Capitolo dieci

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Tra i rumori della notte, Arlène avverte solo il battito del cuore di Levi nell'orecchio, con la testa appoggiata al suo petto.

«Posso farti una domanda?» La voce di Levi dopo aver fatto sesso era la cosa più eccitante che avesse mai sentito. Le sue corde vocali erano rilassate, più spesse e corte, quindi il suono usciva più profondo quasi cavernoso.

«Certo.»

«Credi che se continuassi a vivere qui, finiremmo per stancarci l'uno dell'altro? O addirittura odiarci?»

Arlène sorride e si guardano, in silenzio, costruendo una connessione con gli occhi, diversa dal loro solito.
«Adesso non riesco a pensarci» risponde alla fine. «Non riesco a pensare a niente di tutto questo.»

«Possiamo provare a farlo insieme.»
Quella strana schiettezza di lui la commuove e lo bacia fino a mancargli il respiro.

Le molle del materasso scricchiolano sotto i movimenti di Levi, quando si sposta per far stendere Arlène sotto di lui. Scende fra le sue gambe, muovendo le labbra su e giù per la coscia. Le allarga ancora di più e divora il suo nucleo. L'eccitazione di lei gli ricopre subito la lingua. E come se non bastasse, Levi la stava guardando dritta negli occhi, consapevole che quell'azione la mandasse in brodo di giuggiole. Infine, si arrampica sul suo corpo per posarle un dolce bacio sulle labbra, dandole un assaggio di se stessa.

«Vaffanculo» geme Arlène. «Sembri uscito da un anime, ti odio per essere così fottutamente sexy.»

Levi non aveva mai riso così tanto da quando era nato. Quando lo faceva le sue spalle tremavano fortissimo.

Arlène avrebbe fatto qualsiasi cosa solo per farlo sorridere. Voleva essere sempre di più per lui. Qualcosa che non avrebbe mai dimenticato.

 Qualcosa che non avrebbe mai dimenticato

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Il letto scricchiola di nuovo quando Arlène decide che era il momento di alzarsi dal letto.

«Voglio farti ascoltare una cosa.»

Levi si mette a sedere, mentre Arlène continua a parlare.

«Sono nata e cresciuta in Italia, ma mio padre è coreano. E questa canzone ha sempre avuto un posto nel mio cuore. Spero che tutti possano trovare questo tipo di amore prima di lasciare questa terra, perché sarebbe tragico non sperimentarlo durante la nostra permanenza qui.»

Nel frattempo aveva recuperato il cellulare dal comodino e aperto Spotify.

«Mi è capitato di piangere ascoltando questa canzone, una volta dopo aver litigato con la mia famiglia.»

Poi smette di parlare e alza il volume della musica.

Quando sei qui con me
questa stanza non ha più pareti,
ma alberi.
Alberi infiniti

Io vedo il cielo sopra noi
che restiamo qui abbandonati
Come se non ci fosse più niente,
più niente al mondo

Più tardi, Arlène torna sul letto. Piega una gamba dove appoggia un braccio e incastra il piede dell'altra nello spazio fra il ginocchio e la caviglia. Levi pensa a quanto è bella. Bella davvero. Tremendamente bella.

Suona un'armonica
Mi sembra un organo,
che vibra per te e per me,
su nell'immensità del cielo

Appena il brano finisce e l'applicazione riproduce automaticamente quello successivo, Arlène abbassa la musica.

A tutti piace la musica. La musica fa bene. Ma loro insieme riuscivano a trasformarla in un rumore di sottofondo, quasi fastidioso. Un rumore aggiunto a un rumore già esistente: i loro respiri, respiri profondi, respiri veri.

«Non me lo so spiegare» mormora Arlène. Sembrava che tutta la casa, in quella notte silente, la stesse ascoltando.

«Cosa?» chiede Levi.

«Sei in tutte le canzoni che ho sempre ascoltato.»

So far away (Inspired by the lyrics of SUGA song)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora