CAPITOLO 8

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I tre avanzavano verso l'ingresso, ma Stiles notò subito la desolazione del luogo. Soltanto sette figure si aggiravano nei giardini, intente a studiare dei libri. Tutte e sette erano vestite impeccabilmente. Osservando meglio, Stiles si accorse che la divisa era simile a quella indossata da Derek: un paio di loro portavano abiti gessati abbinati a scarpe nere e bianche, mentre gli altri indossavano completi alla Stresemann, composti da giacca nera, gilet grigio, pantaloni gessati e cravatta chiara. Anche l'unica donna del gruppo era vestita allo stesso modo, con i capelli raccolti in un elegante chignon. Era la persona più muscolosa che Stiles avesse mai visto.
Lei con lo sguardo pareva studiare Stiles.
«Ignorala» sussurrò Derek.
«Perché mi guarda così?» domandò l'altro ragazzo.
«Denali Shan, è una delle Archiviste più anziane e esperte. Se vede qualcosa, in questo caso, qualcuno di nuovo... Bé, diciamo che diventa un poco ostile.»
Stiles fece cenno col capo, non rispose e passarono oltre. Quando entrarono nell'imponente atrio dell'Abbazia. Stiles si sentì fuori posto con il suo abbigliamento troppo casual. Il pavimento era coperto da un elaborato mosaico di piccoli tasselli color ambra, che formavano un perfetto ottagono con le grandi lettere "A" e "O" incastonate al centro. I rubini che ornavano i bordi del mosaico risplendevano.
Stiles fu attratto da quel mondo enigmatico, dove magia e la leggenda si fondono in un'unica affascinante realtà. Era un luogo di pace e di meditazione, ma al tempo stesso oscuro e misterioso. L'Abbazia era come un incrocio tra una vasta biblioteca storica e una villa barocca. Eleganti colonne di pregiato marmo la adornavano, dando al luogo un'aura di nobiltà e grandezza.
«Meglio se non li tocchi» avvisò Derek al suo fianco. «Sono parecchio antichi, come l'intera struttura. Non so quanto possano ancora reggere.» Poi Stiles notò apparire un ghigno divertito, ancora una volta lo stava prendendo in giro. «Vi trovate in una delle quattro Abbazie, che sono rispettivamente: Nord, Sud, Est, Ovest.»
«Sì, mia madre mi ha accennato qualcosa» disse Stiles. «Siamo... siamo nell'Oltremondo, giusto?»
«Esatto» rispose Derek e, mentre si sistemava l'abito di lino rosso, vide una piccola spilla in bronzo con le stesse iniziali intrecciate che c'erano sul pavimento, cosa che non aveva notato prima. «Quelle due lettere incise rappresentano l'Abbazia dell'Ovest, che è dove ci troviamo ora. Lavoriamo solo su questa area del mondo. Le Abbazie sono state fondate come se fossero dei college. È qui che studiamo e ci alleniamo, poi ci viene assegnata una reliquia da proteggere e così comincia il nostro compito.»
«E voi siete i tredici Morfici prescelti per ogni Abbazia per la protezione dei manufatti magici e dalle altre specie magiche. Giusto?»
«Corretto, creati dal Primo Decano in persona. Cominciò nell'Europa medievale col Dono dell'Eclisse. Per molti era una benedizione, per altri una condanna.» Poi Derek gli rivolse uno sguardo compiaciuto. «Mi sorprende di quanto tua madre abbia parlato tanto di questo mondo a te.»
«Sono sempre stato molto curioso» rispose Stiles imbarazzato, un lieve sorriso gli curvò le labbra. «Però mi ha raccontato ben poco di questo Primo Decano.»
«Lui era l'unico possessore della vera conoscenza che racchiude e fonde scienza e magia insieme.»
«Era?» replicò Stiles.
«Esatto. Non si hanno più sue tracce da quasi trecentoventi anni. Dobbiamo molto a lui» rispose Derek.
Quell'ultima rivelazione aveva cambiato del tutto il mondo di Stiles. Non tanto per la scomparsa del Primo Decano, ma proprio per quello che c'era intorno.
«Mi dispiace per il Camuffato che ha tentato di attaccarti» disse poi Derek.
«Un... cosa?» domandò Stiles.
«Fauni delle foreste, alcuni hanno l'abilità di prendere qualunque forma degli esseri Comuni nascondendosi da occhi indiscreti. Lasa era una di quei fauni. Ma il Decano ti spiegherà tutto. Abbiamo un colloquio con lui tra poco.»
«Cavolo. Quante cose da assimilare tutte insieme!»
«Lo so» disse Derek. «Non è affatto semplice. Non temere, ci troviamo qui apposta per cancellare ciò che state vedendo, così tornerai a una lunga vita serena.»
«Sempre se vorrò farlo» rispose Stiles.
«Fidati, non ho alcun dubbio che lo vorrai.»
Stiles rimase perplesso. Per un istante, la sua mente si interruppe come una fiamma che viene spenta da un soffio di vento. Dubbi e incertezze si affacciarono nella sua mente riguardo la lealtà di Derek. Sospirò, alla fine era riuscito a calmarsi, o almeno così credeva. In un istante preciso di quella conversazione, Stiles sperò che quell'incubo spaventoso potesse finire e che potesse risvegliarsi dalla realtà. Ma sapeva, nel profondo del suo cuore, che tutto ciò che aveva visto e vissuto era vero.
Tuttavia, come aveva appena detto Derek, gli era stata data una scelta: farsi cancellare tutto ciò che aveva visto fino a quel momento.
«Avete almeno una vita al di fuori da... qui?» domandò Stiles cercando di alleggerire la tensione.
«Guarda che è un comunissimo college» rispose Derek. «Invece di studiare anatomia, scienze e tecnologia, noi ci dedichiamo ad apprendere tecniche utilizzate da elfi antichi, analizziamo reliquie dei vari popoli dell'Oltremondo. Tua madre non ti ha detto nulla a riguardo?»
«No, o almeno, non molto. A dire il vero, ha cercato di mantenermi all'oscuro di quasi tutto.» Un po' si sentì rattristato. Poi in Stiles si insinuò un dubbio. «Ma in caso qualcuno ti chieda dei tuoi studi o del lavoro che svolgi, come rispondi?»
Derek fece spallucce. «Basta dire una piccola e innocente bugia.» Poi fece una pausa e si schiarì la voce. «A proposito, ti chiedo scusa per quanto è accaduto la scorsa sera. In realtà avevi già chi ti teneva d'occhio ma mia sorella ha deciso di andare a una festa e non ti ha protetto.»
«Perché mio fratello sta parlando male di me?» una voce, al piano superiore, si fece eco in quell'immenso atrio.
Stiles alzò lo sguardo e sentì contrarsi lo stomaco alla vista del volto famigliare della ragazza, era strano vederla vestita con un abito simile a quello di Derek, ma il suo era di un vivace color verde. All'occhiello la stessa spilla. «Cora?» domandò, rimase inebetito mentre lei scese le grandi scalinate.
«Stiles, perdonami per averti lasciato nel bel mezzo di un'aggressione. Ti chiedo scusa» rispose la ragazza dispiaciuta.
«No... cioè, non fa niente. Ma tu sei come lui? Sei...» si fermò di colpo guardando poi entrambi i fratelli.
«Morfico. Proprio così, come Derek svolgo il compito di protettrice degli artefatti magici.»
«Bene... ora cosa sta per succedere?» Derek e Cora si lanciarono una fulminea occhiata che Stiles notò subito. «Ditemelo...»
«Credo sarebbe meglio andare di sopra. Non è nostro compito dirtelo. Il Decano è furioso, non è molto contento del lavoro svolto da me e mio fratello.» Disse la ragazza, e senza ulteriore indugio, si avviò su per la scala.
«In realtà eri tu che dovevi sorvegliare Stiles» disse Derek seguendola.
«E tu non dovevi distruggere il negozio perché sei stato visto da quasi una ventina di Comuni» rimbeccò l'altra.
«Ma sta zitta» concluse Derek indispettito, mentre Stiles e Isaac assistettero alla loro piccola discussione, corsero loro incontro.
Ma Stiles si fermò un attimo per ammirare la meravigliosa architettura della costruzione. Era suddivisa in tre piani, con le pareti rivestite di stucco verde scuro e solcate da eleganti archi di pietra. Poi, per un istante, si sentì osservato e, guardandosi alle spalle, vide Derek che lo fissava, apparentemente in attesa di lui. Sentì un'ondata di calore. Si affiancò a lui, mentre gli altri continuavano a salire, superandoli.
«Va tutto bene?» domandò Derek.
«Ho appena scoperto che c'è una strana magia dentro a uno dei parchi di Beacon Hills, quindi puoi immaginare come possa sentirmi. Soprattutto perché hai detto che in questa faccenda c'è di mezzo anche mia madre» rispose.
«Se ti può far sentire meglio, quando venni a conoscenza dell'Abbazia e che mi avrebbero istruito alla protezione degli artefatti magici, io ero proprio come te. È stata un'emozione immensa e un onore prendere parte al corpo di sicurezza» gli occhi del ragazzo brillarono e sorrise mentre osservava il palazzo.
Riprese il suo cammino quando Stiles fermò il suo passo afferrandolo per un braccio. «Se devo essere del tutto sincero ho paura di scoprire la verità.»
Derek posò una mano sulla sua spalla in segno di comprensione.
Infine, i due salirono l'ultima scala e giunsero all'ultimo piano. Lì, non vi era alcun segno di arredamento o decoro: il corridoio che si estendeva davanti a loro offriva soltanto accesso a molti altri labirintici passaggi.
Stiles allungò il passo e camminò rapidamente al fianco di Cora. «Si può sapere perché non mi hai detto che avevi un fratello?» Domandò con voce bassa.
«Carino non è vero?» Rispose Cora dandogli un colpetto con il gomito all'addome. «Sembrava te lo stessi divorando con gli occhi.»
«Ma... che cazzo dici!» Esclamò Stiles, sentì il volto e le orecchie scaldarsi, poteva dire di essere diventato viola dall'imbarazzo.
«Dai, stavo scherzando. Comunque, non ti ho detto nulla perché ero sotto copertura. Se l'avessi fatta saltare, avresti conosciuto il resto della mia famiglia. Ma nel nostro lavoro di protezione, è meglio se teniamo stretta la nostra privacy.»
Cora velocizzò il passo e avanzò dritta guidandoli verso la fine, dove giaceva una solida porta di legno, adornata con preziosi motivi dorati.
«Siamo arrivati all'ufficio del Decano» disse poi lei.
Senza toccare la porta, questa si aprì con un silenzioso cigolio. Cora attraversò l'entrata, seguita da Isaac e Derek. Stiles, però, indugiò sulla soglia. Inspirò profondamente, consapevole di quanto fosse incerto sulle scoperte che l'attendevano oltre l'ingresso. Sapeva però che doveva trovare il coraggio di superare l'ultimo ostacolo.
Entrò trovandosi davanti a un immenso ufficio. La magnificenza di quella stanza era ineguagliabile, costruita con prezioso marmo perla e al centro spiccava una scrivania in acero color mattone. Le enormi finestre, che lasciavano filtrare i timidi raggi di sole, offrivano una vista incantevole sulla vasta distesa verde circostante, dava l'illusione di estendersi all'infinito.
Gli scaffali, le librerie e le mensole che ornavano le pareti erano colmi di tomi antichi e misteriosi, sembravano racchiudere segreti. Sulla sinistra, due divanetti in pelle nera, con un tavolino di vetro al centro. Il pavimento a mosaico, con il suo intricato disegno, ricalcava quello dell'atrio e creava un'atmosfera accogliente e raffinata.
Ma ciò che attirò più l'attenzione di Stiles fu una parete coperta da una gigantesca mappa del mondo, realizzata con un materiale simile al rame. Piccole luci brillavano su vari paesi. Era un'opera d'arte insolita ma suggestiva. Quella stanza sembrava uscita da un'altra epoca.
«Decano, i nostri ospiti sono arrivati» disse Cora informando l'uomo dietro la scrivania.
C'erano due persone alle prese con diverse scartoffie e, seduto alla scrivania, un signore un po' più anziano degli altri.
Alzò lo sguardo e tolse gli occhiali da vista. Subito Stiles scoccò un'occhiata a Isaac rimasto ugualmente inebetito.
«Oh cavolo...» disse l'uomo a voce bassa.
«Professor Hale?» domandò Isaac sconvolto. «Lei... è lei il Decano?» Poi si voltò verso Stiles. «Tu lo sapevi?»
Stiles stava per rispondere ma venne interrotto da Hale. «Brillante intuizione signor Allen. Non sono dietro questa scrivania per casualità di eventi» rispose serio il Decano. Inforcò nuovamente gli occhiali e si mise a leggere i documenti che gli venivano passati da uno dei due uomini al suo fianco. «Tra l'altro, Derek e Cora, perché a entrambi non è stata cancellata la memoria come richiesto?»
«Su quello non deve avere preoccupazioni» rispose frettolosamente la ragazza. «Porteremo i due nella stanza del ripristino e avvieremo la cancellazione.»
«No, un secondo...» Isaac cercò di ribattere.
«Due o tre gocce di pozione di ripristino dovrebbero bastare» rispose l'uomo.
«Mi scusi signore» con flebile voce Stiles si mise in mezzo. «È colpa mia se Isaac si trova qui, non sapevo a chi altro rivolgermi. Quindi vorremmo saperne di più...»
«Ciononostante, lui non ha obblighi sull'Oltremondo, tantomeno tu. Quindi, come ho già richiesto alla signorina Montgomery, verrete sottoposti alla cancellazione della memoria. Non voglio ripetermi.»
«Signore» s'intromise Derek. L'uomo alzò appena il capo. «Se posso permettermi; Stilinski ha effettivamente degli obblighi riguardo l'Oltremondo. Come sua madre prima di lui.»
«Ma è stato solo perché ha servito al suo scopo» rispose il Decano con tono fermo.
«E non lo metto in dubbio, ma non abbiamo un Tracciatore da anni, Signore. Lui potrebbe essere il prossimo. Diamogli una possibilità, in caso contrario si farà come ha richiesto.»
Gli occhi di Hale, intensi e penetranti, esplorarono prima Derek, poi Stiles, soppesando ogni dettaglio delle loro figure. «Va bene. Ma per il signorino Allen non farò eccezioni. Questo è un ordine.»
«No... aspettate... un secondo!» esclamò Stiles con fervore, fissando il suo amico Isaac che veniva portato via. Sul volto di quest'ultimo si leggeva un appello disperato d'aiuto. Stiles sapeva che non avrebbe mai parlato di un mondo simile, ma era pericoloso per entrambi. Così, rassegnato, scosse il capo.
Il Decano Hale diede poi ordine agli altri due al suo fianco di uscire. Obbedirono prontamente, raccogliendo i documenti e inchinandosi leggermente. Scortarono Cora e Isaac fuori dall'ufficio. La porta dell'enorme stanza venne chiusa con un lieve scatto che risuonò sinistro nel silenzio che si era impadronito dell'ambiente, intensificando la sensazione di tensione che aleggiava nell'aria. Stiles poteva giurare di udire l'impercettibile fruscio della penna dell'uomo, che scorreva leggera sulle pagine, accentuando la sua inquietudine.
«Dunque» disse improvvisamente Hale, mettendo il tappo sulla penna. «Avrai molte domande, vero?»
«Be'... logico vista la situazione» rispose. «Non credo mia madre mi abbia detto proprio tutto. Che sta succedendo professore? Mi dica la verità.»
«Qui sono il Decano, signorino Stilinski. Devi portare un po' di rispetto» lo ammonì. «Sono stato io a mantenere Claudia fuori da questa storia ma ora...» L'uomo aprì appena la bocca, come per dire altro. Poi s'interruppe. «Dovremmo partire dall'inizio, che ne dici?» Stiles annuì. Il Decano tolse gli occhiali e lo guardò. «Tua madre credo ti abbia già istruito riguardo a chi siamo e di cosa ci occupiamo all'Abbazia.»
«Più o meno credo di aver capito, però mi chiedo come mai un mostro mi è venuto a cercare? E... perché il mio ciondolo lo vedono tutti ora? Non aveva un dannato incanto di protezione?»
L'uomo era confuso quanto Stiles. Era come se non riuscisse a trovare le parole giuste per rivelare la verità. Si adagiò sulla poltrona imbottita, appoggiando la schiena contro lo schienale e stringendo le braccia al petto.
Il Decano si schiarì la voce. «Il tuo incanto era una fortezza, invalicabile. Però stai raggiungendo la maggiore età. Pertanto, ora l'incanto si sta lentamente esaurendo.»
«Chiami la Loggia e fatene un altro!» disse Stiles.
«L'incanto di protezione funziona solo sui minorenni.» rispose Hale passando le dita sulla sua testa pelata. «La collana che ti è stata donata non solo aiuta a rintracciare altri come Derek e a proteggere l'Abbazia, ma ha un potere che va ben oltre. Se non sei stato addestrato a dovere, mi spiace dirtelo ma dovrai essere sottoposto al rito un'altra volta e a iniettarti il ripristino.»
«Invece ho un'altra idea: prendiamo questi maledetti affari e lasciateli nascosti da qualche parte!» sbottò Stiles.
«Non è così semplice. Hanno vita propria, sono loro a scegliere hanno un potere immenso. Il quarzo in essa contenuto evoca uno scettro dalle proprietà mistiche. Questi oggetti non possono essere nascosti, tornerebbero in un modo o nell'altro.» Il Decano fece una pausa, incupendosi. «È vero, non ti abbiamo detto tutto, Stiles.» Trasse un lungo sospiro, come se dovesse ritrovare i pensieri oscuri e nascosti nella sua mente. Sollevò lo sguardo. «C'era uno spietato uomo che bramava il potere e creò a sua insaputa il peggiore dei mali.» Fece un'altra lunga pausa, poi continuò: «Barnabas Constantine Bertran, era un lord molto famoso all'epoca a cui piaceva la caccia, soprattutto di bestie selvatiche e creature magiche. Ancora non esisteva il velo. Adorava scuoiarle ancora vive. Dunque, fece un torto orribile al suo regno uccidendo uno degli animali più puri e magici esistenti sulla terra: l'unicorno, estinguendo così tutta la razza e le loro proprietà curative. Venne condannato all'esilio. Pertanto, quel rigido inverno, l'uomo venne ritrovato morente in una palude. Ma nessuno era a conoscenza che in quel luogo viveva un demone malvagio che aveva richiamato grazie al sangue di una sua ferita. Il suo nome era: Gaela. L'essere prese le fattezze di una splendida donna e diede modo all'uomo di sopravvivere nutrendolo e prendendosene cura. Cominciò a soggiogarlo. Con l'aiuto di Gaela, Barnabas ebbe un nuovo e piccolo regno. Sudditi soggiogati anch'essi dal demone delle acque. Qualche anno più tardi nacque un erede, Alasdair. Lo stolto Comune non sapeva di aver dato vita a un mostro. Tiefling, vengono chiamate così le creature nate dall'accoppiamento fra un Comune e un demone. Il loro figlio era forte. Crescendo divenne sempre più famelico. Barnabas fu spaventato da tale oscuro potere, tentò la fuga ma venne ucciso dal suo stesso figlio.»
Stiles fu rapito dalle parole di Hale. L'immagine di quella mostruosa creatura dal volto contorto e maligno che lo aveva attaccato, lampeggiò nella mente di Stiles. Rabbrividì e si strinse nelle spalle. «È orribile...» disse a voce bassa. «Cosa successe poi?» domandò. Aveva una tempesta di informazioni nella mente che si contendevano per restare in superficie.
«Nell'anno mille i due mondi si stavano distruggendo a causa di Alasdair e Gaela. I quattro più grandi sovrani dell'epoca vennero richiamati da un tempio che si risvegliò grazie alla magia della Loggia. Evocarono nella grande roccia i quarzi e divennero i primi Tracciatori. Si riunirono, comprendendo il loro compito e quanto l'equilibrio e la pace fra i due mondi era fondamentale.» Un'altra pausa, sul suo volto calò un amaro velo di tristezza. Chiuse più volte le palpebre come per scacciare quegli orrendi pensieri. «Decisero dunque di separarsi nei Punti Cardinali della Terra. Una volta morti i primi Tracciatori, i loro successori si resero conto che non potevano farcela da soli. Aiutati dal Primo Decano, crearono un piccolo esercito di individui mutaforma chiamati Morfici. Alasdair e Gaela scomparvero, nessuno sa cosa sia successo realmente ma ciò che rimase delle creature magiche è questo...»
Hale cliccò un pulsante sullo schermo del tablet che aveva davanti a sé. Apparve, su una parete alla sinistra della stanza, un grande schermo. Cominciarono a scorrere diverse immagini: un mostro antropomorfo con il muso deforme e la bocca piena di zanne, sotto una scritta "dragonide", una donna dall'aspetto disfatto, brutta, il viso grigiastro e dalle lunghe orecchie a punta con vistose tre file di branchie ai due lati del collo che, di primo impatto, parvero sembrare cicatrici. Lei era etichettata con il nome di "marinide". Sembravano tutti criminali.
Gli occhi di Hale erano lucidi di lacrime. Poi si schiarì la voce, sistemandosi meglio il completo.
«L'Oltremondo si sta estinguendo. Ormai è rimasto solo il marcio della società magica. Per questo noi non uccidiamo ma puniamo coloro che violano le leggi stabilite dal Primo Decano» proseguì. «Stiamo cercando di salvaguardare ciò che resta delle creature. Anche le eclissi stanno svanendo. Ci sono fonti attendibili che Alasdair e Gaela stanno tornando. Se le Abbazie crolleranno sotto il loro dominio, il mondo... tutto il mondo, potrebbe finire» concluse.
Spesso, in presenza di persone con cui non aveva stretti legami, lo portavano a blaterare cose senza senso. Ma questa volta Stiles restò senza parole esitando, incerto, sulla risposta da dare. Stiles schiarì la gola, riordinando le idee. Qualsiasi argomento avrebbe fatto al caso, pur di distoglierli dalla conversazione attuale.
«La situazione è più grave di quanto pensassi.» Disse Stiles facendo poi una pausa. «Ma perché non lo avete detto anche a mia madre?»
«Per proteggere entrambi, soprattutto tu, Stiles. Ed è per questo che ti sto supplicando di sottoporti al trattamento di ripristino» disse Hale. «Non sei addestrato per una cosa tanto grande, è rischioso avere ancora quel quarzo appeso al collo.»
«E se invece accettassi il compito di Tracciatore?» domandò Stiles. Per un momento le parole uscirono di corsa, senza rifletterci.
«Come prego?» domandò confuso Hale.
Gli pulsava la testa mentre tantissime informazioni dovevano essere ancora assimilate. Provò a fare un breve riepilogo. «Vediamo se ho capito bene: io, per voi non sono nulla, ho accettato il ciondolo solo per proteggere mia madre e nasconderlo. Ma avreste comunque bisogno di qualcuno che copri il ruolo che mi è stato imposto, giusto?»
«Sì, bè non sei proprio la nostra prima scelta, ecco» disse Hale. «Il tuo compito si è ormai concluso qui.»
«Bè... Potrei dare una mano come ho fatto finora, essere, temporaneamente, il vostro nuovo Tracciatore» rispose Stiles.
«Non abbiamo abbastanza tempo!» Esclamò Hale. «Dovresti conoscere l'intera storia dell'Oltremondo, far pratica col fluido che è riposto all'interno del tuo pendente. È rischioso, molto rischioso.»
«Oh... bene così, allora» nella sua voce si percepiva una lieve nota di delusione mischiata al sollievo. «E se ci provassi, per lo meno? Dovreste prendere in considerazione la mia scelta e provare a studiare tutta questa... roba.»
Hale si alzò di scatto dalla poltrona e andò dall'altra parte della scrivania. Un misto di turbamento e rabbia velata animava il suo volto, Stiles pensò che fosse sul punto di incenerirlo con i suoi occhi scuri.
«Questa roba, ragazzino?» disse con asprezza, «mostra rispetto quando parli nell'Abbazia. Dovresti prestare maggiore attenzione, perché...» Fece una pausa, cercando di respirare profondamente, e si avvicinò a Stiles, fermandosi a due passi da lui. Stiles notò il suo abito stirato fin dentro le pieghe, era inusuale vederlo così in ordine. Al college vestiva in maniera totalmente diversa. «Lasciamo perdere...»
«Va bene, scusi profes... Decano Hale» rispose Stiles, quasi spaventato da ogni parola che stava pronunciando in quel momento. «Non era mia intenzione offendere. Sto solo cercando di capire.»
«Come darti torto» disse poi il Decano guardandolo dall'alto in basso. «D'altronde è stata proprio colpa di tua madre se non hai avuto modo di conoscere questo mondo visto che ha deciso di rinunciare. E ora, come previsto, il quarzo rivendica il suo destino.» Diede poi le spalle al ragazzo incamminandosi verso la scrivania.
«Non credo di aver capito bene?» una rabbia improvvisa divampò dentro Stiles.
«Per oggi abbiamo finito. Fammi pensare alla tua proposta e ne riparleremo meglio fra un paio di giorni. Stessa ora. Non accetterò ritardi» Hale poi volse di tre quarti il capo guardandolo. «Magari vieni con tua madre, è tanto che non la vedo, abbiamo molte cose da dirci.»
«Decano» s'intromise Derek. «Forse dovremmo continuare, insomma, dopo l'ultimo attacco che ha ricevuto Stiles l'altro giorno, non credo che abbiamo tempo per...»
«È tutto, signor Montgomery. Valuterò la proposta. Anche se, vista la sua ormai matura età, è troppo anziano per affrontare questo compito.»
Il ragazzo fece un mezzo inchino. «Sissignore.»
Derek fu subito al fianco di Stiles e lo scortò all'uscita. Stiles avrebbe voluto rispondergli per le rime, ma si trattenne. Non se ne voleva andare, dentro di sé stava lottando con tutte le sue forze per ribattere contro Hale, ma si rassegnò decidendo di seguire il Morfico. L'ultima cosa che vide prima di varcare la soglia furono gli occhi scuri del professore alzarsi e guardarlo come se lo stesse studiando.

Ascesa dell'Erede | STEREK (vol. I) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora