«Hai altro da dirmi, agente Kelley?», raccoglie dei fogli sul tavolo e non mi degna di molta attenzione.
«Sì, signore», mi trema la voce. Forza, Althea. Puoi farcela. «Voglio partecipare alla missione».
Accenna un sorriso e scuote la testa, come se avessi appena detto qualcosa di assurdo: «Non sono stato abbastanza chiaro prima?», questa volta mi guarda. Siamo a circa due metri di distanza, ma la sala riunioni mi sembra improvvisamente stretta.

«Mi faccia entrare insieme a Cristina. Io sono già stata in quel centro estetico. Conosco l'edificio meglio di lei e posso esserle di aiuto nel raccogliere informazioni»
«Cristina non ha bisogno del tuo aiuto»
«Voglio partecipare», ripeto.
«Hai idea di quanto sia rischioso?»
«Sono disposta a correre il rischio», ribatto in fretta e muovo qualche passo in avanti.
Mi guarda a lungo, come se stesse valutando la mia proposta. Poi però scuote la testa e si avvicina alla porta: «No»
«Perché escludermi proprio adesso? Ho trovato l'indirizzo, sono venuta a conoscenza della festa di stasera e...», sobbalzo quando chiude la porta con uno scatto nervoso e accorcia le distanze tra noi due.

«Punto primo: sei stata coinvolta nelle operazioni precedenti perché tra tutti gli agenti della centrale tu sei quella che lo sembra di meno», comincia. «Punto secondo: non hai ancora abbastanza esperienza per far parte ad una missione del genere e non hai nemmeno ricevuto il giusto addestramento per affrontarla». Abbassa un po' la testa per guardarmi negli occhi: «Punto terzo: come capo del dipartimento, sono responsabile della sicurezza di tutti i membri del team e non voglio che una ragazzina dalle scarse capacità di prendere decisioni in maniera oggettiva metta a rischio l'integrità e la coesione del gruppo. Adesso sono stato abbastanza chiaro, agente Kelley?».
Deglutisco e trattengo la mia espressione amareggiata: «Sì, signore»

«Se proprio vuoi renderti utile resta sul furgone e prendi appunti per il rapporto finale»
«Va bene, signore», accetto l'incarico, nonostante non fosse esattamente ciò che speravo.
«Hai tre ore di tempo per prepararti», mi comunica, poi esce dalla stanza senza nessun cenno di saluto.
Vorrei prenderlo a pugni. Lo farei, se solo non rischiassi di perdere il lavoro e spezzarmi un braccio.

Nel tempo libero che mi è rimasto torno a casa e faccio una doccia veloce. Mangio un toast e mi avvio nuovamente in direzione della centrale. Mi scoppia la testa. Tra il corso di difesa, la missione al centro estetico e le spiegazioni del signor Royden il mio cervello è totalmente fuori uso.
Avrei dovuto prendere qualcosa per l'emicrania, accidenti.
Nel parcheggio della centrale sono già pronti tre furgoni scuri.

Evan è circondato da agenti e, con una lista in mano, assegna il veicolo ad ognuno di noi. Ovviamente il mio posto viene assegnato per ultimo, quando siamo tutti pronti per partire.
«Tu vieni con me», mi dice.
Lo seguo senza battere ciglio. Mi pulsano le tempie.
Prendo posto sul furgone e vedo Cristina, già travestita da cameriera. Evan si siede accanto a lei ed è difficile non notare il sorriso che le spunta sulle labbra. Lui le dice qualcosa indicando lo schermo di un pc, senza mai abbandonare i suoi modi da leader autoritario. Mi chiedo come si comporta fuori da questo ambiente, quando è libero di essere se stesso.

Il veicolo è gremito di agenti, ma si sente solo la voce di Evan mentre ripete ancora e ancora i dettagli dell'operazione. La tensione è palpabile e ogni agente ascolta con attenzione, tutti pronti a fare il proprio dovere. Vorrei essere una di loro.
Intanto Cristina sembra essere a suo agio, come sempre. Ogni tanto sorride a Evan in modo complice, rendendo chiaro a tutti che ha un rapporto speciale con il capo del dipartimento.
È forse lei il suo braccio destro? Agiscono sempre insieme come Bonnie e Clyde?

Evito di fissarli ancora e mi concentro sui miei colleghi: indossano tutti dei caschi robusti, resistenti agli urti. Hanno giubbotti antiproiettile, guanti protettivi e stivali. Alcuni agenti hanno degli scudi antisommossa mentre altri portano con sé dei bastoni telescopici per la difesa personale o per mantenere il controllo nella confusione.
Io indosso solo la mia divisa e ho con me un computer per gli appunti. Sarah sarebbe felice di vedermi in questa situazione: perfettamente al sicuro.

Quando arriviamo a destinazione Cristina scende dal furgone e tutti la salutiamo augurandole buona fortuna. Evan aiuta anche lei a scendere, poi inizia a prepararsi per la missione.
Non posso fare a meno di rimanere incatenata alla sua presenza magnetica, anche in questa situazione. Ho qualche problema nella testa, presumo. Sono scema.

Indossa già un paio di pantaloni neri e abbasso lo sguardo quando si libera della t-shirt per sostituirla con una camicia bianca, piena di tasche multiple per gli strumenti e gli accessori necessari. Il suo corpo atletico sembra ancora più potente con la divisa, e i muscoli delle braccia sono fin troppi visibili sotto il tessuto delle maniche lunghe.
Indossa il giubbotto antiproiettile in un gesto quasi automatico, come se lo indossasse tutti i giorni. Ogni suo movimento sembra calcolato e sicuro, ma al tempo stesso è aggraziato come un felino.

Per concludere si mette il casco protettivo che copre gran parte del suo volto e lascia visibile solo il suo sguardo tagliente. Sembra un gigante pronto a una guerra storica. La sua figura è intimidatoria e rassicurante al tempo stesso.
Sto sbavando? Spero di no.
Concentrati. Concentrati. Concentrati.
Su tre monitor intanto inizia a proiettarsi ciò che accade all'interno del centro estetico grazie ad una telecamera nascosta nella divisa di Cristina.

«È dentro», Evan si piega per osservare con minuziosa attenzione le immagini sullo schermo, un po' offuscate a causa della luce soffusa all'interno del centro estetico. Cristina si muove tra gli ospiti e si possono già intravedere diversi uomini presenti sul dossier e delle ragazze che si muovono tra di loro con eleganza. Musica morbida e voci sussurrate riempiono l'ambiente.

«Eccolo qui», Evan indica un punto sullo schermo dove un uomo sta parlando con delle ragazze: «Joseph Killigan. È lui la mente dietro a tutto questo. Prendi queste immagini», ordina a un agente al suo fianco.
Poi parla con Cristina attraverso un microfono: «Devi trovare Richard Davis», ma proprio mentre parla i monitor si oscurano e le spalle di Evan si contraggono a causa della tensione.

«Cristina», quasi ringhia. Nessun segnale.
«Agente Lorenz», riprova in modo più formale, poi batte un pugno contro la superficie in legno e fa tremare tutte le attrezzature. «Abbiamo perso il segnale», fulmina con lo sguardo l'agente che si è occupato delle apparecchiature digitali: «Perché abbiamo perso il segnale, Colin?». Non è una domanda vera e propria.
È più una terribile minaccia di morte.
Non vorrei essere Colin.

«Io non... Non lo so. Non capisco. Ho controllato tutto con precisione e...»
«Ripristina il segnale. Ora», sbotta Evan mentre Colin inizia a smanettare in modo frenetico per ristabilire il contatto.
Anche gli altri agenti si mobilitano per trovare una soluzione, ma Evan sta già pensando a qualcos'altro. Si toglie il casco e si passa nervosamente una mano tra i capelli corti, l'espressione assorta e concentrata. Poi si gira verso di me e sussulto: «Tu», dice. «Preparati. Devi infiltrarti come cameriera».
Oh, no.

Ciao a tutti!!
Sono tornataa 😍😍
Quanto sto amando aggiornare nuovamente i capitoli e leggere i vostri commenti.
Mi siete mancati 😭😭
Iniziamo a prepararci per la festa 🎉
Povera Althea, Evan la farà morire di crepa cuore 😂😂
Cosa ne pensate del piccolo scontro che hanno avuto?
E pensate che Althea riuscirà nella sua missione di infiltrata speciale? 😂
Aspetto i vostri pareri.
Un bacio grande
Sara ❤️

NON SONO UNA SPIAWhere stories live. Discover now