14 - Novizi

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-Sei sicura di non voler restare?-

-Sicurissima. Ho detto ai nonni che sarei tornata per cena.-

Maira si sporse in avanti sulla soglia di casa e strinse Katherine in un forte abbraccio. -D'accordo allora. Grazie per l'aiuto, non ce l'avrei mai fatta senza di te. Ci vediamo a scuola.-

Trix le baciò affettuosa una guancia. Non era molto espansiva, spesso la tratteneva dall'esserlo la paura di sentirsi in imbarazzo. Ma conosceva May da molto tempo e quando erano sole, loro due, si sentiva un po' più libera nel concedersi gesti fisici di quel tipo. 

Rimasta sola, il sole ormai al tramonto, Maira chiuse la porta d'ingresso, fece il giro a controllare le finestre, e canticchiando salì al piano di sopra. Scelse la sua playlist preferita su Spotify e si infilò sotto la doccia, lasciando aperta la porta del bagno. Adorava essere da sola in casa perché poteva fare cose di quel tipo: cantare a squarciagola sotto la doccia, tenere la musica a tutto volume, disseminare vestiti qui e là, ballando, impugnare la spazzola fingendo di essere Taylor Swift a un concerto in qualche Paese esotico oltreoceano. 

Rimase sotto l'acqua finché non sentì la pelle raggrinzirsi, e quando uscì si avvolse nel morbido accappatoio di spugna e tornò scalza in camera da letto, lasciando le impronte bagnate sul tappeto del corridoio. Si lasciò cadere sul pouff rosa e, ancora canticchiando tra sé e sé, uscì da Spotify per guardare le notifiche. 

Nel breve passaggio tra un'applicazione e l'altra, nel silenzio inquieto che calò sulla casa sentì distintamente un rumore al piano di sotto. Ebbe un tuffo al cuore e si raddrizzò di scatto sul pouff, stringendo forte il cellulare al petto. 

Aveva chiuso tutto prima di salire, non poteva essere un colpo di vento. 
Forse se lo era immaginato?
Deglutì a vuoto, alzandosi e raggiungendo lentamente la porta e poi la balaustra sulle scale di legno, guardando giù, verso il salotto. Sul tappeto persiano, lo vedeva da quell'altezza, c'erano ancora tracce dei glitter del suo costume. Sua madre l'avrebbe ammazzata se non fosse riuscita a toglierli, ma quel pensiero fu stranamente confortevole in quel momento. Avrebbe davvero voluto che sua mamma fosse lì a sgridarla, in quel momento. 

Si sgridò: non c'era nessuno in casa. 

Probabilmente aveva lasciato una finestra socchiusa e il vento...

Sobbalzò, sentendo brividi gelidi di panico attraversarle la schiena. Stavolta lo aveva sentito distintamente: il rumore di una porta che si chiudeva e poi di un oggetto di metallo che sbatteva su qualcosa... forse il marmo della cucina? 
Era possibile che i suoi genitori fossero tornati prima? 

-Mamma?- Chiamò, impaurita e incerta, sentendosi stupida subito dopo. Non riusciva a ragionare lucidamente, e seppe con assoluta certezza che quello che dicevano, circa la lucidità che ipoteticamente verrebbe fuori negli esseri umani nel momento di panico, era una fesseria. Almeno, lo era nel suo caso. 

Cominciò a scendere le scale, mentre faceva il numero della stazione di polizia di Templewood: a quell'ora, Carl Lowell si stava sicuramente preparando per andare a casa, ma qualcuno ci sarebbe senz'altro stato per rispondere al telefono, no? 

-Mamma?- Chiamò di nuovo, pensando che forse, se anche fosse stato un ladro, sarebbe fuggito sentendo che c'era qualcuno e che qualcun altro sarebbe potuto arrivare. "Non essere idiota" la sgridò una vocina nella testa che somigliava terribilmente a quella di Katherine. "Avevi la musica a tutto volume, sanno già che sei in casa. E probabilmente a questo punto sanno anche che sei sola". 

E se fosse stato il ladro che aveva attaccato Mary Bennett? 

Ormai era arrivata in fondo alle scale. Posò leggera un piede sul tappeto, saltando l'ultimo gradino che scricchiolava, e si premette contro il muro. Le sudavano le mani, ma adesso riusciva a vedere impronte di fango e terra sul pavimento, all'ingresso della cucina: qualcuno era entrato in casa, probabilmente passando dalla porta sul retro. 

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