capitolo14 -La cerimonia -

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Al momento dell'Eucarestia però accadde un fatto che alle prefiche diede noia.
Nel somministrarle l'ostia, Padre Antonio, che fino al precedente fedele era stato sistematico e professionale al pari di un impiegato delle poste che timbra lettere una dietro l'altra, non appena ebbe di fronte il perfetto viso di Ata, reso ancora più angelico dal raccoglimento spirituale necessario alla comunione, esitò!

Furono pochi istanti, ma furono abbastanza per risultare troppi:

_Biii! E Quanto dura Sta comunione?_ Osservò Fina

_Forse ci 'mpicò l'ostia nelle dita!_ suggerí con ironia Nunzia tradendo l'orgoglio da zia per l'imbarazzante bellezza della nipote

_Lo so io cosa ci sta 'mpicando a questo parrino! Sbottò Tina

_Un parrino sempre masculo è da qualche parte dentro la sottana!_ Fece notare Nunzia

_Magari sta vedendo un angelo!_ Sospirò romanticamente Fina

_Guardasse verso qui che gli faccio vedere il diavolo!_
concluse lapidaria Tina

In verità prima della metà di questo siparietto, Padre Antonio era già passato alla somministrazione successiva, tuttavia quell' attenzione aveva fatto arrossire Ata.
Inoltre il volto attonito del cappuccino di fronte alla visione celestiale, la coda dell'occhio che non potette fare a meno di seguirla mentre tornava al suo posto e il sudore sulla fronte che il parrino dovette asciugarsi prima di ripulire il calice e conservare i sacri resti nel tabernacolo, bastarono per condannarlo agli occhi delle prefiche.
Ora sapevano che infondo egli era un uomo e gli uomini hanno sempre debolezze.

L'altro episodio degno di nota avvenne alla fine della messa, quando sotto la mensolina della panca, in mezzo al rosario e al ventaglio, Tina trovò un fazzoletto rosso che conosceva bene.
Forse era stato messo lí quando era andata a farsi la comunione o forse c'era sin dall'inizio della cerimonia, non era importante quando e come.
Ciò che contava era che Nitto fosse stato lí ad assistere al loro trionfo sui "Falso Mauri", questa era di certo una buona notizia.

Dopo la cerimonia, gli intimi si spostarono al cimitero per la sepoltura.
Esistono vari tipi di cimiteri in Europa, vi sono quelli paesaggistici, dei veri e propri parchi con alberi rigogliosi e piccole boscaglie in cui tra una radura e l'altra o lungo immensi prati o ancora su colline verdi panoramiche, vi stanno sparse le lapidi a segnalare il riposo eterno ed il ricongiungimento con la madre terra.
Poi vi sono cimiteri di tipo monumentale, pieni di cappelle costruite in blocchi di pietra millenaria, nell'illusione che almeno quei luoghi di sepoltura durino nel tempo per alimentare il ricordo dei morti e soprattutto il dolore nei vivi.
Quello di Bizzini era un cimitero a concezione mista.
In parte vi erano aiuole e giardini all'italiana ed in parte cappelle e lapidi in pietra.
Monumentale era di certo l'ingresso in stile ottocentesco, delimitato da due enormi obelischi tra i quali un cancello di ferro battuto, all'apparenza invalicabile, pretendeva di segnare un confine tra la terra dei vivi e quella dei morti.
Sopra la pensilina del cancello era inciso il celebre monito della cappella dei cappuccini romana , frase comune a molti camposanti: "Quello che voi siete noi eravamo; quello che noi siamo voi sarete".

Nonostante quel luogo fosse una consuetudine per le tre prefiche, abituate come erano sin da bambine alla confidenza coi defunti, con la vedovanza e la presenza delle salme dei loro coniugi, qualcosa era cambiato.

La sepoltura fu l'ultimo atto della pantomima, Fina e Nunzia giunsero al culmine della disperazione, tanto da riuscire a commuovere e coinvolgere pure la "vedova nera".
Don Tano si occupava intanto delle operazioni pratiche assieme al guardiano del cimitero, Tina invece era un po' in disparte, da quel luogo riusciva a vedere in lontananza la cappella dei Santamaria, posta sulla collinetta a sovrastare tutte le lapidi e le cappelle degli affiliati.
Mentre era indecisa se recarvisi oppure no, le si avvicinò il più grande dei figli di Pinu Cristaldi e le disse:

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