Capitolo III - Colonne e Rose

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Kira

Sono passate esattamente due ore da quando Satana mi ha portato via dalla mia prigionia, lontana dall'oscurità e dalle creature sinistre che si aggiravano tra i corridoi di quella abitazione. Ma la sensazione di essere ancora più sola è devastante.

Intravedo un goccia di rugiada cadere nel piccolo lago e infrangere la superficie dell'acqua limpida, producendo dei cerchi che si dilatano.

Il luogo è composto principalmente da nebbia densa, tranne vicino a questo lago dove cresce ancora l'erba fresca e i fiori simili a narcisi, tutti con tonalità differenti.

Il grande salice nasconde il luogo dove mi sono rifugiata non appena siamo arrivati in questo posto, nascosto all'interno dei giardini del castello.

"Fai come se fossi a casa tua" mi aveva sussurrato all'orecchio qualche ora prima Satana, lasciandomi da sola in uno dei corridoi della sua dimora.

Il mio primo pensiero è stato quello di correre fuori da quelle mura, ritrovandomi inesorabilmente in trappola, in un labirinto di siepi cristallizzate e rose dall'alone sinistro. I miei piedi avevano percorso a lungo quel luogo e mi portarono proprio qui, tra le fronde di un albero dal tronco massiccio.

La mia testa va ad appoggiarsi dolcemente contro di esso, perdendomi nell'osservare il lago, ma non provo assolutamente nulla vedendo quella distesa d'acqua. A dire il vero, non sento più nulla, a parte un grande nodo all'altezza del petto.

Istintivamente, mi porto una mano al collo rendendomi nuovamente conto che il ciondolo che portavo non è più al suo posto. L'ultimo oggetto a cui ero legata a papà... e ad Alastor.

Al solo pensiero di lui, il cuore viene stretto da una morsa potentissima e le lacrime tornano a premere sotto le palpebre.

Cerco di stringermi ancora di più contro il salice per cercare un minimo di conforto e di non sprofondare in un abisso che ormai conosco fin troppo bene.

<<Sapevo di trovarti qui.>>

Il fiato mi rimane incastrato nella gola e il cuore batte prepotentemente contro la cassa toracica a causa dello spavento.

Cerco di ricompormi, cerco di rimettermi la maschera che mi ero costruita e che avevo progettato da quando avevo perso l'unica persona che mi amasse veramente prima di Alastor. Ma stranamente quel muro non si erge, non divide me e il nuovo arrivato. E come se la mia mente cercasse di rimuovere quel lato di me e che per una volta mostri un lato vulnerabile ad una creatura che a malapena conosco e che ha cercato di rapirmi.

Non ribatto alla sua affermazione e guardo verso la distesa d'acqua per non dargli troppa importanza.

Sa benissimo di avere il controllo totale su di me. Mi ha rinchiuso in una gabbia dove può divertirsi e manipolarmi a suo piacimento.

<<Sai, quest'albero ha una storia molto interessante. Si dice che era un uomo nobile, benedetto dagli angeli e che, per amor della sua amata, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggerla. Sfortunatamente, dopo essere tornato da una battaglia, non trovò più la sua bellissima principessa e cadde nell'oscurità più profonda. La cercò in lungo e in largo, finché scoprì che il signore delle terre vicine aveva preso in sposa la donna che amava.

A causa della sua insolenza e della rabbia, decise di dichiarare guerra al suo nemico. Perse e per punizione venne trasformato in un salice piangente. Gira voce che, se una fanciulla si ripara tra le sue fronde, venga protetta dal male e dal suo tragico destino.>>

Non rispondo e Satana continua il suo discorso.<<Non sono venuto qui per ricevere come risposte il silenzio, vorrei che tu parlassi con me. E poi, qua fuori fa troppo freddo, ti ammalerai.>>

<<Io non sento più niente, potresti lasciarmi anche qui e non patirei. Se sei venuto qui per raccontarmi una storiella e implorarmi di tornare dentro a quel castello, hai perso tempo.>>

Si avvicina e senza tante cerimonie mi solleva di peso come un sacco di patate. Inizialmente cerco di dimenarmi e tirargli dei pugni, ma dopo poco tempo il mio corpo inizia a perdere energia e ad essere stanco di reagire, stanco di scappare, stanco di prendere posizione.

Satana non emana lo stesso calore di Alastor, è più...freddo.

<<Andiamo, è ora che tu mangi qualcosa, avrai molta fame>>

Scuoto la testa, ormai il mio stomaco si sarà chiuso e al solo pensiero di mangiare, mi vengono i conati di vomito e i ricordi di quando mi mettevo le dita in gola per fa fuori uscire tutto il cibo, arrivano come un treno merci in corsa, e mi investe in pieno.

<<E poi riposerai, sono sicuro che non hai dormito per giorni.>>

La sua voce è calda e dolce, nulla a che vedere con la creatura che ha quasi cercato di strozzarmi in quella strana stanza fatta di illusioni e di oscurità.

Perchè si comporta così? Perchè cerca di compatirmi come se mi conoscesse da una vita?

<<Perchè?>>sussurro.

Lui non mi guarda e continua a camminare, sorreggendomi con le sue braccia forti e possenti. La sua sclera diventa nera e ai lati della bocca due linee si stanno formando, come se quel pezzo fosse tagliato da un coltello.

<<Perchè cosa?>>

<<Perchè proprio io?>>

<<Ho le mie motivazioni, non sono tenuto a dirti il motivo di questa scelta.>> risponde in modo secco prima di appoggiarmi la punta del dito indice al centro della fronte.

<<Forse è il caso di fare un bel riposino, non credi Kira?>>

<<Ma io...>>

Il resto della frase viene completamente dimenticata e la vista si annebbia a intermittenza. Il suo viso si avvicina al mio, il suo fiato freddo accarezza le mie labbra e i denti fanno la loro comparsa tra le sue labbra.

<<Dormi bambina, la favola te l'ho raccontata e tempo di raggiungere Morfeo.>>

Le palpebre cercano di rimanere aperte e noto che le sue mani diventano sempre più lunghe e simili a rami bianchi dal colore dei cadaveri.

La sua faccia diventa più allungata, le palpebre e le labbra spariscono e una coda compare nel mio campo visivo fatta di ossa.

Qualcosa di caldo mi percorre il viso, un liquido denso e dall'odore dolciastro misto a ferro.

Cerco di portarmi una mano alla faccia, ma qualcosa trattiene le mie mani, trattiene il mio corpo inerme davanti alla figura di Satana.

Cedo alle parole di lui, cedo al dolore, alla stanchezza che mi porto dietro da anni, cedo al sonno e a tutto ciò che mi ha fatto sentire male in questi giorno. Cedo perché non sono abbastanza forte da portare tutto quel peso da sola.

Sacrifice - Lethal BondWhere stories live. Discover now