V

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Roma dava un po' l'impressione di essere lì, nuda e cruda ai loro piedi.
Mentre tutto si muoveva frenetico, loro avevano fermato il tempo.

Monte Ciocci era un po' il luogo del cuore di Joseph, uno di quelli per cui sopportava il traffico della città con i suoi clacson imperterriti.

Lui lo sapeva bene, quella era l'ora perfetta in cui i turisti si dileguavano nelle osterie e i ragazzini tornavano a casa per cena.
L'ora perfetta per dirsi tutto con i silenzi, perché il cielo sopra Roma, parlava un po' da sé.

«Te piace?»  domandò, un po' intimorito dalla risposta. Quello era il suo posto e renderlo a lei voleva dire mostrarle uno squarcio di tutte le sue vulnerabilità.
«E me lo chiedi?» rispose facendo un leggero salto nell'accomodarsi sul muretto retrostante.
«Vie' qua che c'ho paura» la avvicinò a lui, fingendo una pericolo che in realtà non c'era.
«Esagerato» lo prese in giro accoccolandosi contro il suo petto, «un po'» rise nel suo orecchio.
«Mati'» le sussurrò ancora, «mo te posso bacia'?» domandò di nuovo.

Occhi dentro occhi e tanta, forse troppa, esitazione. 

Si scrutarono per secondi travestiti da ore. Poi le loro bocche scelsero di seguire il percorso naturale dell'improvviso.

Quando le labbra si sfiorarono un sorriso spontaneo li colse. L'attimo successivo, Matilde mise prepotentemente a tacere l'indecisione e unì definitivamente le loro labbra.

C'erano solo loro e i respiri che si spezzavano, loro e mani che si cercavano.

«Stai a morì de freddo» notò lui sfiorandole le cosce tremanti.
«Andiamo a casa, sì?» un altro bacio fuggitivo, prima di avviarsi lungo la strada.

«Prima te volevo fa vedere un altro posto» deviò la strada di casa.
«Cioè?» domandò «eh 'mo vedi» rispose facendola sbuffare dalla curiosità.
«È una cosa bella» la rassicurò accarezzandole la guancia. «Mi fido» posò la mano sulla sua, prendendo a giocare con il braccialetto in oro bianco che gli fasciava il polso.

«Arrivati» parcheggiò difronte ad un edificio immacolato, un po' periferico rispetto ai luoghi che Matilde era solita frequentare.
«Vieni, saliamo» Le aprì la portiera, sorridendo compiaciuto per il suo sguardo sorpreso.

Senza esitazioni le afferrò la mano, mentre con l'altra componeva il codice d'entrata. «Ma è casa tua?» le venne allora spontaneo domandare «'na specie» si sentì rispondere.
Fu non appena varcata la soglia d'entrata che capì.

Era il suo studio di registrazione.
E lui l'aveva portata proprio lì, a casa sua.

«È qua che passo tutte le mie giornate di solito» iniziò a raccontarsi prendendo posto sulla poltrona girevole.
Lei prese a guardarsi intorno, non azzardandosi a toccare niente.
Poi notò a qualche metro di distanza un divano letto ancora sfatto ed una felpa gettata ai suoi piedi «Dormi qui?» domandò allora.
«Sì, me capita spesso» annuì «altrimenti?» chiese a quel punto «altrimenti c'ho un'altra casetta dalle parti tue» rispose ricordandole quanto già detto e dimenticato la sera precedente.
«Ammazza» le venne spontaneo esclamare, facendolo scoppiare a ridere «Viè qua, ammazza» la attirò a se', posticipando ancora una volta tutte le domande.
«Te bacerei tutto il giorno Mati'» disse a un palmo dalle sue labbra, mentre con una mano le scioglieva i capelli.
«E perché non lo fai?» lo provocò mentre i petti si scontravano.

«Perché se te bacio qua, un po' ti condanni a diventare la mia Musa»
Quello era un luogo sacro e lei la sua madonna.
«mhmh» annuì, annullando ancora una volta tutte le distanze.
Fu automatico per lei abbandonarsi alle sue labbra. Sembrava come un obbligo, un compito dal quale non sarebbe mai stata assolta.
Dovevano toccarsi, percepirsi.

Ed era incredibile quanto il tempo si espandesse senza chiedere permessi mentre le sue mani vagavano dentro al vestito e la sua testa si piegava buffamente all'indietro.

«Mati'»  la richiamò. «Eh?» chiese staccandosi a fatica dal suo corpo.
«Te accompagno a casa che sennò famo na brutta fine».

Prospettive /Holden/ Where stories live. Discover now