capitolo 21

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Finalmente oggi ritorno a lavorare. 

Una volta che la direttrice mi congedò andai dritta alla sala. Entrai e lo trovai lì, seduto che fumava appoggiato coi gomiti alle ginocchia.

-ciao- dissi entrando e chiusi la porta alle mie spalle. Lui alzò lo sguardo riportandolo subito dopo sulla sigaretta, al colpì leggermente con l'indice facendo cadere della cenere sul pezzetto di carta per poi portarsela alla bocca.

Mi sedetti.

-Ciro- lo chiamai. Alzò nuovamente gli occhi, sta volta me li puntò come laser nei miei tenendoli lì. Incredibile come anche con solo uno sguardo metteva tristezza sto ragazzo.

-che tieni?- gli domandai. Lui rimase immobile riportando lo sguardo sulla sigaretta quasi finita. -nu vuo' cchiù parlarmi quindi?- gli domandai. -ca vuo'- mi domandò freddo e brusco. -si pote sape' pecche' nu vuo' cchiù parlarmi?- gli chiesi alzando di poco la voce.

Lui mi incenerì con un gesto per aver alzato il tono. -nun alzare 'a voce cummico ragazzina- si alzò facendo qualche passo verso di me. Mi alzai a mio volta e notai che fu stupito da sto gesto. -scusa?- gli domandai mettendomi davanti a lui a pochi centimetri. Non ho paura.

Lui fece alcuni passi facendomi arretrare.

Ne feci altri avanti e io altri indietro fino a toccare con la schiena la gelida parete. Mi si avvicinò fino a sfiorarci i corpi. Mise gli avanbracci poco sopra di me, attaccati alla parete impedendomi ogni via di fuga.

-te aggio ritte e nun alzare 'a voce cummico. Aggia capit?- mi sussurrò a un centimetro dalle mie labbra. I suoi occhi si alternavano da quest'ultime ai miei occhi. -pecchè maje?- lo sfidai. -pecche' so' 'o figlio del boss e Napl, nun conviene sfidarmi- disse abbassando la voce in un sussurro avvicinando le labbra alle mie.

Potei riuscire a sentire il leggerissimo contato tra di loro. -nun tenghe paura e te Ricci- dissi con voce ferma e sicura. Guardai le sue labbra così vicine alle mie. Mi prese il mento con il il pollice e l'indice alzandomelo costringendomi a fissare quegli occhi neri come il vuoto.

-guardami negli uocchi e ridimmelo se tiene o' coraggio- mi sussurrò senza mai smuovere la sua bocca a quel mezzo millimetro dalla mia. -nun tenghe paura e te Ricci, nun tenghe paura e nisciun- sussurrai. Lui sorrise leggermente. -seje 'a primma guagliona a dirmelo sacc?- disse. -si, 'o sacce- risposi facendo comparire un ghigno vincente sul mio volto. Lui ricambiò la smorfia prima di staccarsi da me.

Ritornò a sedersi sulla poltrona invitandomi a sedermi come l'altra volta.

Per tutto il tempo lui provava a sfidarmi, ovviamente lo sapevo e reagivo. Teneva spesso quella distanza tra le nostre labbra, o almeno ci provava per provocarmi ma non cedevo mai.

-Gaia! Il tempo è finito!- sentì Liz chiamarmi. -ci si vede fuori boss di Napoli- lo presi un po' in giro prima di afferrare il guinzaglio. -ah un ultima cosa- dissi riavvicinandomi a lui. Gli presi la sigaretta dalla bocca portandomela alla mia e tenendomela.

Una volta fuori Anya saltò addosso a Pino e io mi sedetti sulla panca. -chesta 'a ro l'hai presa piccrè- mi domandò Edoardo facendo un tiro dalla mia sigaretta. -l'ho fottuta a Ciro- dissi riprendendola. -nun 'a steve fumando isso vero? s' incazz a morte si 'o faje- disse Edoardo. -probabile- dissi ridacchiando.

-tu si' pazza a a sfidà 'o boss- disse appoggiando le mani sulle mie gambe reggendosi così. -già fatte cchiù volte- dissi senza problemi. -seje fore e capa- mi sussurrò prima di lasciarmi un bacio sulla fronte.

-chiste a cosa 'o aggia strunz?- gli domandai. -pe chille ca te aggio fatte prua' 'a scorsa vota- disse con un tono di malizia stringendo la presa sulle mie gambe. Si portò più avanti verso di me facendomi appoggiare la schiena alla panca.

-l'ho sempe ritte ca seje strunz- risi.

-Edoà!- la voce profonda di Ciro ci vece voltare verso di lui. -viene cca- disse lui. Edoardo mi fece l'occhiolino per poi andare verso il boss.





-Mamma io esco!- dissi uscendo di casa.

 L'estate sta finendo purtroppo. Ma il caldo ancora c'era, indossavo solo dei ciclisti neri e una felpa rosa.

Anya mi stava accanto anche senza guinzaglio.

Percorrere le strade di Napoli, in tranquillità e da sola era la cosa più bella di sempre.

Decisi che sarei andata sul molo.

Mi sedetti su uno dei pali portanti mentre ascoltavo le onde schiantarsi contro ai sassi enormi. Oggi era particolarmente agitato, c'era l'alta marea e le onde arrivano poco sotto al metro e 50.

Anya si sedette al mio fianco mentre la leggera brezza mi portava all'indietro i capelli.

Chiusi gli occhi godendomi il rilassante rumore delle onde e del vento sulla bandiera appesa poco più lontana da me.

Puntai i miei occhi sull'enorme struttura dinanzi.

Chissà cosa staranno facendo ora, probabilmente si staranno rilassando nelle celle oppure fuori in cortile a giocare.

Restai lì per circa un oretta prima di imboccare una stradina per ritornarmene a casa.

Ero tranquilla, c'era totale silenzio in quel momento, troppo silenzio ma a me andava bene.

-che hai?- chiesi al cane che si era bloccato tirando su le orecchie.

Poi l'urlo. L'urlo che mi avrebbe cambiato la vita, la reputazione, l'esistenza... tutto.


AMORE PROIBITO {Edoardo Conte}Where stories live. Discover now