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Dylan si sveglió a causa dei calci che, inconsciamente, la sua migliore amica le stava lanciando da minuti, sbuffó e la buttó giù dal letto "Ma sei un cretino!" urló irritata.
"Ti muovi come un cavallo metre dormi, mi stavi massacrando, è il minimo" si giustificó con la voce impastata dal sonno, si stiracchió mentre la rossa si ricomponeva, guardó l'ora, avevano ancora un po' di tempo prima di cena "Mi fai un giro di carte?" chiese dal nulla lui.
Alaska lo guardó intensamente prima di pensare alla risposta, aveva i capelli biondi scompigliati, i vestiti che gli ricoprivano il corpo tonico e slanciato, erano stropicciati, i suoi occhi chiari erano ancora socchiusi. Adorava il colore degli occhi del suo migliore amico, aveva imparato col tempo anche a conoscerne i cambiamenti di tonalità a seconda della luce, ma aveva costantemente le pupille dilatate.

 Adorava il colore degli occhi del suo migliore amico, aveva imparato col tempo anche a conoscerne i cambiamenti di tonalità a seconda della luce, ma aveva costantemente le pupille dilatate

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"Lo stai facendo di nuovo" sbuffó.
"Cosa?" si risveglió da un momentaneo stato di trance.
"Fissare il vuoto, sei davvero inquietante. Vuoi farmelo o no un giro di carte?" chiese ancora.
"No Dyl, non sono nel giusto stato d'animo per la divinazione" sospiró.
"Ti vedo, sei peggiorata" scosse la testa in disapprovazione "sei anche troppo magra, Aly" lei si diresse di fronte allo specchio e si esaminó, aveva ragione, era dimagrita ancora di più.
"Allora, vuoi dire ad Alex la verità o aspettiamo il giorno in cui impazzirai e farai qualche stronzata?" il suo tono severo, ma apprensivo, la fece voltare dandogli attenzione, scosse la testa "Non voglio dirglielo" asserì.
"Non voglio assistere al giorno in cui morirai di fame, stronza egoista, quindi stasera io e Cole ti faremo strafogare, sai quanto diventa aggressivo quando non mangi" le puntó un dito contro, alzando le sopracciglia ripetutamente, la rossa sbuffó, pensando a quanto Cole effettivamente si infuriasse quando lei non mangiava.
"Ho conosciuto molta gente oggi" divagó.
"Stai cambiando discorso, rossa isterica" assottiglió gli occhi guardandola "Avanti parla" sbuffó facendole un cenno con la mano per farla continuare.
"A quanto pare, Jack ha una sorella della mia età, che mi ha fatto conoscere tre suoi amici alquanto strambi" inizió.
"Perché qualcosa mi dice che questi strambi siano dei fighi da paura?" borbottó il biondo.
"Perché lo sono" Alaska fece spallucce.
"Dimmi di più, dove vuoi arrivare?"
"C'è Luke, che è praticamente il solito biondo con gli occhi azzurri con tutti i requisiti per essere il sogno adolescenziale di chiunque, tipo te, nonostante sia simpatico lo trovo alquanto appiccicoso e fastidioso-" camminó per la stanza sotto gli occhi attenti del ragazzo che disse "Sicuramente gli piaci allora, poi?"
Alaska lo guardò male per la sua considerazione poi continuó "Poi c'è Ashton, credo sia il ragazzo della sorella di Jack, Evelyn, lui anche è figo, muscoloso, particolare diciamo, sembra molto dolce, è gentile e poi arriva il pezzo forte.." lasciò la frase in sospeso per assicurarsi di avere la sua attenzione "Michael, un concentrato di esuberanza, simpatia e spigliatezza, occhi verdi, ma non possono essere descritti, dovresti vederlo, ha i capelli sparati, rossi come i miei e oltretutto sono quasi sicura che sia Scorpione" gesticoló animatamente parlando di quel ragazzo.
"Ho capito il tipo" annuì Dylan "C'è dell'altro, sei turbata" continuó a guardarla seriamente.
Alaska sospiró, Dylan sapeva qualsiasi cosa, sempre, riusciva a capire ogni suo stato d'animo solo dandole un'occhiata.
"Stavo fumando dopo pranzo e di punto in bianco un ragazzo è sbucato dal nulla e mi è quasi collassato vicino, ho cercato di aiutarlo alla meglio, poi sono andata via, vorrei sapere come sta ora, ma non so nemmeno chi sia" spiegò.
"Voi Pesci e lo spirito da crocerossina sarete la mia rovina, me lo sento" borbottó alzando gli occhi al cielo "Quanto ti ha traviato questo incontro casuale?" chiese sapendo già la risposta.
"Sono davvero preoccupata"
"Ti odio, non ti sopporto, dico davvero, adesso porta quel culo nell'armadio e preparati per cena, e non un'altra parola sul tossico" disse tra il serio e l'ironico.

Arrivarono a casa dei gemelli, dove Cole li aspettava, intento a disegnare qualche capolavoro su un Ipad gigante, sentì la porta chiudersi e posó l'oggetto appena in tempo, prima di ritrovarsi Alaska in braccio "Ciao scricciolo" soffió su quei capelli esageratamente rossi "Mi sei mancata"
Dyl alzó gli occhi al cielo e decise di andare ad apparecchiare lasciandoli soli, non era tipo da affetto e coccole, al contrario di Cole che non perdeva mai un secondo per prendere Aly tra le braccia.
I ragazzi andavano davvero d'accordo, ma Dylan aveva un carattere più acido e sarcastico rispetto a quello dolce e comprensivo di Cole, le loro due personalità differenti si completavano.
"Cole, mi sei mancato anche tu!" gli sorrise, posó la sua borsa e il giacchetto sul divano, sedendosi in parte a lui, che però la fece spostare sulle sue gambe, accarezzandole la schiena "Ho un regalo per te, non abbiamo potuto vederci al tuo compleanno, quindi te l'ho portato qui" le sorrise dolcemente, indicandole poi un'enorme scatola rettangolare coperta da carta regalo blu, le si illuminarono gli occhi, intanto Dylan era poggiato sullo stipite della porta della sala, godendosi la scena, Cole ancora seduto sotto di lei, la spinse dolcemente verso il centro dell'ampio salone "Dai aprilo" le intimó.
Alaska si alzó velocemente, contenta e divertita, inizió a scartare, quello che poi si riveló essere una chitarra acustica amplificata, nera e bordeaux.
"Cole sei impazzito! Quanto hai speso?" portó lo sguardo dall'oggetto al ragazzo, stupita.
"Non importa, sto lavorando in uno studio di tatuaggi rinomato in città, posso permettermelo, scricciolo, dai accordala, fammi sentire qualcosa!" la invitó a suonare.
Glie l'aveva regalata sapendo il talento che aveva nel suonarla, i suoi genitori non le permisero mai di comprarne una, quindi lui la invitava a casa per farla suonare, scoprendo poi anche la sua voce armoniosa e ipnotica. Decise quindi di dovergliela far avere per forza.
Alaska accordó la chitarra, strimpellando qualcosa, poi inizió a suonare veramente, un qualcosa che lei stessa aveva composto, non cantó, fece solo ascoltare la sua melodia, non ancora sicura del testo, poi la posó e andò ad abbracciare Cole.
"Ti adoro" sussurró quasi in lacrime, lui la strinse ancora.
"Prima che questa scena diventi pietosa, è quasi pronto, quindi ne approfitto per informarti, caro fratello, che la deficiente è di nuovo in crisi con il cibo" irruppe Dylan nel silenzio del loro dolce momento.
Cole la allontanó, si alzó squadrandola dalla testa ai piedi "Adesso tu mangi tutto, altrimenti scordati la chitarra!" le puntó un dito contro e poi seguì il fratello in cucina.
Alaska si ritrovó sola in salotto, a mordersi le labbra nervosa, sbuffó e li raggiunse.
La cena fu tranquilla, tra battute e racconti, i ragazzi si assicurarono che Alaska mangiasse tutto. Sembravano dei genitori a volte, ma tenevano davvero tanto a quella piccola ragazzina;
Cole era quello più assente nella sua vita, rispetto a Dylan, che non passava giorno senza vederla, erano inseparabili.
Il loro rapporto poteva definirsi fraterno, Dylan era l'unica persona che fu sempre presente, in ogni momento della vita della rossa, nonostante la differenza d'eta, si trovarono bene insieme dal primo istante, i gemelli erano di qualche anno più grandi di Alaska.
Cole anche fu presente, ma come figura secondaria in un certo senso, non aveva il tempo libero di starle accanto tutti i giorni, ma ogni volta che trovava uno spazio, Alaska era sempre il primo dei suoi pensieri.
Il bene che li legava era indescrivibile, la rossa era attaccata emotivamente a tutti e due, aveva punti in comune con entrambi, con Dylan c'era la passione per l'astrologia, poi film e quotidianità, con Cole invece c'era l'arte e la musica. Lui le insegnó a suonare, le trasmise la passione per il disegno, le fece i primi tatuaggi a casa: quando ancora non lavorava in studio e gli serviva fare pratica, Alaska si offrì come volontaria, era la sua tela, la sua prima opera d'arte su piedi.

La riaccompagnarono a casa, Alex e Lisa non erano ancora tornati, così decise di salire in camera ed iniziare a suonare.
Strimpelló l'inizio della sua nuova canzone, cercando di ricordarsi il testo e maledicendosi per non averlo scritto da nessuna parte.
Prese un quadernino, buttó giù qualche strofa e poi riprese a suonare:

I, I must confess
How hard I tried to breathe, through the trees of loneliness
You, you must confess
How hard you need to see, through the heart beating out my chest

Feel like we've been falling down
Like these autumn leaves
But baby, don't let winter come
Don't let our hearts freeze

Alex era appena tornato, sentì la melodia dal piano inferiore e si precipitó di sopra in tempo per sentirla cantare le prime due nuove strofe, quando sentì il silenzio e il romure della zip della custodia per lo strumento, aprì la porta, senza nemmeno bussare.
"Da quando hai una chitarra tua?"
Alaska sussultó per l'ennesima volta quel giorno, guardó male Alex.
"Me l'ha regalata Cole per il compleanno" rispose.
"Sono contento di poterti sentire di nuovo mentre canti, Icy" le sorrise sincero ed uscì, lasciandola sola, con un senso di benessere che affioró con quell'ultima frase.

Let me look in your eyesWhere stories live. Discover now