7. Look What You've Done

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Ero seduta su uno dei divani di pelle del locale e osservavo attentamente tutti i miei amici, sperando di non perderli di vista.

Bill ballava e cantava a squarcia gola sulle note di "Gimme more" di Britney Spears, con Gustav che lo seguiva a ruota. Georg ballava con Arlene e la guardava come se fosse l'unica donna sulla faccia della terra. Tom stava parlando con quattro ragazze allo stesso tempo, mentre sorseggiava un Long Island e io mi martoriavo le labbra, che avevano preso a sanguinare.

Perché? Ero forse gelosa? E di chi? Di Tom? Non avrebbe avuto speranze con me né ora e nemmeno tra duemila anni, eppure qualcosa nel mio stomaco prese a contorcersi e io dovetti distaccare immediatamente lo sguardo da quella scena disgustosa.

Era una cosa che capitava spesso, lui che si accaparrava le ragazze più facili del locale, intendo. Ormai conoscevo fin troppo bene i suoi standard in fatto di prede: preferiva le bionde, alte, dalle tette grandi e con il cervello talmente ristretto da pensare che la loro frequentazione sarebbe durata per più di due giorni.

Infondo c'erano molte ragazze alla ricerca di un'ultima botta estiva, consapevoli che quel rapporto sarebbe durato poco, ma evidentemente a loro bastava. D'altronde chi è che non cercava qualcosa che durasse poco meno di un giorno o, ancora meglio, poco più di una singola notte?

Io no di certo, stavo bene sul mio divanetto a rollarmi la terza canna della serata, di solito non mi ubriacavo a merda e non fumavo come un turco, sia chiaro, ero sempre stata io a tenere la fronte di Bill quando ci dava giù troppo pesante, non era mai accaduto il contrario fino a quella notte.

Lasciai i miei tacci accanto al divano quando decisi di scendere in pista anch'io, mi stavano torturando i talloni.

-Uno shottino di sambuca!-
Gridai al barista, che ormai neppure si faceva più scrupoli sull'età che potessero avere i presenti nel locale.
Lo mandai giù con estrema facilità, chiedendogliene un altro, è un altro ancora. La sambuca era buona, liscia e fredda, quasi inodore. Dedussi che avrei fatto prima a chiedergli un bicchiere o direttamente la bottiglia, ma in quel momento non ci pensai, pensai soltanto a rendere la testa leggera, perché forse un po' gelosa lo ero.

Non me ne capacitavo e continuavo a bere, sperando che la risposta si palesasse ai miei occhi sul fondo di uno di quei tanti bicchierini di vetro, che stanziavano in linea retta di fronte ai miei occhi inibiti.

-Una Heineken-
Era Bill, quello che parlava accanto a me, e che si accorse della mia presenza soltanto qualche secondo dopo.
-Ronny! Oh mio Dio! Come ti sei ridotta?!-
Lo salutai con la testa tra le nuvole, non sentivo poi granché.

Ciò che vedevo era una marea di ombre indistinte che danzavano tra le luci sguazzanti dei proiettori, e delle voci ovattate discutevano sopra la mia testa. Credo che Bill mi abbia portata nel bagno del locale, a vomitare, risi pensando che era sempre accaduto il contrario, che ero io a tenergli la fronte quando non si reggeva più in piedi da solo.

In realtà non pensai ad ubriacarmi in funzione di scoprire se anche lui avrebbe fatto lo stesso per me, io non pretendevo niente in cambio, anzi.
-Bill?-
Mormorai mentre le sue mani mi tenevano i lunghi capelli neri per evitare che venissero sporcati dal mio vomito.
-Sono Tom, Ronnie-
Fu allora che sorrisi, con gli angoli della bocca leggermente sporchi.

-Sei tu che mi hai tenuto la fronte, allora-
Biascicai tra una risata e un'altra, mentre sentivo lo sguardo preoccupato del rasta su di me.

Non l'avrei creduto, che fosse lui e non Bill a reggermi la fronte, intendo. Tom era sempre stato il più parsimonioso con l'alcol, e quindi aiutava me con suo fratello, e ora aiutava solo me, con quella brutta cera.

𝑰'𝒍𝒍 𝑲𝒏𝒐𝒘 [𝑻𝒐𝒎 𝑲𝒂𝒖𝒍𝒊𝒕𝒛]Where stories live. Discover now