Capitolo undici

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Era un pomeriggio sereno quando è arrivata la lettera di disdetta. Levi avrebbe lasciato definitivamente la sua vecchia dimora.

All'inizio l'aveva amata, molto di più di quanto avesse odiato gli agenti che la seguivano. Gli agenti immobiliari. La categoria professionale peggiore esistente sulla terra.

Adesso, da quando non ci abitava più era diventata un'estranea. Il soggiorno era avvolto da una tiepida luce che metteva in rilievo l'eccesso di polvere che alloggiava sulle superfici.

Era uscito di lì il più velocemente possibile e si era sentito strano fino alla sera, quando era rientrato nell'appartamento di Arlène.

Prima di entrare si era accovacciato nel buio del pianerottolo ed era scoppiato a piangere. Poi, nel silenzio aveva udito dall'interno rumore di piatti, e la voce inconfondibile di Arlène che dimenava contro qualcosa. Forse addirittura qualcuno. Di nuovo felice, si era rimesso in piedi. Aveva aperto la porta e aveva esclamato:
«Sono a casa!».

Fa il suo ingresso in cucina. Arlène stava prendendo la birra dal frigo. Lui si allunga per darle un bacio, vedendola irrigidirsi istantaneamente.

Lei chiude il frigorifero e si avvicina al tavolo. Levi decide di lasciare perdere, accomodandosi sulla sedia di fronte all'ospite della serata.

«Riprendiamo il discorso» dice Arlène a Soo-Min, «non sei di Seoul, vero? La tua pronuncia è particolare.»

«Sono originario di Bangkok. Io e mia madre ci siamo trasferiti che avevo dieci anni.»

«Sei thailandese?!» aveva urlato Arlène facendo cadere gli spaghetti che prima aveva arrotolato con tanto amore nella forchetta. «Conosco solo saquat ti cra*.»

Soo-Min e Levi si guardano e stringono forte le labbra.

Arlène solleva un sopracciglio. «Non mi piace chi ride in silenzio. Aridi» borbotta alla fine.

«Aridi?» ridacchia Levi, nel vederla così prenderla sul personale.

«Sì. Provate a dire voi qualcosa in italiano.» Soo-Min scuote la testa ficcandosi il boccone di pasta in bocca. «Codardo» gli rinfaccia Arlène.

Levi sorride. Era inutile. Le persone gli facevano ancora tanta paura, ma in mezzo a loro si sentiva bene.

 Le persone gli facevano ancora tanta paura, ma in mezzo a loro si sentiva bene

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«Io vado a letto» informa Arlène, «voi che fate?»

«Io starò sveglio ancora per un po'» aveva risposto Levi.

«Ci vediamo domani» aveva sorriso Soo-Min.

Dopo che Arlène si allontana, Levi si arrocca nel suo angolo di divano - quasi avesse paura di un contatto ravvicinato - agitandosi sul posto, perché quel silenzio non sapeva come gestirlo.

«Non devi dire niente se non vuoi. Puoi avvicinarti e finire di guardare il film con me.»

Levi si era sorpreso di sentire quelle parole uscire dalla bocca di Soo-Min.
E aveva seguito il suo consiglio. Era strisciato vicino all'altro. Erano rimasti in quella posizione per circa un'ora. Avevano parlato di tante cose, finché Soo-Min non lo aveva interrogato.

«Glielo hai detto?»

Levi l'aveva guardato. «A chi? Cosa?»

«Ad Arlène. Che l'ami.» Levi aveva sgranato gli occhi e lui aveva alzato gli occhi al cielo. «Quando hai intenzione di farlo?»

«Non lo so.»

«La vita è troppo breve per non dire alla gente come ci sentiamo, quindi cosa stai aspettando?»

«Non lo so.»

«L'hai già detto.»

Levi sbuffa e Soo-Min fa lo stesso, ma più forte. «Non mi stupisce. L'uomo è sempre stato un pavido del cazzo. Quante volte, anche se coraggiosi d'animo, ci siamo mostrati vigliacchi per convenienza, perché non sapevamo come affrontare una situazione?»

Levi respira profondamente dal naso, allargando le narici e piega la testa indietro. Chiude gli occhi quando percepisce la morbidezza dello schienale contro la nuca.

Poi, all'improvviso, una scia di fumo gli passa sotto il naso e volta il capo: Soo-Min si era acceso una sigaretta. Quest'ultimo ricambia il suo sguardo e gli sorride. «L'ultima volta che eravamo seduti su un divano eri tu che consolavi me.»

«Mi sei mancato» dice in modo spontaneo Levi.

Soo-Min chiude le labbra intorno al filtro della sigaretta e sputa rabbioso il fumo. Levi gli ruba la sigaretta avvicinandola alla bocca e inspira il fumo fra i denti, per poi buttarlo fuori. Infine gli restituisce la sigaretta.

«Sii onesto con lei. Se davvero l'ami, non c'è niente di cui aver paura.»


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*Saquat ti cra (pronuncia di Arlène) sta per Sawasdī khrab è il saluto tradizionale in tailandese che significa "Ciao".  La parte finale khrab cambia in kha se a parlare è una donna = Sawasdī kha. 

So far away (Inspired by the lyrics of SUGA song)Where stories live. Discover now