farla tornare su un mezzo che ore le trasmette ansia. Anzi, trovo assurdo che proprio questa mattina lei abbia deciso di portarla alla fermata senza preoccuparsi di come potesse stare sua figlia. È tanto difficile capire che ha solo bisogno di un po' di tempo per riprendersi dall' accaduto?" Non feci in tempo ad aprire bocca che mia madre parlò "avrai anche ragione ragazzino, ma è giusto che mia figlia si renda conto che non può saltare scuola così frequentemente e soprattutto deve farsi passare presto questa storia dell'autobus. Perciò bisogna solo trovare qualcuno che le faccia passare questa paura". Sentendo quelle parole percepivo solo la voglia di urlare ma mi contenni. Stavo per andarmene in camera, stufa di tutto quello che stava accadendo, ma poi sentii tre parole che mi fecero sorridere involontariamente.
"Ci penso io" disse infatti, Axel.

MisunderstoodWhere stories live. Discover now