Tisanina

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Alla fine, ha accettato di venire con noi, lo stolto maledetto. E non sono riuscito a dire a Eli quanto una pessima idea mi sembri quella di combinare l'incontro tra Jacopo e Aurora. Qualsiasi cosa le dica sembrerà un arrampicarsi sugli specchi, che non farà altro che alimentare le sue assurde teorie del complotto.

«Ripetiamo il piano...» mi dice Eli, al telefono. Per l'ennesima volta, no.

«Facciamo un giretto, andiamo tipo in piazza. Scateniamo l'animo da ficcanaso di Fra che gli chiederà della sua vita sentimentale. Se è single –e te lo giuro, su questo non transigo–, andiamo allo storto e a una certa, io, te, Lori e Fra spariamo e li lasciamo soli, così si conoscono e possono scopare» brontolo, controllando la sottile linea nera sull'occhio. Non so, è precisa e simmetrica all'altra, ma c'è un qualcosa che non la rende perfetta. E che palle. Vabbè, lascio tutto così. Evito di mettermi l'illuminante, cercando con tutto me stesso di contenermi e di fare la persona sobria, poi guardo il mio viso allo specchio. Perfetto, come dev'essere. A parte l'eyeliner sull'occhio destro, ma faccio finta di non pensarci.

«Perfetto. Questa è la tua ultima occasione...»

«Santo Iddio, se non la smetti mi incazzo!» sbotto, interrompendola. So dove vuole andare a parare e no. In qualche modo, ho trovato la pace dei sensi e domenica è stata una serata quasi alla pari di quelle con Lori. Solo senza moto, ma questo lo posso accettare. Quindi basta con queste domande pressanti, mi mettono ansia e mi buttano punti interrogativi in testa di cui non ho assolutamente bisogno.

«Hai le tue cose?» mi chiede, acida. Sbuffo e mi metto il deodorante sotto la polo. Poi, appare sullo schermo un'altra chiamata, di Jaco.

«È Jacopo, non staccare che poi ti dico cosa vuole»

«Ok!».

Rispondo, mettendo anche quella in vivavoce. «Hey»

«Ciao, sono sotto!» esclama, entusiasta. Veramente, l'ottimismo di quest'uomo mi sfianca. Non ha mai giornate no, come cavolo è possibile?

«Scendo» gli dico, criptico, staccando subito la chiamata. «Eli, in cinque minuti devi essere pronta» asserisco, staccando anche la sua chiamata, poi scendo le scale, evitando sapientemente di avvicinarmi troppo agli orchi che abitano casa mia, mi metto le scarpe gridando un "ciao" ed esco fulmineo.

«Che velocità...» commenta Jaco, quando salgo in macchina. «Pensavo dovessi aspettarti due ore»

«Ah-ha, simpatico come pestare una merda» mugugno, mettendomi la cintura.

«Mai quanto te» controbatte, facendo un sorriso ruffiano.

«Ricordi i genitori omofobi e maniaci del controllo?» chiedo, retorico. Lui annuisce, io indico la mia faccia. E i miei vestiti. E i capelli e gli orecchini. «Ecco, questo triggera l'omofobia. Sarebbe una cosa che vorrebbero controllare e cambiare secondo i loro canoni di genere. Ovviamente non ci riescono e siamo due trigger su due. Devo uscire in tipo tre secondi senza che mi vedano, altrimenti le due ore di attesa sarebbero impiegate solo da una grossa crisi fatta di "cambiati" e di "no

«Wow, che seccatura.»

«No, ma figurati, ma che seccatura? È una cazzo di tortura, Jaco. Ricorda, girone infernale...» borbotto, roteando gli occhi al cielo. «Comunque... sbrigati, che c'è l'altra maniaca del controllo che ci aspetta, almeno ci sei tu che sei una specie di hippie da questo punto di vista»

«Dai, spiegami dove sta la casa della tua amica» mi dice, partendo. Lo osservo guidare, ha le sopracciglia aggrottate, le labbra piegate in un'espressione avvilita, a volte sospira. Non sembra stare benissimo, però non ho le capacità relazionali adatte a capire a fondo il suo stato d'animo. Lo guido fino a sotto casa di Eli, che se ne sta davanti al cancelletto con un sorrisone a trentadue denti. Elisa in modalità accoppiatrice è veramente una cosa insopportabile.

Show me how good life can beDove le storie prendono vita. Scoprilo ora