Capitolo undici.

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Da quando avevo avuto la brillante idea di scrivere a Chandra, ovvero due giorni prima, Baby J era andato in fibrillazione

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Da quando avevo avuto la brillante idea di scrivere a Chandra, ovvero due giorni prima, Baby J era andato in fibrillazione.

Se all'inizio si era dimostrato restio, con i suoi pipponi sul cosa avremmo o non avremmo dovuto fare secondo le regole, alla fine aveva trascorso una nottata intera a rileggersi i messaggi incredulo.

Quel ragazzo era peggio di un rubick. Forse soffriva di qualche disturbo della personalità.

La mattina dopo le aveva anche dato il buongiorno con un cuore. Un dannato cuore. E lei aveva risposto: "buongiorno, Ander".

Immagino si fosse sentito felice per il fatto che l'avesse riconosciuto. A dire la verità non ne capivo granché il motivo.

Tanto per cominciare era stata una mia iniziativa chiedere il numero a Vergo, dopo che si era fatto scappare il dettaglio sul compleanno di Chandra, ed ero sempre stato io quello a volerle fare gli auguri.

Io.

Quindi, sì, mi infastidiva che lei non avesse detto "Buongiorno, Raving", e che Baby J non mi avesse degnato di uno sguardo dopo quelle foto insieme.

Non si era nemmeno accorto del mio broncio, e se l'aveva fatto allora significava che non gliene fregava proprio un bel niente.

Tutto questo, comunque, per spiegare come fossi finito a rannicchiarmi sul mio letto e dare le spalle al mondo. Le braccia strette attorno al cuscino messo in diagonale e una sensazione appiccicosa di esclusione sulla pelle.

Nulla di nuovo, insomma.

Per quando venni richiamato in vista del mio appuntamento, lui aveva appena concluso una veloce conversazione con il fratello, Aaron. Si limitò a un cenno tranquillo, perfino allegro. Non ricambiai.

Fu solo a quel punto che lo intravidi aggrottare le sopracciglia, confuso, e azzardare un: «Rave? Tutto bene?».

Come no.

Roteando gli occhi, uscii dalla cella e mi incamminai insieme a Mike verso la mia destinazione.

«Di cattivo umore?», chiese la guardia carceraria al mio fianco.

«Tua moglie ancora non ti ha mollato?».

«Messaggio ricevuto».

Inaspettatamente, mi ritrovai a sbuffare via un risolino. Faticavo a comprendere il mio stato d'animo in realtà. Un attimo mi sentivo depresso, quello dopo vuoto, quello dopo ancora colmo di rabbia.

Se avessi dovuto colorare un foglio a seconda delle emozioni che stavo provando, probabilmente ne sarebbe uscita fuori la tavolozza di Picasso. Altro che arcobaleno.

Soprattutto nell'attimo in cui superai la soglia e me la ritrovai lì davanti, seduta dietro la sua scrivania come sempre e protetta da quella filigrana scura che sembrava essere un richiamo solo per me.

Raving. Ladro di CuoriWhere stories live. Discover now