La cacciatrice

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Cristina accese la luce del bagno e si chinò per accarezzare i baffi di Bradipo. «Sei il gatto nero più bello del mondo.» Gli baciò la testa. «E anche il più pigro. Sbadiglieresti perfino di fronte a un topo, vero?»

Bradipo si sdraiò sul tappeto azzurro ai piedi del bidet e chiuse gli occhi.

Cristina si sedette sulla tavoletta del water, si sfilò l'elastico dal polso e si legò i capelli biondi. Recuperò l'iPhone nel tascone della felpa rossa e rispose alla chiamata di Slash. «Che vuoi? Sto facendo la pipì.»

Slash emise un paio di versi ambigui. «Mmh... bionda...»

Cristina non capì se si stesse accendendo una sigaretta, o masturbando, o facendo entrambe le cose. «Ecco, mi sono bloccata!» Sbuffò. «Mi dici che vuoi?»

«Voglio solo dirti tanti auguri.»

«Me l'hai già detto stamattina e oggi pomeriggio.»

«E voglio chiederti se, adesso che hai sedici anni, ti va di mollare tutto, prendere le chitarre e trasferirci in America.»

«America?!» Roteò gli occhi. «Ho solo compiuto sedici anni, non ho mica scoperto che Elon Musk è mio padre.»

«Ok, allora usciamo a festeggiare: beviamo un drink o... facciamo altro

Cristina non sarebbe stata interessata a fare altro con Slash neanche se fosse stato davvero il chitarrista dei Guns N' Roses e non un sedicenne che si sforzava di somigliargli parecchio. «Credo che festeggerò andando a letto e sognando Jennifer Lawrence come ogni notte.»

«Be', se tu e Jennifer avete bisogno di una mano o—»

«Notte, Slash.»

«Aspetta! Saltiamo la prima ora, domani?»

Cristina trattenne una risata e tirò lo sciacquone. «È il primo giorno di scuola, domani.»

«E allora?»

«Notte, Slash.»

Cristina spense la luce del bagno e avanzò nel buio. Non aveva bisogno di guardare dove mettere i piedi: viveva in quel monolocale da due anni esatti, il letto distava nove passi dal water, e non c'era nulla che potesse calpestare, a parte la chitarra abbandonata come sempre ai piedi del comodino e le palline di stoffa di Bradipo sparse ovunque.
Scansò la chitarra, s'infilò sotto le coperte e diede un'occhiata all'orario: nove e ventitré.
Posò l'iPhone sul comodino e lanciò un'occhiata alla finestra: sua madre era là fuori e non sarebbe rientrata prima dell'alba. Chissà quanti vampiri aveva impalato. E chissà quanti non era riuscita ad ammazzare permettendo che continuassero a scorrazzare per le vie del centro di Potenza e che sbranassero un ubriaco, un barbone, o qualsiasi vivente avesse avuto la sfiga di attraversare il vicolo sbagliato.

Cristina ebbe l'impulso di alzarsi e raggiungere la finestra per dare un'occhiata al piazzale della chiesa di San Gerardo, ma lo represse, memore dell'ultima volta che si era affacciata ed era incappata in un vampiro che stava pisciando e che l'aveva invitata a scendere in strada ad aiutarlo perché non riusciva a rimetterselo nelle mutande.

Cristina chiuse gli occhi e iniziò a pregare: non sapeva a quale Dio, ma pregò che la madre rientrasse all'alba sana e salva, che non ci fossero vampiri nel loro futuro e che potessero vivere una vita normale, magari come quella di Slash: una vita in cui ci si deve preoccupare solo di non fare troppo schifo a scuola e di suonare bene l'assolo di November Rain.
E così riuscì a rilassarsi fino a immaginare i nei sul collo e sul petto di Jennifer Lawrence. Concentrarsi su un dettaglio come un neo rendeva Jennifer più vera, più vicina, più reale. Gli occhi di Jennifer. Le labbra di Jennifer—

Un botto esplose in casa. La finestra andò in frantumi e un sasso rotolò ai piedi del letto.

Cristina ghermì l'iPhone, si rannicchiò sotto le coperte e chiamò la mamma, ma non ottenne risposta. E allora la chiamò ancora, e ancora, e ancora, ma niente: nessuna risposta.
Non poteva restare lì in eterno, ma neanche muoversi: tremava, dominata dalla paura.
Fece dei respiri profondi e iniziò a ripetere un verso di Headfirst for Halos dei My Chemical Romance: «Think happy thoughts, think happy thoughts...» Strizzò gli occhi. «Trova un pensiero felice, Peter Pan.» E finalmente il collo di Jennifer tornò a farle visita, e riuscì a sfilarsi la coperta dal viso e ad abbandonare il letto e l'iPhone.
Si chinò per raccogliere il sasso sperando fosse legato a un messaggio come in uno di quei vecchi film e che ci fosse scritto qualcosa che riuscisse a convincerla che fosse solo un brutto scherzo, ma non c'era nessun messaggio. Non era un film né uno scherzo. Era tutto vero.

Inspirò a fondo. «Un pensiero felice. Basta un solo pensiero felice.»

Le mani di sua madre, le carezze, gli abbracci e le risate quando fuori c'era il sole e non doveva scappare a salvare il mondo.
Tornò a muoversi, si avvicinò alla finestra quel tanto che bastava per vedere di sotto, e credette che il cuore le fosse balzato in gola e fosse rimasto incastrato impedendole di respirare: una giovane ragazza dai lunghi capelli castani, vestita di bianco come una sposa in un film porno, stringeva tra le braccia una donna bionda, vestita di pelle nera come una... cacciatrice.

Cristina scosse la testa, la bocca aperta incapace di pronunciare anche solo una sillaba, lo sguardo bloccato sul collo della donna bionda, piegato verso destra, troppo piegato verso destra: una posizione innaturale per una persona viva, ma del tutto normale per una a cui lo avevano appena spezzato, il collo.

«Ti do trenta secondi per uscire di casa.» La voce della ragazza era calma come quella di un pilota che comunica l'atterraggio. «O esci, o tua madre morirà.»

Quindi era vero: la donna bionda era sua madre, quel collo era di sua ma—

Il cuore di Cristina si fermò di colpo, e sempre di colpo riprese a battere tanto forte da poter sfondare la cassa toracica, schizzare fuori dalla finestra e schiantarsi giù in strada; ma restò al suo posto e le permise di tornare a respirare, come fosse stata sott'acqua per un paio di minuti.
Il sasso le cadde dalla mano e gli occhi le si gonfiano di lacrime. «Dio, cosa cazzo è successo?»

La ragazza schiaffeggiò il volto della cacciatrice. «Tua madre è solo svenuta.»

«Stronzate!» urlò Cristina. «È morta!» Tirò su col naso e un pensiero folle la colse come un fulmine: e se invece stesse dicendo la verità e stessi solo mettendo in pericolo la vita di mia madre?

Cristina si fiondò verso la porta e corse lungo il pianerottolo e le scale. Oltrepassò il portone e qualcosa le tappò il naso e la bocca: era un panno bianco e aveva un odore dolciastro. Gli occhi le si chiusero... lo zucchero filato... il collo di Jennifer Lawrence...

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