8 - Emporio Bennett

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Il tragitto fino alla scuola era effettivamente breve, ma alle 7 del mattino cinque minuti valgono quanto un'ora. Soprattutto per una studentessa impegnata a cercare di essere la migliore del corso, non tanto (o quantomeno non solo) per ambizione personale, quanto perché aveva bisogno di un punteggio solido se sperava di entrare a Oxford. 

La Volvo di Daniel era pulita e c'era un piacevole profumo di dopobarba che impregnava l'ambiente senza diventare soffocante. L'auto suonò quando partirono e Trix si affrettò a mettersi la cintura, poi scartò il suo sacchetto di caramelle.

-Allora avevo ragione.-

-Come?-

-Era la tua colazione.- Fece lui, accennando con la testa al suo sacchetto e poi tornando a guardare avanti, un mezzo sorriso sghembo sulle labbra piene. Katherine, approfittando del fatto che teneva gli occhi incollati alla strada, si permise di guardarlo un po' più a lungo. Era bello, aveva i tratti definiti, labbra che sembravano cesellate, la barba rasata di fresco e quei capelli che, sempre un po' spettinati, gli donavano un'aria distratta e, beh, attraente. 

-Fai sempre colazione con i marshmallow?- Ripetè lui, senza dar mostra di aver notato che lo stava fissando. Katherine mise in bocca una manciata di caramelle e annuì. 

-Non ho tempo di mangiare nel vero senso della parola.-

Non era propriamente una bugia, ma non per questo era la verità. Katherine non era una gran mangiona ma era piuttosto golosa e i marshmallow erano il suo punto debole. 

-Ah-ah.- Annuì lui, ma la stava prendendo in giro e il suo sorriso lo rivelava senza alcuna vergogna. Trix si stizzì. 

-Il fatto che tu abbia derubato il mio negozio e che ora stia cercando di ripagarmi non ti dà il diritto di commentare le mie abitudini alimentari. Noi non siamo amici.-

-Non mi permetterei mai di commentare le abitudini alimentari di chicchessia- ribattè Dan, ma il suo sorriso non accennò a sparire. -Solo mi incuriosisce che tu ritenga i marshmallow una colazione equilibrata.-

-Sentiamo, cosa mangia il signorino a colazione? Uova e caviale?-

Daniel rise, sinceramente divertito. E anche stimolato dal battibecco. -Non mi è mai piaciuto il caviale, a dire il vero. E le uova le preferisco a cena. A colazione mangio pancake con lo sciroppo d'acero, o il porridge, quando c'è.- La guardò di sbieco. -La cuoca è inglese.-

Katherine alzò gli occhi al cielo. -La cuoca. Certo.-

Dan non commentò, accostando davanti alla grande cancellata della Templewood's High School. -Eccoci.-

-Grazie.- Borbottò Trix, e fece per aprire la portiera ma Daniel si sporse su di lei e allungandosi con il braccio impugnò e fece scattare la serratura. Katherine era rimasta impietrita: il profumo del suo dopobarba era molto più forte, ora, e il suo braccio abbronzato le aveva sfiorato lo stomaco trasmettendole la sensazione inaspettata di una scarica elettrica, come se avesse toccato del metallo indossando i suoi stivali isolanti. Trattenne il fiato, mentre lui si tirava indietro. Non aveva mai smesso di sorridere e Trix non era certa di sapere se trovasse quella smorfietta sghemba più irritante o seducente. Quell'ultima parola le rimase impigliata nella mente e le lasciò un retrogusto amaro in gola. 

-Un vero gentiluomo avrebbe fatto il giro dell'auto e avrebbe aperto la portiera da fuori.- Osservò, parlando veloce in un unico soffio di fiato, come a voler ristabilire l'ordine, e la distanza. Daniel rise: -Passo a prenderti alle due.-

***

Quando Daniel tornò all'emporio, si rese immediatamente conto che gli orari a Templewood erano più che altro "una traccia": fuori dalla porta c'erano già due o tre ragazzini delle medie, che entravano a scuola più tardi, in attesa di comprare la merenda; dietro di loro un paio di signori che si lamentavano perché "a quell'ora Mary Bennett aveva già aperto da parecchio" e "entro breve i giornali avrebbero perso d'utilità" e una donna di nome Nancy Dalton vestita con un tailleur elegante rosso fuoco che ticchettando con i tacchi fece presente a tutti e a nessuno che sarebbe arrivata in ritardo in ufficio se "qualcuno non si fosse mosso a mettersi al lavoro". 

Non ci voleva un genio a comprendere che tutta quella gente era al corrente del fatto che l'emporio avrebbe riaperto quel giorno e che ci sarebbe stato niente meno che il furfante che aveva assalito Mary Bennett dietro il bancone. Erano tutti lì per controllarlo, per osservarlo, per fare del pettegolezzo e, potenzialmente, anche per dargli una gomitata non appena ne avessero avuto l'occasione. 

Ma entro l'ora di pranzo, Daniel Cooper aveva conquistato il cuore di quasi tutti gli avventori dell'emporio. Era sorridente, gentile, caparbio e sembrava leggere nella mente di chi aveva di fronte: consigliò il giusto fertilizzante per le rose della signora Dawson, seppe rispondere all'indovinello machiavellico dell'anziana mrs Lovedall, insegnante in pensione, riuscì a far ridere Betty Lowell, che nell'ora di pranzo avrebbe raccontato della splendida impressione che aveva avuto di "quel giovanotto" all'incredulo Carl, e convinse il signor Brook, che gestiva la pompa di benzina di fianco all'emporio, a bere un caffè a meta mattina, al posto del bicchiere di bianco che si sarebbe fatto con il signor Banks in un'occasione normale. 

Le vecchie signore rimanevano affascinate da quel suo modo educato e galante di fare, e i ragazzini erano divertiti dal fatto che sembrava sapere tutto sulle ultime novità in materia di carte collezionabili dei cartoni animati. Gli uomini avevano avuto maggiori remore, ma Daniel era un esperto di baseball e football, e mostrò di disprezzare in modo adeguato gli infiniti lavori sulla Interstate che passava intorno a Templewood, perciò nel complesso, venne accettato. 

All'ora di pranzo Bart Bennett si era ormai convinto che il giovanotto fosse in grado di tenere effettivamente aperto l'emporio da solo, e borbottando gli disse che la trattoria lì di fronte era ottima. La gestivano i coniugi Banks, che aveva già conosciuto in mattinata. Bart gli consigliò un piatto: coniglio con le patate. Daniel sorrise ringraziando educato, girò su "chiuso" la targhetta alla porta del negozio e uscì, raggiungendo il locale dei Banks. Non ordinò coniglio, però: chiese una bistecca al sangue e bevve un bicchiere d'acqua, tenendo d'occhio l'orologio. 

***

Quando la campanella suonò, Katherine si attardò a sistemare le sue cose dentro lo zaino, ignorando il battito accelerato del cuore che pareva volerle mettere fretta. Era curiosa di scoprire se quella frase con cui Cooper l'aveva salutata quella mattina fosse stata una mera provocazione oppure no. 

La sua mattinata era stata decisamente meno fruttifera di quella di Daniel. Era riuscita a correggere la tesina e l'aveva consegnata con un buon presentimento, ma per il resto era stata distratta e aveva fatto fatica a concentrarsi. Aveva dovuto rispondere a innumerevoli domande sul furto e su sua nonna, e lungi dal sentirsi lusingata da tanto interesse aveva finito per esserne infastidita. In buona parte magari era preoccupazione certo, ma c'era anche una gran dose di pettegolezzo e Katherine detestava che si sparlasse - in qualunque modo - della sua famiglia, dei suoi affetti o dei suoi affari, più generalmente. 

-Trixie andiamo?-

Maira Thompson era bionda, simpatica ed educata, ed era a tutti gli effetti la sua più cara amica in città. Era una cheerleader, ma in verità era un hacker con i controfiocchi: un vero asso dei computer, una piccola nerd nascosta dietro due paffute guance rosate e una cascata di boccoli biondi. Erano molto diverse, Maira e Trix: bionda l'una e mora l'altra, espansiva e sorridente la prima, introversa e piuttosto seria l'altra. Di contro c'era che Maira aveva la tendenza a non prendere mai niente sul serio, nemmeno sé stessa, cosa che poteva diventare un po' irritante a lungo andare. Katherine era molto più posata e affidabile. Quindi nel complesso si coniugavano bene. 

Uscirono a braccetto, ma Katherine si bloccò non appena messo piede sul gradino che dal cortile portava all'uscita. 

La Volvo metallizzata era parcheggiata proprio di fronte al cancello e Daniel Cooper era poggiato al cofano, come quella mattina, gli occhiali da sole addosso e il cellulare tra le mani. Non sembrava aver freddo nonostante il vento pungente che costringeva gli studenti a stringersi nei loro cappotti pesanti; Dan se ne stava lì, con la sua giacca di pelle e le caviglie placidamente accavallate, i jeans scuri con quegli strappi sulle ginocchia che sembrava apprezzare particolarmente e l'aria rilassata di chi ritiene assolutamente normale stazionare fuori da un liceo in attesa di una ragazza. 
Di quella, ragazza.

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