Epilogo

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Il cielo era buio e senza stelle.
Avrebbe piovuto. Gli uccelli erano i primi a percepire il maltempo e le perturbazioni in arrivo, ecco perché preferivano volare basso.

Levi aveva sperato troppo a lungo che potesse cambiare qualcosa. Aveva passato una vita chiuso in se stesso e aprire la porta a qualcuno era sempre stato difficile, ma con Arlène era successo il contrario. Le aveva aperto la porta e ci aveva guadagnato una torta al limone, una cultura sulla musica italiana, e una tempesta di emozioni. Sensazioni che non aveva provato mai.

E arrivato a questo punto, dopo aver trovato una persona che gli aveva fatto perdere la testa, che lo aveva fatto innamorare in una maniera così potente, da mettere dubbio di poterne trovare una, anche lontanamente simile a lei, lo portava a domandarsi come avrebbe potuto, un giorno, riacquisire lo stesso livello di relazione con un'altra persona.

L'amore gli aveva dato una casa. Sempre l'amore lo aveva lasciato di nuovo solo. 

Le ginocchia scricchiolano quando si abbassa per afferrare il cestino di paglia che aveva nascosto nel salvaspazio, sotto il lavandino della cucina

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Le ginocchia scricchiolano quando si abbassa per afferrare il cestino di paglia che aveva nascosto nel salvaspazio, sotto il lavandino della cucina.

Durante i mesi trascorsi, aveva manifestato un'ossessione per i mandarini. Ne portava sempre uno nella tasca dei jeans. Quando urtava la gente per strada, esso si distruggeva. Al lavoro, la maggior parte del tempo, profumava di mandarino.

Aveva da poco smesso di piovere, perciò aveva cercato in tutti i modi di evitare la pozzanghera che lo separava dal marciapiede e una volta superata entra velocemente nel locale.

Geo-Seok lo saluta con il suo solito sorriso cordiale. Era sempre stato gentile con lui, gli dispiaceva essere lì in quel momento, per fare un'azione che non sarebbe stato capace di giustificare. 

«Buongiorno, capo» lo saluta sforzandosi di sorridere. 

«Ciao Levi. Cosa ci fai qui? È il tuo giorno libero.»

«Ho un regalo. Veda lei cosa fare, può donarli o tenerseli. Le consiglio di conservare la buccia sul termosifone caldo, profuma la casa» dice tutto d'un fiato mostrandogli il cestino colmo di mandarini. 

L'uomo rinuncia a contarli e lo guarda negli occhi. «Tutti? Sei sicuro?»

«Sì. E un'altra cosa», si morde nervoso l'interno della guancia. «Mi licenzio» dice alla fine e un silenzio scomodo si intromette fra di loro. Se non fosse per i rumori circostanti: dalle sedie che venivano spostate, alle voci dei consumatori.

Geo-Seok porta una mano a coprire la bocca. Dopo qualche istante la toglie, lasciando le braccia cadere ai lati del corpo. «Non sono sorpreso più di tanto» confessa l'uomo. «L'avevo intuito.»

Levi si acciglia. «Intuito cosa?»

«Tu e Arlène. Si è licenziata prima di te. Qualsiasi cosa abbiate in mente, io sono felice per voi.»

«Cosa?! No... io, lei..» balbetta Levi impacciato.

«Va tutto bene» sorride Geo-Seok. «Buona fortuna, ragazzo» conclude dandogli una pacca sulla spalla.

Levi esce dal locale, tenendo lo sguardo basso. Si volta verso l'insegna per l'ultima volta e attraversa il marciapiede. Si siede su una panchina e cerca di riprendere fiato. Mentre due gatti cominciano a litigare vicino un cassonetto, recupera un foglio di carta nella tasca del giubbotto e lo apre.

Caro Levi,
domani prenderò un aereo. Cambierò e tornerò con una nuova versione di me stessa. Me lo hai insegnato tu, ricordi? Che a volte il dolore serve anche a questo, a crescere.

Per questo non ti dimenticherò mai.
Tua Arlène.

Erano le nove di sera, quando Levi esce per la seconda volta dal suo appartamento. Non poteva credere che non sarebbe più tornato.

Sale sul treno, diretto a Hongdae.

Il filo bianco delle cuffie si srotolava dalle sue orecchie al suo cellulare. Da fuori, si riusciva a sentire la melodia della canzone che stava ascoltando. Era leggera e vivace.

Penso di essermi perso di nuovo
Dio è responsabile del mio ossigeno ora
Questo mondo mi ucciderà se non lo capisco

Tutti, a Hongdae, sembravano liberi.

All'improvviso Levi si ferma al centro della strada: con le mani infilate dentro le tasche del giubbotto guarda verso un gruppo di ragazzi, di fronte, seduti sugli scalini dell'università, e sorride.

Il giorno in cui anche lui avrebbe inseguito un sogno, sarebbe rimasto un ricordo così lontano.

Poi, la luce delle spie anabbaglianti di una macchina lo accecano ed essa lo prende in pieno.

Agli abitanti di Hongdae, a tutti gli stranieri che avevano scelto di visitare Seoul, non era rimasto altro che guardare il corpo di Levi, disteso sull'asfalto rovente, mentre una pozza di sangue si espande sotto il suo cranio. 

Il mondo giace in silenzio. Aspettano tutti le sirene. Un signore aveva chiamato l'ambulanza.

Sono così malato e stanco,
di sentirmi malato e stanco

Un sorriso finale curva le labbra di Levi. Non aveva scelto di morire, ma di una cosa era certo: era stanco di restare.

So far away (Inspired by the lyrics of SUGA song)Where stories live. Discover now