Capitolo sei.

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Che venga, che venga,Il tempo che ci accenda

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Che venga, che venga,
Il tempo che ci accenda.

C'era qualcosa di strano nell'aria.
Mi pizzicava la pelle, rosolava nei miei respiri e mi sentivo irrequieto. Vigeva una discreta elettricità che mi impediva di starmene tranquillo.

Forse perché ero sobrio.
Forse perché non avevo dormito.
O forse perché Chandra Sanders continuava a fissarmi come un fottuto falco, in attesa di vedermi crollare pezzo dopo pezzo.

Bella stronza che era, quella lì.

Se ne stava dall'altra parte della scrivania in rigoroso silenzio, consapevole della pressione che riusciva a mettermi addosso soltanto con la potenza del suo sguardo cobalto.

Inclinò la testa, e io seguii il movimento della sua ciocca d'inchiostro liquido scivolarle sulla clavicola sporgente. Aveva la camicetta d'avorio sbottonata al collo, le si intravedeva la pelle bianca tutta da sporcare.

«Sei pensieroso, oggi», disse all'improvviso, la voce suadente mirata a manipolarmi il cervello. «È successo qualcosa?».

Solo Baby J che fa danni.

Assottigliai le palpebre, perché mi faceva davvero incazzare l'idea che continuasse a usare quel tono professionale con me. «Te lo direi, se t'importasse realmente qualcosa».

Non ebbe un minimo sussulto. Era una lastra di ghiaccio incontaminata.

«Mi importa di tutti i miei pazienti, Raving».

Trattenni un ringhio per me. «E te li scopi anche tutti?».

«Solo quelli che sanno farmi godere». Fece una pausa a effetto, tirando su un sorrisetto snervante. «Ma tu non sentirti preso in causa. Sei stato l'eccezione».

Spalancai la bocca d'istinto, dovetti aggrapparmi sulla sedia di metallo cigolante per non saltarle addosso. Quella... quella...

Aveva davvero appena detto che non ero stato capace di farla venire?
Okay, sì, ero stato un po' un fallimento l'ultima volta, ma a mia discolpa se n'era andata prima che potessi rimediare in qualche modo. Fu un affronto bello e buono.

«Figlia di puttana», borbottai, offeso nel profondo. «E questo tu lo riterresti etico al tuo lavoro? Infilare il dito nella piaga? Complimenti».

«Sto soltanto facendo il tuo stesso gioco, Raving», rispose, la penna ben stretta nella mano destra. «Continui a tirare fuori quello che c'è stato tra me e te, e non possiamo andare avanti così. Devi capire che non conta niente, che si è trattato di un caso isolato e in questo studio non siamo CeCe e Raving. Qui rappresentiamo paziente e dottore, e io sono tenuta a rispettare e a farti rispettare i nostri ruoli. Comprendi o devo rispiegartelo?».

Raving. Ladro di CuoriWhere stories live. Discover now