Tre

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Due giorni dopo, Derek si siede sul divano di fianco a Stiles che, seduto con le gambe incrociate, sta reggendo libro e quaderno di matematica. “Studi?” chiede, ricevendo solo un’occhiata in cambio. “Posso disturbarti un minuto?”

Stiles alza gli occhi al cielo sbuffando, ma poi si ferma dallo scrivere e ascolta. “Mi hai detto che stasera dormi da Scott e mi va bene, ma volevo comunque avvisarti che anche io uscirò. Quindi, se hai bisogno di me, puoi chiamarmi sul cellulare, okay?”

“Perché dovrei avere bisogno di te?” è la risposta ormai ovvia di Stiles.

“Spero che tu non ne senta la necessità, infatti. Ma in ogni caso ci tenevo a dirtelo” risponde, alzandosi per lasciarlo studiare.

“Dove andrai? Un appuntamento?” chiede il ragazzo.

“Esco con una persona, sì” risponde vago. Non vuole che Stiles si interessi alla sua vita privata e, per fortuna, sembra accontentarsi della risposta, perché abbassa lo sguardo e riprende a fare i compiti.

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Stiles è sempre stato curioso, ha sempre vissuto di documentari, di gialli e se si mette in testa di scoprire qualcosa, nessuno riesce a tenerlo fermo. Per questo ora è a casa di Scott, hanno appena finito di cenare e, con una scusa, sta cercando di tornare a casa di Derek. “Amico, ma ormai sono le undici di sera, sei a piedi e potrebbe succederti qualcosa” cerca di dissuaderlo Scott, ma in fondo anche lui sa che è inutile.

“Scottino” gli dice infatti, “devo fare solo un chilometro, sono dieci minuti a piedi e qui tutti sanno che sono il figlio dello sceriffo. Cosa diavolo potrebbe succedermi? Dai, ti ho detto che abbiamo litigato e mi sento in colpa, non sei contento che cominciamo ad andare d’accordo? Derek in fondo è una brava persona.”

E Scott sembra cedere, Stiles lo sa che l’ha convinto. “E va bene” dice infatti, “però mi avvisi appena arrivi a casa, okay?”

Stiles lo abbraccia, gli bacia una guancia, prende lo zaino ed esce di casa.
Gli piace la città a tarda sera. C’è solo qualche auto, in giro non c’è nessuno e tutto è immerso nel silenzio. Gli dà modo di godere degli spazi, di osservare quello che lo circonda e, soprattutto negli ultimi tempi, di non ricevere sguardi di compassione da perfetti estranei. Passa davanti alla scuola, poi devia verso la periferia. Pur essendo primavera, a quell’ora l’aria a fresca e si stringe nella felpa leggera, accelerando il passo. È quasi alla strada del loft, quando sente uno scricchiolino dietro di sé e si gira di colpo. Non ha paura di tante cose, ma essere inseguito da un cane randagio è una di quelle. Solo che non è un cane. Stiles vede al centro della strada, immobile, quello che sembra un uomo. Se ne sta lì e Stiles anche se non riesce a vedere più di una figura in ombra, si sente perfettamente i suoi occhi addosso. Rimane immobile giusto un istante, quel tanto che basta per pensare di essere inseguito e si gira di scatto, mettendosi a correre. Corre fino a sentire i polmoni bruciati, senza voltarsi indietro nemmeno una volta, con il terrore di trovarsi quell’uomo vicino. Arriva al portone che per fortuna è sempre aperto e lo sbatte con forza, lanciandosi lungo la rampa di scale, salendole due a due. Quando arriva all’ultimo piano, alla porta del loft di Derek, si azzarda a guardarsi alle spalle: è solo, ma sta tremando di paura. Prende le chiavi dallo zaino e dentro di sé spera che Derek sia in casa, perché lo scenario di quell’uomo che sale le scale e che irrompe in casa gli sta facendo venire i crampi allo stomaco. Spalanca il portone di metallo e si fionda in casa, chiudendolo alle proprie spalle. Le luci sono accese, anche se non tutte e l’open space è leggermente illuminato. Dal divano si alzano due figure: Derek e una donna con i lunghi capelli castani tutti in disordine. “Io-io” balbetta, ma le parole non escono. Stiles si sta sforzando, sul serio, vorrebbe anche scusarsi per averli interrotti perché stavano evidentemente per scopare, ma le parole non vengono fuori, come se la gola si stesse stringendo.

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