Capitolo due

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Ssangmun-Dong non aveva nulla a che fare con Hongdae e con i quartieri più chic di Seoul. Era situato nell'estremo nord di Seoul, all'interno del dipartimento di Dobong-gu.

La finestra del bagno apre su un vicolo frequentato da ubriachi e abitato dai frammenti più poveri della società.

Ssangmun-Dong dall'appartamento di Levi era solo montagne. Nonostante lui fosse cresciuto a Gangneung, abbracciato dal mare, non era stato difficile abituarsi.

_ Non puoi disdegnare la natura in montagna: ti tira per la manica, ti chiede di guardarla, di studiarla, di esserle presente, perché solo così lei si aprirà con te, gli aveva sussurrato uno sconosciuto che aveva incontrato la prima volta che era salito in cima.

In seguito era entrato in quella dimensione e aveva imparato che, anche le cose più normali, possono diventare significative.

Levi sbuca fuori dal piumone e scende giù dal letto. Senza accendere le luci raggiunge il balcone, dove sposta lo stendino per avvicinarsi alla ringhiera ed osservare la notte lasciare il posto al giorno. Si accuccia per terra, di spalle alla strada e guarda dentro l'appartamento.

Un'altra notte lì e sarebbe morto per intossicazione. Non riusciva più a dormire, i muchi nel naso non gli permettevano di respirare e il pizzicore alla gola era diventato insopportabile.

_ Levi?

Non era in grado di distinguere il volto della persona nell'ombra che lo stava chiamando, ma sarebbe stato capace di disegnarlo facilmente, tanto quanto lo sarebbe stato scrivere il proprio nome a occhi chiusi.

_ Non ti senti bene? Rispondimi Levi!

Levi lascia cadere la testa sul petto di Arlène. Si fa cullare dal battito del suo cuore, così marcato che dava l'impressione di voler uscire.

Ti sei preoccupata per me?, desiderava chiederle. Non sei neanche entrata dalla porta. Hai scavalcato la finestra per venire ad aiutarmi, Arlène? Hai fatto tutto questo per me?

Levi chiude gli occhi e si addormenta.


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A Ssangmun-Dong l'alba era passata già da un pezzo.

Le ciglia di Levi tremolano. Si gira a pancia all'aria, appoggiando una mano sul ventre piatto e nudo, l'altro braccio lo posa sugli occhi infastiditi dai raggi del sole. Un attimo dopo era lì, di nuovo, che russava.

Arlène reprime in silenzio - seduta ai piedi del letto - l'impulso di immergere una mano nei capelli di Levi. Riusciva a percepire la loro morbidezza, simile alla seta.

Poi esce dalla camera da letto per entrare nel soggiorno, dove raccoglie un po' di caffè caldo dalla macchinetta. Il liquido amaro, leggermente acido e con una nota terrosa, scende lungo la gola. Infine, il rumore dell'accendino seguito dallo scoppiettio del tabacco che brucia.

So far away (Inspired by the lyrics of SUGA song)Where stories live. Discover now