Il piccione Geon

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Parole generate: PICCIONE, EHILÀ, PESCARE, PROIETTORE, PAPERA, RIFLESSO, ANNI, VETRO, VIAGGIO, ATTERRAGGIO

Geon, così come veniva chiamato dai suoi amici, era un umile piccione di città. Aveva interessi differenti rispetto agli altri piccioni: adorava fare lunghe passeggiate in zone poco trafficate e volava solo per raggiungere il tetto di qualche abitazione tranquilla, ma senza mai sporcare con i suoi bisogni. Un altro posto che lo aiutava a rilassarsi e placare lo stress quotidiano era il lago. Infatti quel giorno era diretto proprio lì, armato di canna da pesca e mezza pagnotta.
Si avvicinò alla riva, lanciò qualche briciola di pane, e aspettò che qualcuno abboccasse. Nel frattempo, Geon si era incantato a guardare il suo riflesso sull'acqua. Scrutava suoi occhi arancioni e notava quanto fossero vuoti, senza entusiasmo, ma contemporaneamente colmi di stanchezza. Adesso rivolse lo sguardo sulle sue piume che avevano lo stesso colore grigio dello smog. Attorno al suo collo, le piume con meravigliosi riflessi smeraldini erano diventate scure, sporche.
«Ehilà, Geon!» salutò una papera avvicinandosi alla riva, mentre gustava qualche briciola.
«Dk» lo salutò lui. «Come va? È da tanto che non ci vediamo.»
«Sto bene, grazie. Piuttosto raccontami qualcosa tu; ti vedo molto giù, o sbaglio?»
«No, non sbagli. Ultimamente mi sento molto stanco. Vedo gli altri piccioni essere così spensierati e felici mentre mangiano nelle piazze o nei parchi, e si divertono a sporcare i balconi e le macchine degli umani.» Fece una pausa, sospirando. «Non so... Forse sono strano io a distaccarmi dalle loro idee e cercare altro nella vita.»
Dk schioccò la lingua sul palato, mostrandosi in disaccordo. «Sono sicuro che anche loro sono pieni di tormenti. Non sei obbligato a seguire quello che fanno loro, se fanno qualcosa che non ti fa stare bene.»
Nello stesso momento abboccò una carpa, e Geon tirò la canna da pesca.
«Ragazzi!» saluto la carpa - detta Car dai suoi amici per la sua velocità. «Che succede? Di cosa parlate?»
«Geon è un po' demoralizzato.»
Car guardò l'amico restando sott'acqua. «Geon, il tuo problema è lo stesso degli umani: ti stressi troppo facilmente per stupidaggini senza goderti la vita. Dimmi: cosa otterrai così?»
«Nulla...» ammise debolmente.
«Esattamente! Ora dimmi: quanti anni hai?»
«Tra un mese ne compio due.»
«Sei giovane, Geon» gli disse Dk.
«Altrochè!» confermo Car. «Secondo me hai bisogno di distrarti, sai? Trova qualche attività che può farti divertire; non venire solo qui a pescare
«Non è esattamente...» bisbigliò Geon senza terminare la frase.
«Perchè non fai un viaggio?» propose Dk. «Mi hanno raccontato di aver visto palazzi di vetro in città vicine; poi ci sono altri palazzi pieni di colori, illuminati forse con l'aiuto di qualche proiettore
«Sì» disse Geon. «Farò così, allora.» Ritirò la canna da pesca e la afferró con una zampa.
«Geon» lo chiamò Dk. «Non devi pensare di essere strano. Non devi deprimenti né rimproverarti per quello che fai o non fai. Hai la possibilità di volare, perciò approfittane: le abilità sono vantaggi.»
«Sai,» intervenne Car «qualche volta nuoto distante da tutto e tutti. Fa bene stare soli ogni tanto. Ma fa bene se nel frattempo ti liberi dai pensieri che ti affliggono costantemente, sennò diventa una vera e propria tortura.»
«Fai come dice Car. Vola, vola in alto e distante dai rumori. Fai nuove esperienze e visita posti nuovi. Trova la tua pace, buttando via questo pessimismo illogico.»
Adesso gli occhi arancioni di Geon parevano aver ritrovato la luce, la speranza. «Ragazzi, non vi ringrazierò mai abbastanza. Siete i migliori!» sorrise.

Qualche giorno dopo, Geon partì. Volava tra le nuvole, senza venir intossicato dallo smog e dai suoi pensieri. Fece qualche atterraggio più del previsto, prima di raggiungere la sua destinazione. Voleva riuscire a viaggiare senza la premura di arrivare, e voleva arrivare nella nuova città senza la stanchezza del viaggio. Avrebbe passato qualche settimana, forse un mese in quel luogo nuovo. Voleva capire quale fosse il suo posto nel mondo, e ci sarebbe riuscito.
Era un piccione, certo. Ma non doveva essere sminuito. Nemmeno da sè stesso.

10 parole 1 storiaWhere stories live. Discover now