Leila III

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Parole generate: VOSTRA, ASCIA, CACCIA, PAZIENZA, INDISCUTIBILE, CONFUSO, PAROLA, RADAR, TORMENTA, ULTIMA

Il guardiano bussò alla porta. Sentì una fioca voce che lo invitava ad entrare. Dunque aprì e vide la principessa Leila distesa sul letto, con un'espressione avvilita e sconsolata impressa sul suo volto. «Buongiorno, principessa» la salutò.
«Non è buono per nulla. In realtà, non c'è un giorno buono da tanto, troppo tempo.» La principessa Leila era entrata in una fase di sconforto assoluto dopo l'incidente della parola, così come veniva chiamato in tutto il suo regno.
«Principessa,» riprese a parlare il guardiano «so quanto sia difficile andare avanti e superare una delusione tale, ma ormai è passato molto tempo e tutti, qui nel vostro regno, hanno bisogno di voi.»
Lo guardò con gli occhi spenti, ma lievemente commossi. «Dici davvero?»
Annuì. «lo per primo ho bisogno di voi.»
Leila sorrise, finalmente. «Così mi fai arrossire. Però hai ragione: non posso rimanere qui distesa» disse mentre si alzava dal letto. «Cosa posso fare affinché mi distragga un po'?» si chiese ad alta voce, mentre si strofinava il mento con le dita. «Potremmo ideare un nuovo piano d'attacco, che dici?»
«Oppure potremmo andare a caccia. È una delle vostre attività preferite, dico bene?»
«Dici benissimo! E così sia, allora: caccia aggiudicata.»

Si prepararono entrambi indossando abiti comodi. Dopodiché si incontrarono nei pressi del viale sud-ovest. Da lì si poteva raggiungere con molta facilità il bosco.
«Ho portato con me la mia ascia preferita» disse la principessa al guardiano.
«Avete intenzione di uccidere in maniera così brutale le bestie che incontreremo?»
«No. La porto sempre con me. Non ci hai mai fatto caso?»
«Sinceramente no. Comunque, cominciamo ad incamminarci?»
«Con molto piacere» disse iniziando a camminare al suo fianco. Respirò a pieni polmoni l'aria fresca. Pareva ricordarle la stessa arietta presente in quel giorno... Talvolta si chiedeva come sarebbe cambiata la sua vita e la vita dell'intero regno, se il soldato saggio non si fosse confuso. «Pazienza...» sospirò.
«Come dite, mia principessa?»
«Oh, nulla. Ripensavo a quel giorno. Non me ne dimenticherò facilmente...»
«Certo, sarà dura. Ma potete sempre contare sul mio supporto, non temete.»
«Grazie mille» sorrise. Indicò poi un cespuglio. «Possiamo metterci lì, che dici? Da quel punto sarà facile osservare gli animali.»
Entrambi si appostasono in quel punto rimanendo fermi per parecchio tempo senza, però, aver intravisto alcun animale.
«Forse questo non è più un buon posto...» pensò Leila ad alta voce.
«Già... Ci servirebbe un radar
«Cos'è un radar
«Boh. Mi pareva una parola carina da dire in questo momento.»
«È davvero una parola carina... Aspetta; guarda lì in fondo!» disse Leila sottovoce.
Al guardiano parevano brillare gli occhi dalla meraviglia. «Sono dei cuccioli di cinghiali.»
«Quanto sono adorabili» cantilenò la principessa. Lei adorava la natura e gli animali. Fin da piccola andava a 'caccia', ovvero cercava di vedere gli animali nei dintorni del suo regno che vivevano la loro vita felici e spensierati. Nel frattempo teneva stretta la sua ascia - sul cui manico erano intagliate centinaia di piccole rose, il suo simbolo distintivo - e continuava a guardare incantata quello spettacolo. Durò poco, in realtà: i piccoli cinghiali scappanono presto via.
«Come mai se ne sono andati?» chiesa Leila sconfortata. «Abbiamo forse fatto rumore inavvertitamente?»
Il guardiano scosse la testa. Poi indicò il cielo, facendo così alzare il viso alla principessa.
«Tra poco piove...» disse lei notando il cielo scurirsi sempre di più.

Fecero ritorno al castello. Leila era appoggiata sul davanzale di una finestra, intenta a fissare la pioggia continuare a cadere senza mai voler smettere.
Il guardiano si avvicinò a lei, tendendole una tazza. «La vostra camomilla, principessa.» Prese posto davanti a lei, dopo che Leila aveva afferrato la tazza.
«Siamo dovuti ritornare di corsa al castello» sospirò Leila. «Con questo tempo, rimanere lì fuori era indiscutibile, certo, ma avrei voluto continuare a cacciare. Se solo non fosse stato per questa... Com'è che si chiama?» domandò indicando con un dito fuori dalla finestra.
«Tempesta?»
«No, c'era un termine più figo.»
«Mmh... Bufera?»
«No.»
«Temporale?»
«Nemmeno questo.»
«Allora intendete nubifragio. È un termine figo, no?»
«Sì, ma non era quello che pensavo io. Dai, impegnati di più.»
Il guardiano estresse da una tasca un paio di occhiali e li indossò. Da un'altra tasca tirò fuori un piccolo libriccino che incominciò a sfogliare. «Tempesta... Dunque: uragano, burrasca, acquazzone, ciclone, tormenta...»
«Quello, quello!» esclamò Leila. «Tormenta! Per colpa di questa tormenta continuerò a deprimermi come ho fatto nell'ultima settimana» Si mise in piedi e si recò nella sua camera.
Il guardiano lasciò che Leila tornasse a distendersi. Era certamente triste per lei, ma credeva che quello sarebbe potuto essere un modo per calmarsi da sola ed in tranquillità. Anche il guardiano optò per tornare nella sua stanza, ma un urlo di terrore lo fece bloccare nel mezzo del corridoio.
Ad urlare era stata Leila.

Fine...?

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