Scappa

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Parole generate: STUZZICADENTI, BOTTIGLIA, ANTIACIDO, ALPI, SCALDABAGNO, AUTISTA, BAGAGLIO, ESTRATTORE, SANGUINARE, LARGHEZZA

Costolette di agnello cotte in abbondante burro, un contorno di piselli, carote e cipolle saltati in padella e, per finire, una generosa porzione di torta al cioccolato. Con lo stesso entusiasmo di un bambino, l'uomo si fiondò su tutto quel cibo, gustandone ogni singola briciola. E, come ogni volta in cui terminava di abbuffarsi, l'uomo iniziò a rimproverarsi.
Non aveva più il metabolismo di un ragazzo: ormai faticava a digerire, e sentiva acidità nello stomaco.
Si coricò a letto, pregando tutti gli dèi perchè lo facessero digerire e riposare bene. Assicurò loro che non avrebbe commesso più un tale errore, nonostante non fosse la prima volta in cui si riduceva in quello stato.
Si appisolò e in breve tempo si svegliò, incominciando a girarsi e rigirarsi per riprendere sonno.
Niente da fare.
Si sentiva così appesantito che optò per alzarsi e fare una passeggiata fuori casa.
Nella zona in cui abitava, le strade erano da sempre state poco illuminate. E quando tramontava il sole, non solo le luci ma anche tutti i rumori si spegnevano; nessun chiacchiericcio nè cani che abbaiavano. L'unico rumore che adesso l'uomo udiva proveniva dalle mattonelle del marciapiede che scricchiolavano dolcemente ad ogni suo passo.
«Ha bisogno di un passaggio?»
L'uomo sobbalzò e si girò di scatto sentendo quella voce all'improvviso. Ad aver parlato era stato l'autista di un taxi. Indossava una cappello elegante, che pareva nascondere il suo volto dalla fioca luce lì presente. L'uomo si chiese come avesse fatto a non accorgersi di quell'auto che man mano si era avvicinata a lui.
«Allora?»
Si avvicinò di qualche passo. «No, grazie. Non devo andare da nessuna parte.»
«Magari non deve,» fece l'autista «ma vorrebbe.»
L'uomo non si aspettava una frase del genere. Non sapeva nemmeno interpretarne il senso.
«Lei mi sembra proprio il tipo che vorrebbe andare via, mi sbaglio? Facciamo così: le offro un giretto qui nei dintorni e, non appena si stanca, la riporterò a casa sua. Ci sta?»
Non era affatto d'accordo. Ma non voleva nemmeno rincasare immediatamente. Perciò entrò in macchina, accomodandosi in uno dei sedili posteriori.
«Sono molto felice della sua scelta. Ha in mente una destinazione?»
«...No. Non saprei.»
«Non si preoccupi: lasci fare a me.» Intanto che cominciava a guidare, aprì con una mano il cruscotto, ed estrasse da lì una scatolina di stuzzicadenti. Ne offrì uno all'uomo, il quale rifiutò. «So che sono ottimi per ridurre l'impulso di fumare» informò intanto che ne addentava uno.
«Lei fuma?»
«No.»
L'uomo pensò di aver commesso un gravissimo errore a entrare in quel taxi. L'autista gli pareva un po' troppo bizzarro. «Senta, scusi, ho cambiato idea; preferirei tornare a casa.»
Scosse la testa. «Purtroppo non è possibile.»
«Che vorrebbe dire?! Si fermi immediatamente!»
«Lo faccio per lei.» E queste parole zittirono l'uomo. «Ha bisogno di scappare, lo so.»
Rimasero poi entrambi in silenzio, percorrendo una strada sempre dritta, quasi infinita.
Giunsero successivamente ai piedi di una catena montuosa vasta e ricoperta di neve.
«Può scendere» disse l'autista. E non appena entrambi uscirono, gli raccomandò: «Non dimentichi il suo bagaglio
«Bagaglio? Non ne ho.»
«Guardi nel cofano.»
Perciò lui lo aprì e trovò una valigia la cui larghezza era forse eccessivamente elevata rispetto al contenuto: era leggera, probabilmente vuota.
«Quella,» indicò l'autista tendendo un dito difronte a sé «quella casetta è sua. È piccola, ma ci sono uno scaldabagno, due televisori e un divano nuovi di zecca.»
«Dev'esserci un errore. Non ho nessuna casa, qui sulle Alpi
Alzò un sopracciglio, mentre masticava un'estremità dello stuzzicadenti che aveva in bocca. «Sicuro?»
«Sicurissimo.»
«Ha un mazzo di chiavi, in tasca. Magari c'è anche la chiave per aprire quella casetta.»
«No, non c'è nessuna...»
«Su, forza; faccia presto. Qui fuori si gela!»
In realtà non era così. Nonostante vi fossero almeno dieci centimetri di neve sul suolo, l'uomo non avvertiva freddo. Frugò in tasca con una mano, afferrando il mazzo di chiavi. C'era quella di casa sua, quella del cancello esterno, quella del garage... e un'altra comparsa forse nei secondi precedenti. Si avvicinò alla porta e inserì la chiave nella serratura. La girò e la porta si aprì.
«Entri, entri. Non sia timido.»
Lasciò invece la chiave dentro la serratura, senza nemmeno sbirciare dallo spiraglio che aveva appena aperto. Si voltò verso l'autista, e furioso lanciò per terra la valigia. «Non entrerò!»
Il suo sguardo era coperto quasi del tutto dall'ombra della visiera del suo cappello. Pareva essere rimasto impassibile, tuttavia.
«Non posso entrare! Non volevo nemmeno venire qui in questo posto sperduto, ha capito? Giuro che la denuncio! E scommetto pure che lei non è davvero un tassista, mi sbaglio?»
Scosse la testa, con un movimento lento. Sputò per terra lo stuzzicadenti e portò una mano sul cappello, prendendolo e levandoselo. E mentre questo raggiungeva il suolo, i suoi capelli si scioglievano, rivelando la loro vera lunghezza e il loro colore. «Non si sbaglia» disse, e la sua voce ora era cambiata, diventando familiare. «Anzi, non ti sbagli.»
L'uomo distolse immediatamente lo sguardo da quella persona, e si accovacciò accanto alla valigia, aprendola.
«È un estrattore per frutta. Volevamo averne uno, ricordi? Dicevamo di essere troppo pigri per sbucciare la frutta, però sapevamo altrettanto bene quanto importante fosse. Perciò ci eravamo promessi di comprarne uno.» Rise sommessamente - ma in modo sincero - mentre avanzava solo di qualche passo verso l'uomo. «Anziché bere una bottiglia di spumante, ci saremmo accontentati più che volentieri di semplice succo di frutta. Ma noi eravamo così; ci piaceva la semplicità, la calma, il silenzio. Ma poi me ne sono andata, e ti ho lasciato solo. Hai cominciato a soffocare la tristezza con il cibo, mangiandone sempre di più, fino a sentirti male. Poi uscivi e rimanevi più tempo possibile fuori casa, perchè la nostra casa ti fa ricordare, e ti fa male.»
«Basta...»
«No, non posso tacere adesso. Devi sapere quello che voglio dirti. So che ci eravamo promessi di comprare una casetta come quella proprio qui e viverci insieme, nonostante io sia sensibile al freddo. Ma io non posso, e tu devi. Devi farlo per me. Devi scappare via dai tuoi rimorsi illogici e dai tuoi pensieri assillanti. Scappa. E vivi la vita dei nostri sogni, anche per me.» Disegnò lentamente un sorriso sul suo volto, e poi una narice le incominciò a sanguinare. La pelle del suo viso diventava man mano sempre più pallida, e i suoi occhi vitrei. Cadde all'indietro sul pavimento innevato.
L'uomo scattò verso di lei.
Ormai non c'era più. Rimase solo la sua sagoma, contornata dalla neve.

Si alzò dal letto. Non riusciva a capire se quello fosse stato un sogno o un incubo. Non gli importava etichettarlo, però. Era stato ciò che era stato, e andava bene così.
Prese un antiacido, mentre piangeva.
Tornò in camera da letto. Baciò una foto di sua moglie e poi si coricò nuovamente. Singhiozzando, parlava con lei, dicendole che sarebbe andato avanti per lei, e che avrebbe realizzato i loro sogni. E l'indomani avrebbe buttato tutti i pacchetti di sigarette che aveva, rimpiazzandoli con degli stuzzicadenti.

10 parole 1 storiaWhere stories live. Discover now