CAPITOLO 10

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Stiles aveva trascorso la giornata confinato nella sua stanza, dedicandosi allo studio. Claudia aveva tentato di parlare con lui, ma senza successo. Stiles aveva deciso di lasciare che la sua rabbia si placasse, piuttosto che rispondere impulsivamente con parole di cui avrebbe potuto pentirsi. Inoltre, ancora non aveva condiviso con Isaac la storia riguardante sua madre e il ciondolo, poiché il suo amico sembrava aver dimenticato tutto. Quando era passato a prenderlo quella sera, Isaac era apparso sobrio e ristabilito dalla sbronza del giorno prima, ma non aveva fatto menzione dell'Abbazia e dell'Oltremondo.
Stiles temeva che il sidro, assaggiato da Isaac il girono prima, potesse avere una traccia della pozione che avrebbe cancellato i ricordi del suo amico. Non voleva sollevare la questione, decise di non dire nulla per evitare di riaffiorare brutti ricordi. Doveva semplicemente osservare attentamente Isaac, sperando di poter riconoscere eventuali segni della pozione e di poter agire rapidamente per porre rimedio. Sapeva che la situazione era delicata e che doveva muoversi con saggezza.
Raggiunto il parcheggio della birreria La Locanda del Boccale, i due scesero dalla macchina e s'incamminarono verso il locale scelto da Isaac per il suo compleanno. Notarono le due sorelle Lydia e Allison, insieme a un'altra decina di persone, già fuori dal locale. Al loro arrivo, tutti sorrisero e li accolsero calorosamente.
Stiles riconobbe solo alcune conoscenze del suo corso, con le quali aveva instaurato una relativa amicizia. Tuttavia, la maggior parte degli altri presenti erano sicuramente amici di Isaac: imponenti, muscolosi e altrettanto alti quanto il suo compagno.
«Signori» esordì Isaac una volta raggiunto il gruppo richiamando l'attenzione di tutti. «In coro fate gli auguri al mio migliore amico!»
Il giovane detestava con tutto sé stesso quel momento imbarazzante del canto degli Auguri. Con sorriso forzato, si preparò ad attendere che terminasse. Quindi, con un sospiro di sollievo, ringraziò e si avviarono all'ingresso. Il locale, conosciuto tra gli studenti del College of Science & Engineering come uno dei più frequentati, quella sera era affollato come mai prima.
L'ingresso conduceva ad un salone quadrato che sfoggiava al suo centro un ampio bancone che dominava la stanza. Dietro di esso, un'abbondante selezione di bottiglie di vini e liquori adornava le pareti, accompagnata da una raccolta elegante di calici, boccali e sei spillatori di birra. Una porta chiusa separava la sala dalle cucine, dalle quali si potevano sentire i profumi delle deliziose pietanze che venivano preparate. Sulla parete sinistra, un camino spento e immacolato aspettava solo di essere acceso. Dieci tavoli identici in legno massello erano sparsi per la sala con parsimonia, offrendo uno spazio accogliente e confortevole dove sedersi. Ognuno dei tavoli era circondato da sedie in legno scuro, con cuscini imbottiti di colore arancione che abbinavano perfettamente le pareti.
I muri del salone erano tappezzati da un luminoso colore arancione, che conferiva all'ambiente un'atmosfera giovanile e vibrante. Le finestre ad arco che si aprivano sulla strada, lasciavano entrare una piacevole luce naturale.
In rare occasioni, il locale era animato da performance di cabaret e musica dal vivo. Stiles rammentava di aver assistito a una esibizione di una band irlandese, gli aveva fatto provare la sensazione di essere immerso in un film ambientato in epoca medioevale.
«Allora» cominciò a dire Allison mentre presero posto al tavolo. «Benvenuto nel club di quelli che prenderà da bere senza mostrare i documenti.»
Uno stupido sorriso si stampò sulla sua faccia. «Finalmente, cazzo!» esclamò Stiles.
«Grande!» esclamò la ragazza dandogli una vigorosa pacca sulla spalla. «Questa sera divertiti e bevi fino a stare male!»
«Brava Allison! Andiamo a ordinare?» domandò Lydia e con un gesto chiamò il cameriere ordinando per tutti pinte di birra.
Stiles notò qualcosa di insolito tra Allison e Isaac. C'era un'affinità particolare che diffondeva l'aria quella sera. Gli occhi chiari di Isaac fissavano Allison con intensità, come se volesse cogliere i suoi più profondi pensieri. Con un gesto, la ragazza scostò una ciocca di capelli dorati dietro l'orecchio e sorrise con timidezza.
Tuttavia, qualcosa turbava Stiles. Sospettava che ci fosse molto più che una semplice amicizia tra i due. Era evidente il loro corteggiamento silenzioso, ma entrambi esitavano a sfiorarsi, come se temessero di spezzare l'incantesimo che li teneva uniti.
Nonostante si conoscessero da prima di entrare al college, Stiles si accorse solo ora di questo legame tra i due. Era come se un filo d'argento li unisse, tanto sottile quanto forte.
Il barista tornò con il vassoio colmo di bevande. Tutti sollevarono i bicchieri in un brindisi a Stiles. Il giovane diede un sorso generoso quando fu interrotto da un colpo sullo stinco sotto il tavolo, proveniente dall'amico seduto di fronte a lui. Perplesso, Stiles guardò Isaac, che gli fece cenno di voltarsi. Fece come suggerito, cercando di passare inosservato, si girò lentamente.
Che cavolo! Esclamò fra sé. Al tavolo alle loro spalle sedevano Cora e Derek. Sorseggiavano tranquillamente due cocktail. Stiles si girò con un movimento repentino, guardò poi perplesso Isaac. Perciò, si ricordava? Pensò.
«Non sono quei due tizi strani...?» domandò Isaac avvicinandosi a lui. Stiles annuì. «Merda! E io che pensavo di aver bevuto un po' troppo!»
«Sapevo che non avevi dimenticato nulla! Che cavolo ci fanno qui?» domandò Stiles bisbigliando.
«E io che ne so!» rispose Isaac.
«Si può sapere che cosa state farfugliando voi due?» domandò Lydia, intromettendosi nella loro discussione.
«Niente!» esclamarono in coro i due ragazzi.
Afferrò nuovamente il boccale e lo sollevò alle labbra, bevendo avidamente. Quando ebbe finito, lo posò con delicatezza sul tavolo, lasciando che la schiuma candida scivolasse giù lungo il bicchiere mentre alcune bolle producevano un lieve scoppiettio. Era evidente che Stiles stesse facendo l'evasivo. Chiamò il cameriere chiedendo questa volta un cocktail, sentiva di aver bisogno di qualcosa di più forte.
«Vacci piano» avvertì Allison con un sorriso.
«E perché? Hai detto tu che devo festeggiare. Quindi festeggio!» rispose il ragazzo trattenendo un rutto.
«Certo, ma con calma, abbiamo tutta la notte davanti.»
Merda credo di essere ubriaco! Pensò Stiles in un torpore alcolico, accorgendosi di essere profondamente ubriaco. La testa gli ciondolava pesante sul tavolo come se fosse troppo gravata per restare eretta, gli sembrava di avere bisogno di una pausa dalla festa. Era stato Isaac, aveva insistito per versargli drink e shot, a portarlo in questo stato. Stiles aveva accettato ogni offerta fino a quel momento in cui aveva bevuto l'ultimo sorso con una cannuccia.
La musica rock che suonava in sottofondo aveva perso il suo impatto, diventando un rumore sfocato e indistinto. Stiles non se ne accorgeva. Era inebriato dalla sensazione di leggerezza e allegria che gli attraversava il corpo, aveva perso il controllo della situazione, abbandonandosi a una vorace sete di alcolici. La notte proseguiva, e lui era deciso a godersi ogni momento.
Percepiva una vaga sensazione di disorientamento, come se la stanza intera stesse ondeggiando sotto i suoi piedi. Era la festa più divertente che avesse mai vissuto, persino superiore al suo sedicesimo compleanno, quando lui e alcuni suoi amici avevano deciso di trascorrere la serata in una sala giochi e bevendo birra di nascosto. Sollevò il capo e i suoi occhi si posarono sulla coppia formata da Cora e Derek, che stavano seduti al tavolo accanto. Non capiva il motivo per cui Derek lo stesse fissando con tanto interesse, ma notò che anche la sorella lo osservava con un'espressione perplessa.
Voltò lo sguardo sulla tavolata difronte a lui, Isaac e Allison si baciavano con passione, profondamente presi l'uno dall'altra. Stiles guardava quella scena con una sensazione di invidia mista a gioia per loro.
Osservò poi Lydia che, concentrata, scorreva il pollice sul cellulare. Era immersa nella luce dello schermo, probabilmente inviando messaggi o esplorando i social. Questa era la perfetta occasione per avvicinarsi a lei e scambiare parole in privato con quella ragazza che, in un certo senso, suscitava in lui interesse. Era sul punto di fare un passo verso Lydia, quando la percezione del luogo intorno a lui subì un repentino cambiamento: prima il viso della ragazza, poi il tavolo, infine le piastrelle del pavimento, fino a quando non cadde a terra.
«Oh merda...! S-sono... caduto?» domandò biascicando al pavimento.
«Amico, stai bene?» la voce di Isaac era alle sue spalle mentre cercava di tirarlo su di peso.
Stiles riuscì a sollevarsi, facendo leva sul tavolo ma perse di nuovo l'equilibrio ancora. Derek lo soccorse subito prendendolo al volo per un braccio e cercando di trascinarlo in piedi.
«Ciao» disse, rivolgendogli un sorriso e, in un attimo di lucidità poté immaginare la sua faccia da pesce lesso mentre masticava le parole.
«Ehi» rispose Derek gentile.
Stiles lo guardò meglio; non aveva fascino, ma era bello col capello platino perfettamente pettinato, una camicia celeste aderente al corpo atletico e il sorriso... quel suo sorriso...
Scrollò il capo.
Ma che... Bello lui? Pensò stranito da quei pensieri imbarazzanti.
Derek sollevò Stiles portandoselo meglio sopra di lui reggendo il suo peso e si rivolse a Isaac. «Penso io a lui, non vi preoccupate. Tornerà fresco più di prima» poi tornò a guardare il ragazzo. «Stiles, ora ti porto al bagno e ti dai una bella rinfrescata, che ne pensi?»
«Non ho il costume» rispose l'altro ragazzo facendogli un largo sorriso ebete.
«Tranquillo, non serve.»
Improvvisamente non sentì più i piedi toccare il pavimento, tutto il suo corpo veniva sollevato e vide la stanza capovolgersi. Credeva di essere in groppa alla spalla di Derek, ma non ne era del tutto sicuro.
«Guarda che so camminare da solo!» brontolò Stiles.
«Non ho dubbi, ma ci avremmo messo un eternità ad arrivare al bagno» rispose divertito Derek.
Subito dopo i suoi piedi toccarono terra, si trovò in una stanza dalle pareti grigie e nere, circondato da specchi e lavandini. Stiles, ancora intontito dall'ebbrezza, realizzò solo dopo qualche secondo di trovarsi nel bagno del locale. Ma doveva appoggiarsi da qualche parte, perché la stanza non smetteva di girare.
Derek, con sguardo comprensivo, osservò il ragazzo cercando di ricomporsi sistemando la camicia che il peso di Stiles aveva stropicciato. Liberò i polsi dalla camicia, sollevando le maniche fino a metà braccio. Azionò l'acqua del rubinetto. Stiles notò per un istante il suo riflesso, era in condizioni abbastanza pietose. Si strofinò una mano sul volto passando le dita fra le lentiggini.
«Su forza, vieni qui e lavati un po' la faccia» disse Derek con voce quieta.
Davanti al lavello, Stiles sollevò impacciatamente le maniche del suo maglione grigio. «Che diavolo ci fate tu e Cora alla mia festa di compleanno? Mi state seguendo?» domandò.
«In realtà siamo qui per pura casualità» rispose.
«Sì, certo, come no. Sono ubriaco, non stupido.»
Mentre Stiles si stava sciacquando la faccia, sentì un brivido lungo la schiena. Sollevò gli occhi sullo specchio e vide Derek mettere una mano sotto il getto dell'acqua e avvicinargliela al collo. L'acqua era fresca e piacevole. Il ragazzo fece lo stesso per inumidirgli la fronte.
«Così dovrebbe andare» disse. «Vuoi bere un po'?»
«Forse ho bevuto troppo, non credi?» rispose Stiles.
«Intendevo acqua.»
«Giusto, hai ragione. No. Non mi va...»
«Devi vomitare?»
«Non ora.»
«Vuoi tornare al tavolo?»
«Starò qui un po'» e mentre disse questo, posò la schiena sul muro e scivolò verso il basso sedendosi a gambe aperte sul pavimento del bagno. Non gli parve molto igienico ma in quello stato non gliene fregava assolutamente nulla.
«D'accordo» Derek mettendosi al suo fianco.
«Intendevo da solo.»
«Lo so bene, ma forse è meglio che io stia qui mentre tu ti riprendi un po'.»
Per un attimo rimasero entrambi in silenzio a fissare il vuoto. In quel momento, Stiles si sentiva in un tale imbarazzo che non sapeva nemmeno cosa dire, però c'era una nota positiva in tutto quello che era appena successo: avrebbe avuto modo di conoscere meglio Derek.
«Raccontami un po' di te» cominciò a dire, «avevi un'altra vita prima dell'Abbazia?»
«In realtà no o, meglio, mio nonno faceva parte dei Morfici, quindi, sono sempre stato a conoscenza di questo mondo, come te. Saltarono una generazione, tua madre venne a richiamare me entrando così in servizio dell'Abbazia. Tre anni dopo un altro Tracciatore venne per mia sorella.»
«Quanti anni avevate?»
«Entrambi dodici anni. Di solito i Tracciatori trovano i nuovi Morfici verso quell'età grazie al fluido magico che emanano, per poi allinearli con l'eclisse. Fatto questo, c'è un processo di addestramento e studio per imparare a gestire la mutazione.»
«Figo. Molto figo» disse Stiles. Se fosse stato sobrio, tutto quel discorso lo avrebbe incuriosito e molto. In quel momento però, sembravano frasi di poco senso. «E quella roba che ti è uscita dal braccio l'altra volta?» domandò. «Quella cosa ottagonale che ti ha protetto dall'attacco della donna al negozio, intendo. Cos'era?»
Derek sollevò lo sguardo verso Stiles e gli mostrò un polsino in ferro con incisi eleganti ricami, che sembravano scritte in qualche lingua antica. «È sempre un dono fatto dagli alchimisti. È uno scudo dimeteria, questo è la prova che scienza e magia possono intrecciarsi. Aiuta a proteggere in caso di combattimenti. Ne hanno creati a sufficienza per tutti noi.» Il ragazzo notò che Stiles era visibilmente confuso, inoltre l'alcol ingerito non aiutava. «Lo so, scusa. È ancora un po' complicato per te. Ma se poi il Decano approverà la tua decisione...»
Stiles si rattristò. «Non credo lo farà...» disse.
«Perché? Il quarzo ti ha scelto, come tua madre del resto.»
«Non è così!» esclamò arrabbiato. Ripensò a sua madre e a ciò che aveva fatto quando era piccolo. «Ho scelto io di mettere questo... coso! Per proteggere... mia madre. Ma forse ero troppo piccolo e stupido.»
Più gli tornava alla mente e più gli ribolliva il sangue per la rabbia. Si alzò, forse troppo in fretta perché sentì un forte capogiro e stava quasi per perdere l'equilibrio ma non gli importava di inciampare sui suoi stessi piedi. Voleva uscire.
«Stiles, non ti sei ancora ripreso» lo avvertì Derek, ma l'altro lo ignorò.
Uscì di corsa dal bagno barcollando verso l'uscita del pub. Spalancò la porta e l'aria fresca lo fece rinsavire per un secondo. Sentiva ancora il volto inumidito dall'acqua. Poi dalla sua bocca cominciò a uscire un liquido giallastro in un getto, che colpì violentemente l'asfalto.
Aveva vomitato. Alle sue spalle sentì qualcuno e con la coda dell'occhio notò un ragazzo avvicinarsi.
«Brutta serata o sbaglio?» disse mettendogli un braccio sulle spalle.
«Non t'immagini neanche...»

Ascesa dell'Erede | STEREK (vol. I) Where stories live. Discover now