Il Mercato Nero pt.I

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3. IL MERCATO NERO PT. I

“La magia è caos, arte e scienza. È maledizione, benedizione e progresso. Tutto dipende da chi usa la magia e per quali scopi. La magia è ovunque. Tutto intorno a noi.”
(Andrzej Sapkowski)
 
Due giorni dopo
Artemis controllò che in valigia ci fosse tutto e poi la richiuse; si era portata lo stretto necessario dato che il viaggio in Marocco sarebbe durato al massimo tre giorni. Sperava di tornare anche prima perché l'idea di passare tutto quel tempo sola con Klaus non la allettava per niente.
Qualcuno bussò alla porta e lei aprì dopo aver visto attraverso lo spioncino.
"Mabel! Che ci fai qui?"
La nonna entrò in stanza e chiuse la porta. Era incredibile che avesse cinquant'anni quando in realtà doveva averne più di settanta. 
"Ho saputo che stai andando al Mercato Nero della magia. È un posto pericoloso."
"Devo trovare il grimorio di Oscar, e forse potrei trovare anche lui."
"Devi stare attenta, ragazza. Il Mercato è un luogo più oscuro di quanto immagini. Ecco perché ti ho portato questo."
Mabel le allungò una collana con un piccolo pendente a forma di occhio allungato. Artemis lo prese e lo esaminò.
"L'occhio di Horus, un potente amuleto."
"Ti proteggerà durante il viaggio. Questo un tempo apparteneva a tuo nonno."
"Che nonnina gentile."
"Non è un gioco, Artemis. Stai per affrontare qualcosa di oscuro." Disse Mabel con tono cupo.
Artemis si mise la collana in tasca e recuperò la giacca di jeans, a breve sarebbe arrivato il taxi.
"Tu per caso sai in che modo mia madre potrebbe essere collegata al Marocco? Nel suo diario c'era un riferimento a un posto chiamato il Covo."
"Non so niente. Ti ricordi che sono stata impegnata quando Yvette aveva solo 18 anni."
“Inizio a credere che mia madre avesse più segreti di quanto immagino.”
“Artemis, tieni a mente che Oscar è un uomo spietato.”
“Ce la farò. Adesso devo andare, Klaus mi aspetta in aeroporto.”
Artemis prese la valigia e chiuse a chiave la stanza del motel.
“Allora buon viaggio, Artemis.”
 
Diverse ore dopo, Marrakech (Marocco)
Artemis si tolse il giubbotto non appena scese dall'areo. Mentre a New Orleans era inverno inoltrato, a Marrakech la temperatura si aggirava intorno ai venti gradi. Klaus, invece, indossava già una giacca leggera in quanto non pativa il freddo neanche in America.
"Andiamo in hotel, lasciamo le nostre cose e decidiamo cosa fare." disse lui.
"In hotel non diamo troppo nell'occhio? Dovrebbe essere una specie di missione segreta."
Usciti dall'aeroporto, si fermarono sul ciglio della strada in attesa di un taxi.
"Oscar e la sua complice a quest'ora già sapranno del nostro arrivo, scommetto che qualche Esiliato ci ha visti lasciare New Orleans. Nascondersi non serve a niente."
Klaus aprì lo sportello del taxi e Artemis si accomodò sui sedili mentre il taxista caricava i loro bagagli. 
"E per quanto riguarda il Covo?"
"Stasera andremo a una festa." Sorrise Klaus.
“Oppure no.” disse il taxista.
Artemis non ebbe neanche il tempo di elaborare quelle parole che l’auto si fermò di colpo in un vicolo e lei fu trascinata fuori con la forza. Sbatté con le ginocchia a terra e sentì il sangue imbrattarle i jeans.
“Ecco la principessina.” Esordì una voce maschile.
Artemis alzò gli occhi e vide un ragazzo con lunghi capelli neri, verdi occhi crudeli e strani tatuaggi di stelle sulle mani.
“Con quale stronzo ho il dispiacere di parlare?”
“Non ti ricordi di me? Mi sento offeso. Il mio nome è Patrick.”
Patrick accarezzò la guancia di Artemis e Klaus sentì la rabbia montargli dentro.
“Non toccarla se vuoi restare vivo.”
“Vivo o morto, che differenza fa?” scoppiò a ridere Patrick.
Klaus cercò di divincolarsi ma la strega alle sue spalle lo teneva immobile con la magia.
"Non ho idea di chi tu sia." Disse Artemis.
"Non ti ricordi delle estati passate a Mystic Falls? Non ti ricordi di un ragazzino che mangiava marshmallow ad ogni ora del giorno?"
Artemis tornò indietro con la memoria a quelle estati di tanti anni fa, quando lei e sua madre passavano tutto agosto nella casa sul lago di Elena Gilbert. Ricordava le grigliate dei vicini, ricordava le figlie piccole di Caroline, ricordava di aver imparato a guidare l'auto di Damon Salvatore. E poi, in fondo alla memoria, sprazzi di un ragazzino con la maglia a righe che parlava sempre di videogiochi e marshmallow.
"Tu sei Patrick O'Malley. Eri il figlio di Sandra e Jack, abitavate poco lontani dal lago."
Patrick sorrise e batté le mani esaltato.
"Bingo! Eravamo lì per spiare te e tua madre. Mio padre era un fedele Esiliato."
"E tu hai continuato sulla strada sbagliata." Commentò Artemis.
Era incredibile la quantità di informazioni che stava scoprendo negli ultimi tempi. La sua vita era sempre stata controllata. Oscar l'aveva sempre tenuta sott'occhio in attesa del momento giusto per colpire.
"Hai lo stesso caratteraccio di sempre."
Artemis provò ad allungare la mano nella speranza di poter cambiare le emozioni di Patrick, ma lui fu più veloce e le afferrò il polso con violenza fino a spezzarlo. La ragazza urlò di dolore e si piegò in due, il polso afflosciato come un fiore morto.
“No, no. Non si trattano così gli ospiti d’onore.” Disse una voce roca.
“Sparisci! Non sono affari tuoi!” sbraitò Patrick.
Artemis fra la nebbia che le offuscava la vista vide una ragazza con i capelli blu e un piercing fra le sopracciglia.
“Non si trattano così le signore. Incendia!
Due cerchi di fuoco intrappolarono Patrick e la sua socia. Klaus si allontanò dalle fiamme e si precipitò da Artemis.
“Bevi il mio sangue.”
La ragazza chiuse gli occhi e si attaccò al polso dell’ibrido come fosse una cascata di champagne ad un party. In pochi secondi l’osso del polso tornò alla sua posizione naturale e il dolore scomparve.
“Tutto bene?” domandò la ragazza dai capelli blu.
Klaus aiutò Artemis ad alzarsi e guardò con sospetto la loro salvatrice.
“Tu chi sei?”
“Sono Heidi. Mi manda Lena per accogliervi.”
Mentre Klaus poneva altre domande ad Heidi, Artemis si concentrò sul fumo bianco che si stava trasformando in essere umano. Era Miriam.
Heidi dice la verità, ho appena controllato. Adesso fareste meglio a nascondervi.”
“Ce ne dobbiamo andare, siamo esposti qui.” Disse Artemis.
“Venite, vi porto in un posto sicuro.” Disse Heidi.
 
Artemis gettò i pantaloni sporchi di sangue nel cestino del bagno dopo averli appallottolati. Si fece una doccia veloce e tornò in soggiorno dove Klaus stava interrogando Heidi.
“Quindi Lena sapeva del nostro arrivo?”
“Lena tiene d’occhio la ragazza da quando è morta la madre.”
Se Artemis avesse avuto ancora i sentimenti alla menzione di sua madre sarebbe scoppiata a piangere, invece si limitò a stappare una bottiglia d’acqua e a berla tutta d’un fiato.
“E perché Lena è così interessata a me?”
“Non lo so. So solo che stamattina mi ha incaricata di seguirvi.”
“Tu hai sentito qualcosa su Yvette Dumont?” chiese Klaus.
“No, non so niente di lei. Lena mi ha solo detto che sua figlia va protetta.”
“E’ ora di fare quattro chiacchiere con Lena.” Disse Artemis.
Heidi andò verso la porta e la aprì, si fermò sulla soglia per salutarli con la mano.
“Mi dispiace, ma il Covo apre a mezzanotte e prima di allora Lena non riceve. Ci vediamo stasera.”
Quando rimasero da soli, Artemis tirò fuori dalla valigia un sacchetto di salvia e la fece bruciare in un piattino.
“Ora possiamo parlare. Quanto sai di questa Lena? Perché mi segue da un anno?”
“Credo sia stata tua madre a chiederle di tenerti d’occhio. Yvette forse sapeva che Oscar sarebbe arrivato a te. Lena non ha mai dato problemi. Era a New Orleans negli anni Novanta, avrà conosciuto così Yvette.”
“E perché mai Oscar porterebbe il suo prezioso grimorio nella città dove vive un’amica di mia madre? Forse Lena lavora per lui e ci hanno teso una trappola affinché ci fidassimo di lei.”
“Lo scopriremo stasera.” Disse Klaus.
 
Alle undici Klaus e Artemis lasciarono la casa dove si erano intrattenuti e andarono a piedi a Gueliz, uno dei principali storici quartieri della città. Impiegarono quasi un’ora per raggiungere il locale.
“Perché sei vestito così?” domandò Artemis.
In effetti Klaus si era tirato a lucido: pantaloni di pelle neri, t-shirt nera e giacca di pelle con il colletto alzato. Si era anche passato il gel fra i capelli che adesso erano perfettamente arricciati. Artemis, dal canto suo, indossava un paio di jeans verde militare e una camicia semplice camicia bianca; non si era neanche sistemata i capelli che ora erano avvolti in una coda alta spettinata.
“Perché sono Klaus Mikaelson e a certi eventi è richiesto un certo abbigliamento.”
“Quindi io sarei la tua assistente? Che grande serata.”
Klaus le scoccò un sorriso, le prese la mano e le baciò il palmo.
“Mia cara, tu splendi anche in abiti modesti. Sei sempre una stella abbagliante.”
“Ti detesto.” Disse lei.
“E io ti amo!” replicò lui con un sorriso.
Artemis lo superò e accelerò il passo, erano nauseanti quei tentativi di conquista. A lei non importava. Per la prima volta in vita sua era libera da peso opprimente delle emozioni.
Una ventina di minuti dopo si ritrovarono davanti ad un palazzo Settecentesco illuminato da una insegna al neon blu: Il Covo.
“Che il divertimento abbia inizio!"
Artemis seguì Klaus dentro il locale. Aleggiava un odore di tabacco, alcol e sangue che la fece tossire. Il Covo era immenso, una sala al primo piano e una al secondo. Al primo piano l'ambiente era decorato da file di divanetti rossi e tavolini di vetro, tende damascate e lampadari al neon rossi. Sui fianchi della sala c'erano delle tende dietro le quali i vampiri si nutrivano ma senza uccidere gli umani. 
"Oh, eccovi! Benvenuti!" li accolse Heidi.
Indossava un abito nero attillato che faceva risaltare i capelli azzurri.
"Dov'è Lena?" chiese Artemis.
"Piano, piano. C'è tempo per gli affari. Volete un drink?"
"No. Voglio parlare con Lena."
"Artemis..." La ammonì Klaus.
Non era il caso di causare l'ennesimo incidente diplomatico, Klaus lo sapeva bene. Ma Artemis si avvicinò ad Heidi con sguardo minaccioso.
"Adesso dici a Lena che vogliamo parlarle, oppure faccio saltare questo posto insieme a tutti i clienti."
Heidi sorrise e annuì, dopodiché si allontanò da loro e per strada afferrò un cocktail.
"Devi stare calma. Bisogna essere cerimoniosi." Disse Klaus.
"Io non ho tempo da perdere, e neanche tua sorella Rebekah. O vuoi che dorma per il resto della sua vita?"
"Capisco che abbiamo urgenza, ma dobbiamo anche evitare di scatenare conflitti inutili. E la tua umanità scomparsa non è d'aiuto."
Artemis sbuffò e incrociò le braccia. Era stufa di quella cautela, lei aveva bisogno di risposte e anche in fretta. La diplomazia non l'avrebbe portata da nessuna parte.
"Anche Yvette metteva il broncio quando qualcuno osava contraddirla."
Ed eccola lì Lena. Alta e snella, pelle scura che riluceva nel salone, lunghe treccine nere avvolte in un turbante rosso. La sua presenza era così forte che Artemis quasi sentì l'obbligo di inchinarsi.
"Suppongo tu sia Lena."
"Lena Morris in persona. E tu sei la famosa Artemis Dumont. Sei cresciuta tanto dall'ultima volta che ci siamo viste."
Klaus corrugò la fronte. Prima guardò Artemis, che se ne stava ferma come un pesce lesso, e poi Lena, che sorrideva.
"Tu conosci Artemis?"
"Beh, sono io che ho scoperto il suo potere."
Artemis fece cadere le braccia lungo i fianchi, era così sbalordita da faticare a parlare.
"Devi spiegarmi molte cose."
"Venite, andiamo nel mio ufficio."
 
L'ufficio di Lena era piccolo, occupato da uno scrittoio antico e tre sedie imbottite. Alle sue spalle era appeso un quadro che ritraeva una Amazzone che cavalcava selvaggiamente sulle acque.
"Oh, hai ancora il mio dono." Notò Klaus.
"Tengo sempre i regali dei miei clienti preferiti." Replicò Lena.
Artemis si sedette guardandosi attorno, non si sapeva mai sbucassero vampiri assetati o Esiliati omicidi.
"Possiamo parlare di cose importanti oppure vi offro tè e biscotti?"
Lena le lanciò un'occhiata divertita. Si accomodò e posò il mento sulle mani intrecciate.
"Proprio come tua madre."
"Parlami di lei." Ordinò Artemis.
"Perdonala, ma ha perso l'umanità." Disse Klaus.
"Lo so, gli spiriti lo hanno riferito ad Heidi. Ecco perché l'ho mandata a proteggervi appena ho saputo del vostro arrivo."
Artemis si alzò, non riusciva a stare ferma, e si sedette sul bordo della finestra. 
"Raccontami tutto quello che sai."
Lena sospirò, non amava ricordare i tempi perduti, ma per la ragazza avrebbe sofferto nel raccontarli.
"Le cose stanno così..."
 
Vienna, gennaio 1995
Lena entrò nel primo locale che incontrò per la strada, pochi erano quelli aperti considerata la tormenta di neve che aveva bloccato la città. Prese posto al bancone e ordinò un caffè con whiskey. Con la coda dell'occhio notò la ragazza accanto a sé che sorseggiava una tisana bollente.
"Utile a scaldarsi?" esordì Lena.
La ragazza alzò gli occhi su di lei, sembrava smarrita con quei grandi occhi lucidi; i suoi lunghi capelli biondi erano nascosti da un adorabile cappello di lana lavorato all'uncinetto.
"Abbastanza. Vorrei qualcosa di più forte ma..."
Solo allora Lena vide che la ragazza era incinta. 
"Per i superalcolici dovrai aspettare un altro po'. Io sono Lena, piacere."
"Io sono Yvette, piacere mio."
Lena ringraziò il barman e bevve un sorso del suo drink.
"Non sei viennese, giusto?"
"Giusto. Sono di New Orleans. Ero qui a Vienna con un amico che è andato via ieri. E tu?"
"Io sono marocchina. Un paio di anni fa mi sono trasferita a Marrakech. Da circa un mese mi sposto per motivi di lavoro."
Yvette finì la sua tisana e si strinse nella giacca, faceva davvero troppo freddo.
"Oh, il vampirismo è un lavoro?"
Lena scattò in piedi nel panico totale. Era forse una cacciatrice?
"Ma tu..."
"Sono una strega. L'ho capito appena ti sei seduta."
“Vuoi uccidermi?” scherzò Lena.
Yvette ridacchiò e scosse la testa, aveva una risata adorabile.
“Con questo pancione non riesco a camminare, figurati uccidere un vampiro. E poi sono amica di molti vampiri.”
"Allora puoi essere anche mia amica." propose Lena.
Yvette arrossì sotto lo sguardo penetrante della vampira. C'era qualcosa in lei che l'attraeva.
"Sì, possiamo essere amiche."
 
Vienna, maggio 1995
Lena chiuse la tenda per impedire al sole di ustionarle la pelle. Per fortuna il braccio guarì in pochi secondi. 
Di corsa andò in cucina per chiudere anche lì le persiane.
"Buongiorno!" La salutò Yvette.
Lei e Yvette dopo quella sera di gennaio erano diventate migliori amiche e avevano affittato un appartamento insieme. Lena voleva girare il mondo e Yvette scappava dal suo ex. A quanto le aveva raccontato, l'ex in questione era uno sciamano molto potente di New Orleans che l'aveva rifiutata e lei era stata costretta a lasciare la città sotto minaccia. Non le aveva detto altro, ma quella mattina Lena era in vena di indagini.
"L'estate si avvicina. Hai progetti? Non so, magari vuoi tornare a casa..."
Yvette imburrò una fetta di pane tostato e lo sgranocchiò in silenzio per qualche minuto. Sapeva che era giunto il momento di affrontare la verità.
"Non posso tornare a New Orleans. Lì vive Oscar con la moglie e i figli, e sua sorella Brenda è stata molto chiara quando mi ha cacciata dal Quartiere. Ed è meglio che nessuno sappia di Artemis."
La bambina sonnecchiava nella culla, era paffuta e sorrideva sempre nel sonno. Lena le accarezzò il nasino e abbozzò un mezzo sorriso.
"Perché hai tanta paura di Oscar?"
Yvette guardò fuori dalla finestra, l'unica che la vampira non aveva coperto, e sospirò. 
"Oscar ha usato la magia sacrificale per modificare le mie emozioni e spingermi a fare cose orribili."
"In che senso?" 
"Grazie ai sacrifici Oscar è diventato così forte da riuscire a manipolare le mie emozioni: se ero arrabbiata lui con un tocco mi rendeva mansueta, se non volevo eseguire i suoi ordini con un tocco riusciva a farmi fare qualsiasi cosa."
Lena si sedette accanto a lei sul divano e le mise una mano sulla gamba.
"Cosa ti ha costretta a fare?"
Yvette scoppiò a piangere e crollò fra le braccia della vampira, l’unico appiglio in un mare di incertezze.
"Ho ucciso una nostra amica per lui. Si chiamava Alice e faceva parte del nostro gruppo. Lei voleva ritirarsi perché aveva scoperto qualcosa e Oscar non l'ha presa bene, quindi mi ha costretta a ucciderla e a fingere che fosse un suicidio. Poi Oscar ha detto a tutti che Alice era stata maledetta dalle congreghe e così ha alimentato il loro odio. Io non volevo! Te lo giuro!"
"Lo so. Io ti credo, Yvette. Ma che razza di magia riesce a manipolare le emozioni altrui?"
"È magia nera. Oscar dai sacrifici deve avere attinto a qualche forma oscura di magia che non conosco. E io..."
"Tu cosa?"
Yvette guardò Artemis e si portò una mano alla bocca per reprimere il pianto.
"Io temo che Artemis possa aver ereditato quella magia oscura. Nella storia sono esistite diverse streghe dell'anima, ma la magia di Oscar è di gran lunga superiore."
"Questo renderebbe Artemis la strega dell'anima più potente di tutti i tempi." Disse Lena.
"Mescolare quel potere con la magia oscura può creare un mostro." Aggiunse Yvette.
"Cosa hai intenzione di fare allora? Artemis deve essere protetta a tutti i costi, devi impedirle di diventare quel mostro."
Yvette prese in braccio la piccola e la cullò canticchiandole una ninna nanna in francese.
"La sto già proteggendo con un incantesimo di occultamento, ma devo continuare a spostarmi."
"Allora vieni con me! Vieni con me a Marrakech!" 
"Non credo sia una buona idea."
La vampira si avvicinò e le strinse le mani, adesso entrambe cullavano la bambina.
"Vieni con me. Io posso darti la vita che desideri."
"Lena..."
"Io ti amo, Yvette. Ti amo."
La strega sorrise e annuì.
"Ti amo anche io."
 
"Mia madre era innamorata di te?"
Artemis si dovette sedere per lo shock. Non immaginava che sua madre fosse bisessuale. E chissà quante altri segreti aveva Yvette.
"Sì. Due settimane dopo ci trasferimmo a Marrakech. Io comprai questo locale e lei aprì un negozio di erbe. Per un anno fummo molto felici."
"Poi cosa è successo?" Chiese Klaus.
"Gli Esiliati ci trovarono. Non so come dato che lei e Artemis erano occultate, ma una mattina Yvette per fortuna scampò ad un attacco. Quella sera stessa decise di lasciare il Marocco, da allora non l'ho più sentita. Qualche anno più tardi mi scrisse una lettera, mi raccontò che si era stabilita a Chicago e che Artemis stava bene. Da allora ci siamo scambiate lettere di continuo, sino alla sua morte."
Artemis ebbe un lampo di ricordi: una donna con le treccine che assisteva al funerale della madre.
"Eri tu la donna al suo funerale."
"Non potevo mancare. Dovevo dire addio all'amore della mia vita."
Klaus negli occhi di Artemis scorse un breve barlume di tristezza. Non lo diede a vedere, ma in cuor suo si accese la speranza che la sua umanità potesse tornare.
"Per questo c'era quella nota nel suo grimorio?"
"Sì. Yvette scrisse l'indirizzo di questo posto affinché tu un giorno potessi trovarmi." Disse Lena.
"Sai perché siamo qui?" Domandò Artemis.
"Suppongo siate qui per Oscar. I miei uomini che pattugliano il Mercato lo hanno avvistato una settimana fa."
"Quindi Oscar è a Marrakech?" Disse Klaus.
"Non lo so, da allora nessuno lo ha più visto." 
Fu solo in quel momento che Artemis vide una foto sulla scrivania di Lena: ritraeva lei e Yvette in spiaggia. C'era tutto una vita di sua madre che non conosceva.
"Ci sono altre cose che devo sapere su mia madre?"
"Questo è quello che so io. Nelle lettere non ha mai fatto riferimento a tuo padre o alla magia. Mi scriveva di sé, di te, della vostra bella vita insieme."
"Una vita fatta di bugie." commentò Artemis.
"Tua madre voleva solo proteggerti."
"Beh, ha fallito."
Detto ciò, Artemis uscì dalla stanza e sbatté la porta così forte che fece cadere un vaso.
"È tutto davvero? Se c'è dell'altro, ti raccomando di dirlo ora." disse Klaus.
"L'unica cosa che so è che Oscar si trovava qui in compagnia di una ragazzina vestita di rosa. Non so altro."
L'ibrido si alzò e si sistemò il bavero della giacca. Sulla soglia guardò Lena come se potesse incenerirla con lo sguardo.
"Se scopro che hai mentito o omesso delle informazioni, ti strappo gli occhi e te li faccio ingoiare. Sono stato chiaro?"
"Cristallino."
 
"Va bene. Ti ringrazio, Freya. Tienimi aggiornato."
Klaus chiuse la chiamata e si passò una mano fra i capelli. Erano all'incirca le tre del mattino e la sorella lo aveva chiamato per riferirgli le ultime novità.
"Allora?"
Artemis comparve in salotto con i capelli spettinati e i segni del cuscino in faccia. 
Avevano affittato una stanza in una pensione di scarso livello in modo da stare lontani dai radar degli Esiliati. La ragazza aveva lanciato un incantesimo di occultamento su loro stessi e sulla camera.
"Freya dice che il grimorio di Oscar si trova ancora qui. Stando alla mappa si trova ai Giardini Majorelle."
"La complice lo ha nascosto lì in attesa che Oscar lo recuperasse." 
Klaus si lasciò cadere sul divano e fissò il soffitto.
"Non ha senso. Se Oscar è qui da una settimana perché non ha già recuperato il grimorio?"
"Perché forse è una trappola." rifletté Artemis.
"Pensaci bene: quel grimorio conserva tutti i segreti di Oscar e non è nascosto da un incantesimo? È strano."
"È sicuramente una trappola." confermò Artemis.
"Oscar voleva che noi venissimo qui. Ma perché? Potrebbe ucciderci anche a New Orleans." disse Klaus.
"Troviamolo e chiediamoglielo."
Klaus la guardò in tralice. Artemis restava spericolata con o senza umanità. Eppure l'amava anche per questo.
"Faremo un giro ai Giardini, ma sarà solo un sopralluogo. Capito?"
"Sì, sì."
“Come ti fa sentire aver scoperto di Lena e tua madre?”
Artemis rise e fece roteare gli occhi.
“Non sento niente. E mi sta bene così perché, se avessi la mia umanità, a quest’ora starei annegando nelle lacrime e io non voglio essere tanto debole.
"Saresti umana, non debole."
"Tu non sei umano, non sai che cosa significa. L'umanità, i sentimenti e le emozioni, sono un peso di cui finalmente mi sono liberata."
Artemis si sedette a cavalcioni su Klaus e gli circondò il collo con le braccia. Lo baciò. Lui per un istante si abbandonò, finalmente dopo tanto tempo avvertiva il corpo solido e caldo della ragazza su di sé. Dopo tanto poteva riassaporare le sue labbra. Klaus si staccò quando lei si tolse la canottiera.
"No, Artemis. È sbagliato. Non farò sesso con te mentre non provi nulla."
Artemis inarcò il sopracciglio e si alzò, infilandosi di nuovo la canottiera.
"Peccato, non sai che ti perdi."
Klaus rimase da solo nel soggiorno buio con addosso la disperazione di un amore trovato e perduto. Non restava che sofferenza.
 
Salve a tutti 💕
Ecco che emergono altri segreti su Yvette. Chissà cos’altro ha in serbo Marrakech per Artemis.
Lo scoprirete solo leggendo!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

BLOODY WAR 3 || Klaus Mikaelson Where stories live. Discover now