3. La Pioggia e L' Arcobaleno

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Mentre Jules ritornava a casa, accompagnato da un pulmino giallo, la prima cosa che notò fu il cielo grigiastro, coperto da spesse nuvole che, presto o tardi, avrebbero versato lacrime in gran quantità sulla loro cittadina.
"Eppure stamattina c'era il sole" pensò, con un gomito poggiato sul finestrino in fondo. "Forse sarà successo qualcosa se il cielo sta per piangere".
Seduto da solo sugli ultimi sedili -dalla pelle rossiccia così divelta e consunta da riuscire a tastarne la gommapiuma morbida sottostante- ammirava malinconico il panorama che gli sfrecciava davanti, come se stesse scappando. L'omino nella sua testa, poi, non smetteva di saltare gli ostacoli e correre quanto più veloce possibile per mantenere il passo! Doveva pur trascorrere il tempo in qualche modo, siccome la sua era una delle ultime fermate.

Lily, appollaiata tranquilla sulle sue ginocchia, fissava l'orda di testoline che si muovevano agitate sui sedili davanti, tutti occupati da altri bambini che sparlavano, urlavano o si lanciavano addosso palline di carta.
Il posto accanto a lui, come da consuetudine, era impegnato dal suo casco da astronauta oppure da qualche anima invisibile che gli teneva compagnia, sfiorandolo con dita incorporee che gli facevano venire la pelle d'oca e i brividi in tutto il corpo.

"Forse, dopotutto, non sarò mai veramente solo..." gli si strinse un po' il cuore al solo pensiero e al ricordo delle storie stellari della madre.
Verità o bugia?
"Spero di trovare un nuovo avventuriero anche io...chissà! Così viaggeremo insieme per tutta la vita e andremo ad esplorare il mondo intero! Nel frattempo..." gli sfuggì un sorriso sognante, vagando con la mente per quei mondi fantastici e quei cieli colmi di racconti segreti e sogni in attesa di essere realizzati.
"...L'esploratore papà e i suoi amici mi stringeranno la mano e mi proteggeranno, anche quando andrò da loro!"
Istintivamente strinse la sua amica, rivolgendole dolci carezze che grondavano promesse di nuove avventure e di altrettante nuove strade che avrebbero percorso sotto la protezione dei loro fedeli compagni che vivevano in quelle terre a loro ancora precluse, ma comunque fisse in quelle stelle luminose cucite giorno dopo giorno, con cura e pazienza costanti.
Che meraviglioso capolavoro sarebbe venuto fuori!

La vocina buona nella sua testa, alla fine, lo convinse che forse il cielo avrebbe pianto lacrime di gioia, e non di dolore o di tristezza.
Odiava vedere gli altri piangere o soffrire.
Gli ricordavano lui.
Per questo motivo, il suo spirito scalpitava al solo pensiero di nuovi avventurieri da salvare, aiutare e accompagnare in un viaggio alla ricerca della felicità.
Quella vera, però!
Ma, se non fosse riuscito a trovare la sua di voce nel mondo, come avrebbe mai potuto solo passargli per la testa l'idea di far risuonare quella degli altri?
O se invece il punto fosse proprio questo, cioè dar voce ai bambini come lui, marginali nelle loro stesse storie e costretti al silenzio, annegati in un mare oscuro e senza le stelle a guidarli?
E avrebbe dovuto sacrificare se stesso per fare ciò?

E cos'era la felicità, se non una mera illusione? Una bugia?

"Hey, scheletro!" fece un bambino, tirandogli addosso una pallina di carta che gli rimbalzò sui capelli e finì per terra.

Jules sobbalzò, sottratto via da quel flusso di pensieri dove spesso e volentieri amava avventurarsi.
E da dove detestava essere allontanato con la forza.
Rivolse uno sguardo confuso a quello che riconobbe essere un suo compagno di classe, alto quanto lui ma dalle guance rosee e piene che denotavano una salute più che buona, assieme ai suoi capelli chiari e lucenti tutti ciuffi e ai suoi occhi limpidi, azzurri come un cielo terso e senza nuvole.

"Che c'è, non mi hai sentito? Sei sordo o sei scemo?" ripetè, sventolando una mano e avvicinandosi al suo sedile.

"O forse tutti e due!" aggiunse un altro dietro di lui, sghignazzando fiero verso i passeggeri.

Le Stelle Di JulesWhere stories live. Discover now