capitolo 2 -Le Tre sorelle -

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Annunziata Di Dio, vedova Cavallaro, detta Nunzia , era la primogenita.
Alta quasi un metro e ottanta, misura eccezionale per una donna sicula e magra all'inverosimile. Come le sue sorelle era scura di capelli, da sposata aveva vissuto a Spinasanta territorio dei Cavallaro, di cui il compianto marito Pippo era stato in vita l'indiscussa autorità.
Spinasanta sorgeva sul mare ragion per cui la pesca era lí assai praticata.
Ma la tonnara per quanto importante, non costituiva la prima risorsa del paese.
Il datterino lo era, piccolo pomodorino siculo la cui forma ricorda il frutto arabo e la cui dolcezza in salsa e a crudo è talmente spiccata da risultare quasi stucchevole se non bilanciato in cucina.
In effetti saltato al tegame con il tonno rosso, l' olio di Montechiaro, il basilico e la mollica era un modo corretto di mangiarlo. Quando Nunzia voleva cucinare il tonno sapeva dove prendere quell'olio, lo portava la sorella "nica" che in siciliano vuol dire piccola, Alfina Di Dio, vedova a Orlando Pompei detto Nando, anch'egli come il cognato scomparso prematuramente lasciandola proprietaria dell'unico frantoio di tutta Montechiaro, l'unico sopravvissuto agli incendi misteriosi che colpivano tali strutture in quel pezzo di Sicilia. L'olio era buono assai, e assai assai erano gli ulivi da gestire e per questo quel frantoio lavorava assai. Tanto che il detto : "olio per oro colato " non era solo una metafora cromatica.
Un'altra pietanza con pomodorini e olio erano i cavatelli con ricotta, impastati freschi con farina perciasacchi,"pisciasacchi" per i bizzinesi, rigorosamente amalgamati nella ricotta di pecora, fresca di 24 ore e asciugata dal siero. La ricotta, l'orgoglio di Bizzini, cremosa e bilanciata, sapida e dolce allo stesso tempo. La ricotta, regina della valle dove l'erba grassa e profumata nutre le pecore e con esse sfama i pastori.
Nessuna pecora faceva latte a Bizzini senza il permesso di Don Turi Santamaria quando era in vita e adesso che era tragicamente defunto , nessuna pecora faceva latte a Bizzini senza il permesso di Agata Di Dio, detta Tina, vedova Santamaria.
Nessun pastore pascolava pecore senza il suo permesso e questo tutti i pastori lo sapevano, tutti i tipi di pastori, nessuno escluso, neppure quelli che pascevano anime.

Da vedove le tre sorelle erano tornate a vivere assieme, nella casa di Bizzini, un palazzotto di tre piani che si sviluppava fra due tornanti della strada principale del paese. L'ingresso era sul tornante superiore, vicino alla zona nobile, dove sorgeva il palazzo del barone e per questo era fregiato con motivi vagamente rococò, gli altri due piani scendevano giú coperti dalla roccia per il lato corrispondente all' ingresso che dava nel salone di rappresentanza fino ad arrivare alla piazza del tornante inferiore in cui sorgeva la chiesa delle Vigne, dove adesso ci stava il nuovo arciprete.
Al piano di mezzo oltre una grande terrazza in cui si stendevano i panni al sole, lavati a mano con la cenere della "conca", un focolare tondo in ottone che in inverno serviva a scaldarsi i piedi e attorno al quale le tre sorelle ricamavano o pregavano, vi erano le stanze da letto e la sala da toletta. Al piano terra invece le cucine e il piccolo magazzino.
Ed era qui che stavano preparando la spumosa, un dolce tipico di Bizzini, una sorta di Pan di spagna soffice, coperto da uno spesso strato di zucchero a velo, di forma rettangolare e aromatizzato con acqua di zagare dolcificata a miele di montagna.

-Pippina!!_Esclamò Tina
_portaci questa mattonella di dolce al nuovo prete, digli che glielo mandano le sorelle Di Dio per sollevarlo dal lutto di Padre Girolamo. Ma torna a casa dopo, la sagrestia la pulirai domani_
La perpetua prontamente annuí.

Dicendo questo Tina pensò che la giornata avesse già avuto le sue pene, bisognava riposare e rigenerarsi poiché si sá che sempre qualche vecchio muore di caldo in estate.
Quindi nei prossimi giorni si sarebbe lavorato assai.
Ma non solo il caldo portava lavoro in quegli anni tristi, la guerra con i suoi funerali spesso senza cadavere ed il regime con le fucilazioni sommarie non erano meno contributivi. Tanto che l'attività lasciata alle tre sorelle da loro padre Don Angelo Di Dio, prosperava tristemente in quella valle.

Sorelle D'onoreWhere stories live. Discover now